Subito

Quel giorno sul lago

Cosa successe, quel giorno, sul Lago di Tiberiade?

Accadde che, per la prima volta, un uomo sentendosi chiamato scelse liberamente di seguire Gesù. In realtà non si trattava di un solo uomo, ma erano due fratelli. Li chiamò – ci dice il Vangelo – ed essi subito lo seguirono.

Immediatamente, a quanto pare dal racconto, Gesù notò altri due fratelli, impegnati nello stesso mestiere. Li chiamò subito.

C’è una duplice catena in questo racconto, come quando due bimbe si tengono per le mani con le braccia distese e fanno il girotondo con il corpo all’indietro; o una ballerina che disegna un semicerchio intorno ai danzatori, scambiandosi da uno all’altro in successione.

Sembra che la chiamata di Gesù non possa risuonare per uno solo, ma che valga sempre anche per un “fratello”. E addirittura, oltre a una prima coppia, ne viene coinvolta repentinamente un’altra. Questo passaggio di testimone sembra innescato dalla prontezza alla risposta dei primi: essi SUBITO lo seguirono. E Gesù SUBITO chiamò gli altri due.

La voce di Gesù che raggiunge la vita delle persone è come una scintilla nella stoppia. Nel momento in cui si accende, fa divampare un incendio… ma dipende dalla prontezza con cui chi si sente chiamato risponde.

 

Oggi qui

Ci possiamo chiedere, allora, cosa succede, oggi, nella nostra Bologna o, più specificamente, su Via San Felice, attorno al Palazzo dello Sport, a ridosso dei Viali di Circonvallazione o tra le vie del Centro?

Queste parole valgono per chi, fra di noi, riconosce la propria fede, ne è grato e se ne sente orgoglioso. Chi fra di noi sente la chiamata di Gesù, che risuona personale, con la sua tonalità e l’inflessione della sua voce. Avete mai immaginato come doveva parlare Gesù? Io sì, tante volte.

Chi, fra di noi, desidera ancora essere suo discepolo risponda presto! Non indugi affatto, neanche per un secondo! Avrà appena aperto gli occhi, per capire da che parte Gesù lo stia chiamando, che scoprirà accanto a sé un fratello, una sorella, che hanno ascoltato la stessa chiamata come lui. Entrambi ascoltino e gli rispondano: grazie Gesù! Vogliamo essere pescatori di uomini!

E Gesù, vedendo quest’entusiasmo chiamerà subito degli altri, come se anche lui scoprisse la sete dell’umanità. C’è bisogno di incamminarsi su sentieri luminosi e c’è bisogno di “agguantare” tutti gli esseri umani.

 

Quello che puoi fare tu

Tu rispondi subito. Lui subito chiamerà altri.

Ed essi risponderanno.

Pensavi di udirla solo tu, quella chiamata.

Appena ti volti attorno, scopri altri tre fratelli e sorelle.

Don Davide




Dove abiti tu?

Dimorare
Abbiamo tutti bisogno di trovare un luogo dove stare, in cui sentirci a casa.

Gli innamorati quando si innamorano, gli sposi quando edificano la loro casa, i ragazzi che cercano un gruppo di appartenenza, chi segue le mode, chi condivide o mette “mi piace” a una playlist su Spotify, chi si iscrive a un canale YouTube… tutti cercano un “posto” non solo fisico e non immateriale da cui attingere un tratto di vita.

È la ricerca di una dimensione “spirituale”, che faccia sintesi delle esperienze del corpo, dell’anima, dei sentimenti e delle emozioni, per farci trovare senso e bellezza nelle cose, e riconoscere che questa esistenza merita di essere vissuta.

«Dove abiti?» 
Chiunque cerca una guida, un mentore, un compagno di viaggio e una persona da amare, o anche semplicemente un gruppo di lavoro o una comunità dove stare, porta questa domanda nel cuore.

La domanda che i discepoli di Giovanni Battista rivolgono a Gesù, dunque, esprime almeno due sfumature:

1) Dove abiti perché ti possiamo seguire, perché possiamo abitare lì anche noi?! Sei affascinante per me? Sei in grado di farmi sentire vivo?
2) Dove abiti TU. Che cos’è che fa vivere te, Gesù? Cos’è decisivo per te, Maestro?

Entrambe le domande sono importanti, ma la prima è più inflazionata. Per me la seconda è molto più interessante: cos’è, Gesù, che ti ispira? Qual è il segreto tuo?

Colui che dirada le tenebre
Avete presente quando si incontra un “guru” in qualche ambito (uso la parola “guru” nel suo significato originale di “colui che dirada le tenebre”)? Ecco, quando si incontra uno che ti chiarifica o ti illumina a partire dalla sua chiarezza, ci si chiede sempre quali siano le sue sorgenti, chi siano stati i suoi maestri, come abbia percorso quel cammino che l’ha portato ad essere così.

Ecco, i discepoli di Giovanni Battista dovevano avere pensato questo del loro (primo) maestro. Giovanni era un uomo “pazzesco”, straordinario. Secondo le fonti ha lasciato il segno nella comunità di Gesù ancora per più di un secolo. Gesù stesso lo avrebbe definito «il più grande tra i nati di donna». Loro, i suoi seguaci più stretti, dovevano avere pensato che la loro ricerca più profonda era compiuta, come lo sportivo che fosse certo di avere trovato il miglior allenatore possibile.

Invece lui, il Battista, indica Gesù.

Da qui quella domanda lapidaria, piena di aspettative, di curiosità e di ricerca: «Maestro, dove dimori?».

Gesù
Quello che aveva da dire Gesù era sproporzionato per una sola risposta. A quel punto, egli non può che ribattere: “Venite e vedrete.” Ti introduco in qualcosa di talmente sorprendente, che non vorrai più rinunciarci.

I discepoli lo avrebbero capito ben presto… e anche noi lo capiamo nella nostra esperienza cristiana. Al seguito di Gesù siamo istruiti in uno stile e una vita delle relazioni, con gli uomini e con Dio, che non finiamo mai di imparare. La sua vicinanza, il suo affetto, la sua autenticità superano sempre quello che pensiamo di avere potuto ammirare. La sua onestà di fronte alla “serietà” e bellezza della vita, e allo stesso tempo la sua capacità di vivere cose vere e di farci capire come la vita andrebbe vissuta, non cessano di affascinarci e di attrarci.

Un giorno nuovo
Giovanni, l’evangelista, ricorderà quel giorno per tutta la vita. Quando scriverà il Vangelo, da uomo molto anziano lui, che era stato il discepolo più giovane, non mancherà di appuntare: «Erano circa le quattro del pomeriggio». La nota non è solo la testimonianza commovente della bellezza di quell’incontro, ma molto di più. Nel conteggio ebraico del tempo che conta i giorni non a partire dal mattino come noi, ma dal crepuscolo, quel ricordo indica l’inizio di un giorno nuovo.

Don Davide

tramonto




In una forcella di montagna

La Domenica del Battesimo di Gesù fa da cerniera tra il Tempo di Natale e l’inizio del Tempo Ordinario.

Entriamo nel cammino dell’anno e riprendiamo i percorsi usuali della nostra vita, avendo negli occhi il panorama delle feste e guardando in avanti all’itinerario che ci attende, come chi al valico di una forcella montana guarda alle spalle un paesaggio favoloso e scruta la meta avanti a sé dall’alto.

Di solito, la salita per arrivare alla forcella in un sentiero di montagna è molto faticosa, quindi quando si arriva in cima ci si sente stanchi, ma anche entusiasti per il traguardo raggiunto. Si desidera fare una pausa. Allora si cerca un posto riparato, perché in mezzo al valico tira sempre un vento forte, e si mangia un panino per ricaricare le energie fisiche per i passi successivi.

Ugualmente anche noi, al valico di queste feste. Abbiamo l’energia della festa che ci ha ricaricato: la conferma dell’amore di Dio su di noi, la meraviglia del Natale che si è rinnovata, la gioia di seguire la stella divina come i magi.

La meta è la Pasqua e sta davanti a noi, lontana, ma fin da adesso riusciamo a intravederla nella scena di Gesù che viene investito della benedizione dello Spirito Santo dall’alto.

Le feste di Natale sono state belle, ma la grande intensità spirituale ci ha chiesto concentrazione e accoglienza. Così, la Parola di Dio è il nostro “panino” che ci rifocilla, e la possibilità di ascoltarla nella liturgia, al riparo della montagna, è la sosta che ci ricarica le energie.

Durante la sosta, dopo avere mangiato, si ha bisogno di bere. Capita spesso che dopo una salita impegnativa l’acqua sia finita. Proprio perché abbiamo compiuto un meraviglioso cammino, abbiamo bevuto molto… ma abbiamo ancora sete.

Ed ecco che la prima parola che ascoltiamo, in questa domenica è un incoraggiamento strepitoso.

“O voi tutti assetati, venite all’acqua!”

Ci sono sorgenti nel sentiero che ti sta davanti!

Se hai sete, se cerchi, semplicemente vieni. Scoprirai meraviglie! Ci saranno fonti, e altri scenari… e stelle alpine!

Fuori di metafora, siamo invitati a cercare nel Signore ciò di cui sentiamo il bisogno. In modo particolare, siamo invitati ad ascoltare la sua Parola nella liturgia, insieme all’assemblea della comunità: lì si preparano altri doni, dopo quelli natalizi, perché quella Parola è come la pioggia e la neve che irrigano il terreno per la primavera.

“Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete!”

Sorprendentemente, il Signore che è entrato nella storia si mostra ancora presente come nel tempo dell’Avvento e del Natale. “Cercate il Signore mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino!” era lo stesso annuncio che risuonava anche all’inizio dell’Avvento, e ci viene ridetto oggi.

Ci rimettiamo in cammino, e il Signore è sempre vicino.

Don Davide




Tre preghiere per Natale

Sentire

Maria, meditando sulla tua Annunciazione ti chiediamo prima di tutto che cosa significhi vedere un angelo.

Ci piacerebbe capire che tipo di visione sia e che emozione si provi.

Ma… mi pare di vederti scuotere la testa con il tuo sorriso dolce. Ti ascolto.

“Non si tratta di una visione” dici. “Arrivarono delle parole. Udii dei suoni, erano celesti e forti e vibrarono con le stesse frequenze del mio cuore, quando pulsa la vita.”

In effetti, Maria, ho letto tanti commentari e ho fatto gli esami di esegesi sui vangeli dell’infanzia di Gesù… ma in nessuno di quelli avevo imparato che in questo testo non c’è mai un verbo di visione. Non si dice che hai visto l’angelo o che quella creatura si mostrò. Tutti i verbi sono di parola e di suono: lui diceva, tu ascoltavi e rispondevi.

Come prima preghiera per questo Natale, ti chiedo allora di aiutarci a sentire cosa Dio vorrà dirci. Intercedi per noi, perché sappiamo sintonizzarci sulla sua frequenza. Abbiamo bisogno di sentire con chiarezza una parola buona da parte di Dio.

Promesse

Poi leggo che anche tu sei stata turbata e che l’angelo, subito, ti ha rassicurata con una promessa.

Vorrei, perciò, che tutte le persone che sono turbate e temono, possano essere rassicurate dalle promesse che tu porti insieme al Natale.

Per compierle, ci hai donato Gesù.

Fa’ che si realizzino con forza, per la gioia del tuo popolo, e che tutte le promesse di bene possano realizzarsi, per chi apre il cuore al tuo Figlio e chiede la tua intercessione.

Spiritualità

Infine ti prego, Maria, perché possiamo vivere in questo Natale un’autentica esperienza spirituale.

Perché sentiamo il calore di una presenza divina e di una fiamma che accenda in noi più amore, più gioia, più determinazione e più serenità. Ciascuno nei propri percorsi di bene. Ciascuno a modo suo.

Forse saremo limitati nei movimenti ed è possibile che non faremo quelle abbuffate in grandi baldorie, che caratterizzano le nostre feste. In fondo sarà sufficiente tagliare un dolce natalizio, scartare un semplice regalo e avere accanto qualcuno che ci vuole bene.

Ma sarebbe importantissimo se potessimo sentire quel tocco di Dio che è in grado di lasciare la sua traccia, come la scia che ha lasciato l’angelo col suo magico suono, quando si è allontanato da te.

Don Davide




Il frutto c’è

Quarta settimana d’Avvento

Siamo giunti all’ultima settimana di questo intimo e personale itinerario d’Avvento.

È il tempo/terreno di portare frutto.

Vorrei che tutti credessimo con convinzione che c’è in noi anche e soprattutto il terreno buono, quello che porta frutto. Il Signore lo ha lavorato in noi lentamente, ma con costanza e cura. Se ce ne avvediamo, possiamo essere riconoscenti!

Ecco allora l’esercizio per te, per concludere questo cammino e prepararti al Natale con animo lieto.

Armati di carta e penna. Se ce li hai, ti consiglio di usare il tuo taccuino e la tua penna preferita.

Anche in questo caso, pianifica un momento tranquillo, dove sei certo di potere agire indisturbato! Ci vogliono quindici minuti… per un grande beneficio. Ne vale davvero la pena!

Mettiti alla tua scrivani e chiudi la porta, oppure siediti al tavolo di casa, ma solo quando c’è quiete, o perché sono tutti fuori, o al mattino presto. Se ti fa piacere concediti una bella colonna sonora, o accompagna l’esercizio con una tisana.

Ti consiglio di rispondere a queste due semplici spunti.

1. Che cosa c’è stato di bello, nella mia vita, a partire da marzo, nonostante la pandemia? (Provo a riconoscere tutto ciò che ha contraddetto la narrazione di un anno “schifoso”; anche se magari ci sono state davvero tante cose brutte, provo a concentrarmi su quelle belle.)

2. Individuo e focalizzo due cose che ho imparato o da un’esperienza, o da un libro o un film o una musica, o da una lezione di vita. (Descrivo cos’ho imparato, quando ho capito di aver ricevuto un insegnamento, qual è stata la situazione da cui ho potuto imparare.)

Concludo scrivendo una preghiera personale. Non importa che sia un trattato di teologia o una poesia mistica. Basta che metta in fila un ringraziamento, una supplica e una benedizione. Quando vuoi, potrai recitarla davanti al presepe.

 

PS: se vuoi raggiungere il livello “pro”, puoi decidere di scrivere un biglietto o una breve lettera a qualcuno a cui vuoi bene (il coniuge, un partner, un/a amico/a). Condividi un momento piacevole con lui/lei di quest’anno, raccontagli/le un’esperienza che ti ha insegnato qualcosa, e digli/dille che sei contento di festeggiare il Natale con la sua presenza nella tua vita.

Ti lascio scoprire che effetto meraviglioso e sorprendente avrà questa cosa.




Sradicare i rovi

Terza settimana d’Avvento

 

I rovi sono quelle cose che uccidono la Parola di Dio, togliendole il respiro, cioè impedendole di soffiare in noi lo Spirito di Dio.

Nel terzo terreno la Parola di Dio attecchisce, ma poi crescono i rovi e la soffocano.

Soffocare: uccidere togliendo il respiro.

In questa terza settimana d’Avvento, dunque, dobbiamo sradicare i rovi.

1 – Sradicare le preoccupazioni

Gesù dice che la prima cosa che soffoca la Parola di Dio sono le preoccupazioni del mondo. Dobbiamo perciò trovare la via di rasserenarci, però non in maniera fittizia o volontaria… ma facendo un gesto di affidamento.

Ecco il primo esercizio che puoi fare. Ti consiglio di farlo una volta sola, nell’arco della terza settimana d’Avvento. Nulla ti impedirà di ripeterlo successivamente, ma per questo nostro percorso, limitati a una volta sola. Però pianifica quando farlo. Ti ci vogliono 10 minuti di quiete, senza che alcuno ti possa disturbare.

Vai in chiesa, oppure chiuditi in camera, inginocchiati, pensa un attimo alle tue preoccupazioni e ai tuoi affanni del momento e pensa che li vuoi consegnare nelle mani del Signore. Non insistere troppo nella focalizzazione: lo scopo non è preoccuparsi di più, ma consegnarli.

A questo punto mima proprio il gesto della consegna: le braccia che si tendono in avanti, con le palme verso l’alto. Fermati. In quella posizione, con i gomiti leggermente piegati, gli avambracci protesi in avanti, le mani rivolte verso l’alto prega il Salmo 130/131. È fondamentale tenere le palme aperte ed essersi preparati prima il testo del salmo, in modo da poterlo leggere senza distrarsi nel momento di affidamento.

Alla fine sentirai che tutti gli affanni sono passati.

Salmo 131

Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.

Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l’anima mia.

Speri Israele nel Signore,
ora e sempre.

2 – Sradicare le seduzioni della ricchezza

Il secondo rovo che soffoca la Parola di Dio è la seduzione della ricchezza. Il gesto che neutralizza queste spine mortali è fare un piccolo atto di beneficenza. Anche in questo caso, per il nostro cammino di Avvento, è sufficiente una volta, nell’arco di questa terza settimana. Magari non lo stesso giorno che hai fatto l’esercizio precedente. Ti propongo una piccola cosa, ma genuina. Non c’è bisogno che tu dia via metà del tuo patrimonio o che faccia una donazione che ti pesa. Basta un gesto di generosità senza se e senza ma, come – ad esempio – lasciare 2 euro a un mendicante per strada (dimenticando per una volta tutte le buone ragioni per cui non sarebbe opportuno farlo), oppure fare una piccola donazione a un’associazione che ritieni affidabile… Qualcosa fatta con questo spirito: “voglio neutralizzare la seduzione della ricchezza”. Importa che tu lo faccia “oggi”. Avrà efficacia anche “domani”.

3 – Sradicare le passioni ingannevoli

Sradicare le nostre passioni negative è quasi impossibile, è un dono della grazia di Dio che ci aiuta come a “sostituirle”, ad animare di bene le nostre passioni. È un’opera che compie lo Spirito Santo, solo che noi non lo preghiamo quasi mai, per questo è “quasi impossibile”.

Ti consiglio di radicarti nella preghiera allo Spirito Santo, pregando la Sequenza allo Spirito Santo tutti i giorni di questa terza settimana d’Avvento, alla mattina, appena sveglio, oppure nel primo momento libero. È indispensabile non farlo mentre fai altre cose, tanto ci vuole un minuto solo per dire tutta la sequenza.

Ti sembrerà incredibile, ma sentirai l’efficacia della Parola che ti cambia in meglio.

Sequenza allo Spirito Santo

Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni luce dei cuori.

Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell’intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell’uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelidio,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna. Amen.




La forza della Parola

Il seme che sradica le pietre

Il secondo terreno su cui cade la semina della parola è quello sassoso, che ha come caratteristica di permettere al seme di germogliare, ma lo fa seccare alla prima calura per la mancanza di radici.

È fin troppo facile identificarlo con la nostra superficialità, le distrazioni, la pigrizia e – viceversa – la convinzione di potere fare mille cose, che ci impediscono di scendere in profondità, di assimilare e trattenere le esperienze vissute e le cose buone che abbiamo imparato e che ci potrebbero fare bene.

Ci sono come dei sassi che ci fanno inciampare e che rendono meno fertile il terreno.

Su queste tendenze, che in misura diversa sono di tutti, risuonano le parole dell’Avvento: Spianate nella steppa la strada per il nostro Dio! Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore! (Is 40,3-5)

È un comando, ma è anche un “vangelo”, una buona notizia!

Possiamo trasformare questo terreno sassoso, e renderlo fertile. Possiamo trasformare quella parte della nostra esistenza più superficiale e farla diventare uno spazio accogliente.

Paradossalmente, è la stessa Parola di Dio che ha il potere di farlo. È come se il seme del Seminatore, avesse la proprietà di fare dei germogli così forti e robusti da rimuovere le pietre del terreno.

Infatti, il profeta Isaia afferma ancora: Secca l’erba e appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio rimane per sempre. (Is 40,8)

Così, in questa tappa, siamo invitati a dare spazio alla Parola di Dio letta, meditata, pregata e amata, perché ci dia quell’energia dinamica capace di bonificare il terreno. È l’impegno di questa seconda settimana d’Avvento: dopo avere provato a trasformare la strada in terreno fertile, chi vuole potrà trovare nella parte successiva l’esercizio spirituale per rimuovere i massi.

 

Metodo

1) Scegliere in anticipo un giorno e un momento preciso nella settimana per vivere questo momento di preghiera. Fissarlo in agenda e difenderlo con tenacia da qualsiasi altro impegno. 

2) Decidere in anticipo dove lo vivrò: se in chiesa, in quale chiesa? Se a casa, in quale stanza, su quale tavolo? Se in ufficio o all’aperto, dove precisamente? 

3) Tenere un taccuino di appunti e una biro. Tutti i passaggi della meditazione, ma anche le preghiere, sono facilitati se scrivo i miei pensieri. Basta anche solo un appunto, non importa che la forma sia perfetta. Lo faccio solo per me. Non lo deve né leggere né vedere nessun altro. 

 

Ingresso nella preghiera

Tempo previsto 3′

Prima di tutto, faccio lentamente il Segno della Croce, poi dispongo il mio cuore alla preghiera, chiedendo la grazia di cui ho bisogno.

Aiutami, Gesù, a preparare il mio cuore, perché la grazia del Natale sia significativa per me. Ti chiedo che questo momento di preghiera sia come un bagno, e che ne esca purificato/a dalle distrazioni, dalle frenesie e dalle preoccupazioni. Fa’ che lo Spirito mi guidi a celebrare con gioia la festa di Natale.

 

Meditazione

Tempo previsto 20′

Ora, meditiamo il testo.

PRIMO. Stiamo leggendo l’inizio del Vangelo. Marco è stato il primo vangelo ad essere scritto, quindi stiamo leggendo l’inizio di tutti i vangeli, anche se poi sono stati sistemati con un ordine diverso. Siamo riportati adunque al primo incontro con questo grande dono del Vangelo.

Medito: che emozione mi suscita la consapevolezza di essere riportati a questo incontro decisivo con l’annuncio della buona notizia di Gesù? Quando l’ho ascoltata per la prima volta, e da chi? Quando invece ho sentito che diventava importante, decisivo nella mia vita?

SECONDO. Giovanni Battista viene presentato come la voce del profeta Isaia che annunciava la consolazione per la fine dell’Esilio di Babilonia. Ora, il motivo della consolazione testimoniata da Giovanni è l’incontro imminente con Gesù. Dobbiamo pensare a un incontro molto concreto, fisico. Nella sequenza iniziale del Vangelo secondo Marco, Gesù entra in scena e si rivela pubblicamente per la prima volta.

Medito: quali motivi di consolazione ci sono nella mia vita? Li elenco tutti, preferibilmente su un quaderno o un foglio di carta.

TERZO. L’annuncio di Giovanni, però passa attraverso la richiesta di un impegno di conversione. Un “battesimo”, nel senso che uno/a ci si deve impegnare completamente.

Medito: che cosa significa per me, concretamente e pensando solo a queste tre settimane che rimangono prima del Natale, impegnarmi davvero a preparare l’incontro con Gesù? Provo a individuare una cosa, solo una, che desidero migliorare, in cui provare a mettere più attenzione, cura e impegno.

QUARTO. Giovanni dice che dopo di lui viene qualcuno di molto più importante, così sollecita la nostra attesa. Lui si riferisce alla presenza di Gesù che inizia il suo ministero pubblico, per noi in questo tempo significa prepararci al memoriale della nascita di Gesù, nella celebrazione del Natale.

Medito: chi è Gesù per me? Che sentimenti ho nei suoi confronti?

 

Preghiera

Tempo previsto 3′

Ora provo a raccogliere gli spunti che ho meditato e a trasformarli in preghiera. Dev’essere una preghiera semplice, con le mie parole, rivolta a Gesù. Potrebbe essere (ma solo come esempio):

Gesù, mi ha emozionato ritornare all’inizio del Vangelo. È come ripercorrere l’inizio di una storia d’amore. Ti ringrazio perché anche in mezzo alle preoccupazioni di questi giorni ho tanti motivi di consolazione… […]. Mi propongo di impegnarmi di più… […], per essere attento a vivere la festa con consapevolezza e intensità spirituale. Non vedo l’ora che sia Natale: sostare davanti alla tua natività suscita in me il desiderio di amare di più.

 

Contemplazione

Tempo previsto 2′

Infine, contemplo.

Scelgo una parola, una sola, che riassuma il contenuto della mia preghiera; potrebbe essere: speranza, o consolazione, o Vangelo, o Gesù. Prima di uscire dalla preghiera, mi siedo comodo, metto la schiena dritta, chiudo gli occhi e respiro lentamente. Mentre respiro, ripeto lentamente, al ritmo del mio respiro la parola che ho scelto. Faccio questo per 2 minuti o finché me lo sento. Non devo fare altro.

Al termine mi faccio lentamente il Segno della Croce ed esco dalla preghiera.




A scuola

Sono esattamente sei anni che siamo insieme nella nostra parrocchia.

Voi c’eravate anche prima, io sono arrivato come un neofita che doveva imparare tutto, uno che andava all’asilo dei parroci, insomma. Adesso mi sento uno scolaretto che ha comprato l’astuccio nuovo, il diario per i compiti e lo zainetto ed è finalmente pronto per iniziare la scuola.

Non è falsa modestia e la percepisco come un’immagine bella: se penso a come sono cambiato e quanto ho imparato in diciassette anni che sono prete e sei che sono parroco, vedo nitidamente che – se il Signore mi darà giorni – ci sarà ancora tantissimo da imparare.

Non so esattamente quali siano gli strumenti di oggi, ma ricordando i libri di testo che c’erano quando andavo a scuola io a sei anni, associo i giovani ai sussidiari di una volta (testi agili, pieni di sorprese e tutti da scoprire), gli adulti ai grossi dizionari in cui trovavi tutto (e guai a dimenticarli!) e, infine, i maestri a quei preti alla don Valeriano, o in generale a quei saggi da cui puoi imparare ogni cosa.

E poi sento che, quando “esco da scuola” c’è la Parola di Dio: il vigile gentile, ma anche un po’ severo, che aiuta i bambini ad “attraversare la strada” per “tornare a casa”.

“Chi ha orecchi per intendere, intenda!” avrebbe detto Gesù, che però sapeva raccontare le parabole meglio di me.

Quello che voglio dire è che vivo questo tempo realmente con la percezione di essere davanti al mistero delle persone; invece, in una presunzione benevola e allo stesso tempo ingenua, in anni passati avevo pensato che la pastorale potesse essere una scienza esatta, che con determinati strumenti e un metodo potesse ottenere precisi obiettivi. Ma non è così.

Questa sì è la prima lezione che posso dire di avere imparato, come la prima lettera dell’alfabeto, quando si disegnava la A su un foglio insieme a un’ape cicciotta e colorata!

La pastorale è l’atteggiamento del pastore – di tutti i pastori – che mette ogni cura per stare in presenza della vita delle persone: vita che è piena di meraviglie e di tempeste, sempre sacra e nel fascio di luce dell’amore di Dio. Si tratta di essere vigilanti, come insegna il Vangelo di questa Prima Domenica d’Avvento, per cogliere quegli istanti incantevoli in cui l’esistenza degli uomini e delle donne che hai avuto il dono di incontrare si manifesta nella sua essenza, come una trasfigurazione: quando si giunge a un momento di verità; quando arriva una chiarificazione; quando il desiderio di bene diventa riconoscibile e la scelta di amare un atteggiamento concreto; quando – ancora – ci si apre qui sulla terra al mistero di Dio. L’elenco potrebbe essere lungo. In quegli istanti il pastore si fa come un vaso, accoglie, raccoglie, custodisce, incoraggia, benedice e restituisce nella lode al Signore.

Ho la grazia di festeggiare la memoria di questo inizio con voi, tutti gli anni, nella Prima Domenica d’Avvento.

Nella prima lettura, c’è una meditazione sulla storia del popolo di Israele, da cui si leva un grido accorato e quasi incontrollato: “Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. C’è bisogno di questo incontro con Dio, che sta nel registro delle sorprese! Poi Paolo, nella seconda lettura, ringrazia per l’esperienza cristiana dei Corinti, esperienza tutt’altro che perfetta, eppure l’apostolo si ferma sulla soglia della contemplazione di quello che sta accadendo a quei cristiani, delle molte trasformazioni in atto. Infinte, nel vangelo, l’invito ad essere vigilanti, a cogliere la traccia improvvisa della presenza di Dio.

Sapete, io sono uno che ha sempre avuto una certa predilezione per gli inizi ufficiali, per quegli appuntamenti o tappe che scandiscono in modo preciso un percorso. In questi mesi di pandemia, ho capito che una delle cose più belle che ho è l’appuntamento di celebrare le feste con la comunità. Ancora di più dopo la Pasqua di quest’anno, in cui non ci siamo potuti incontrare, marco questo nuovo inizio con il grande desiderio di celebrare questo Natale con voi.

Don Davide




Aprirò anche nel deserto una strada

Irrigare l’aridità

Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. […] Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. (4,3.15)

Una delle prime promesse di Dio, che risuonano nel Tempo d’Avvento, è quella di ricondurre gli esiliati, di aprire percorsi necessari e nuovi.

Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti. […] Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. (Is 43,16.19)

In tutti noi c’è una parte più esposta a farci strappare il buon seme. Vuol dire, prima di tutto, che c’è molto di buono in ciascuno di noi. Il seme cade in uguale quantità sulla strada, come sul terreno buono. Abbiamo la possibilità di esserne consapevoli e di non lasciarcelo portare via dal Nemico. Non dobbiamo spaventarci. La partita non è fra noi e il Nemico e basta. Nella nostra squadra gioca un fuoriclasse, Dio, che fa la differenza.

Come ha aperto nel Mar Rosso la strada a Israele, per strapparlo dalla schiavitù, così anche oggi apre nel deserto una strada. Non è, però, una strada arida come quella della parabola. “Aprire una strada nel deserto” come dice il seguito del versetto di Isaia, significa in realtà irrigare quel terreno, renderlo fertile e attraversabile, tale da offrire il sostentamento e refrigerio durante il percorso.

In questa prima settimana d’Avvento, dunque, lasciamo che il Signore irrighi la nostra strada per trasformarla in terreno fertile. Possiamo fare concretamente questo esercizio:

1) Vado in chiesa 5 minuti per fare questo esercizio.

2) Lo posso fare una volta nella settimana o una volta al giorno o secondo il ritmo che preferisco.

3) Individuo due o tre peccati, debolezze o aridità che sento in questo periodo.

4) Ripeto questa frase: Padre buono, sento in me questo peccato/questa debolezza/questa aridità: me ne dispiaccio, ma non voglio intristirmi. Lascio che la bagni la tua misericordia.

5) La ripeto qualche volta, con calma, identica, finché non è scesa profondamente nel mio animo.

6) Concludo l’esercizio con questa semplice preghiera: Rendimi terreno fertile, Signore Gesù.




L’Avvento e il seminatore

Quattro terreni e quattro settimane 

Ci accostiamo all’Avvento, nell’anno in cui meditiamo sulla parabola del seminatore (Mc 4,1-20) e in questo periodo della pandemia che sembra volere erodere il senso delle feste natalizie. 

Abbiamo più che mai bisogno di una parola che venga seminata nei nostri cuori, per infondere in essi chiarezza e speranza, la virtù regina del Tempo di Avvento. 

Quattro sono le settimane dell’Avvento, come i terreni in cui viene seminata la parola. Percorriamo, allora, un itinerario spirituale per arrivare al frutto pieno: la Parola incarnata nella vita del mondo e pienamente accolta nel terreno del nostro cuore.  

Nel prossimo mese, tutte le settimane che precedono ogni domenica d’Avvento, troverete sul sito un’indicazione e un piccolo esercizio spirituale per trasformare ciascuno dei terreni della parabola del seminatore, terreni che sono, in realtà, nel nostro cuore. Ognuno potrà scegliere di fare questo esercizio spirituale nella settimana prima o dopo la domenica di riferimento, a seconda se preferisce prepararsi alla domenica, o avere un aiuto per vivere il cammino dell’Avvento in corso. 

La notte di Natale, così, potremo forse raccogliere un frutto tanto desiderato, eppure sorprendente e davvero inaspettato.