Dagli scritti del beato don Giuseppe Puglisi (1991)
(Testo di meditazione proposto dal Seminario Arcivescovile di Bologna per il mese di febbraio 2024)
Siamo testimoni della speranza. Il testimone per eccellenza è Gesù, il testimone fedele e verace (cf. Ap 1,5). Attraverso la sua morte e resurrezione Gesù testimonia la realtà dell’amore infinito di Dio che «ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio» (Gv 3,16), e dell’amore infinito del Figlio, il quale ha un amore così grande da dare la vita per i propri amici (cf. Gv 15,13). Questo amore di Dio infinito, eterno, da sempre rivolto verso l’uomo, è presente nella storia dell’umanità intera e di ogni uomo. Il discepolo è testimone, soprattutto testimone della resurrezione di Cristo, risorto e presente, Cristo che ormai non muore più ed è all’interno della comunità cristiana, e attraverso la comunità cristiana, è presente nella storia dell’umanità.
La testimonianza cristiana è una testimonianza che va incontro a difficoltà, una testimonianza che diventa martirio. Dalla testimonianza al martirio il passo è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza.
La testimonianza fa penetrare nell’intima natura di Gesù Cristo, nel segreto del suo essere, nella realtà misteriosa della sua persona. Il testimone sa che il suo annunzio risponde alle attese più intime e vere dell’umanità intera e dell’uomo singolo. L’uomo sperimenta che vivere è sperare, il presente è mediazione tra il già e il non ancora, tra il passato e il futuro e chiaramente ognuno di noi costruisce il proprio futuro sulla base del proprio passato. La speranza è la risultante dell’amicizia nel senso più rigoroso del termine; solo gli amici sperano, solo dove c’è l’amicizia c’è speranza.
Il testimone della speranza è colui che testimonia questa amicizia di Dio; colui che testimonia proprio un’amicizia fedele e a tutta prova di Dio stesso.
Certo, testimone della speranza è uno che esercita, potremmo dire, la vigilanza; la speranza è vigilante. Gesù parla veramente di attenzione alla presenza di lui, alla sua venuta; ma Gesù è venuto, è presente; testimonianza della speranza è proprio una testimonianza vigilante, attenta alla presenza di Gesù. Il testimone è testimone di questa attenzione alla presenza del Signore, attenzione a Cristo che è presente anche dentro di sé. Il testimone è testimone di una presenza del Cristo presente dentro, anzi dovrebbe diventare trasparenza di questa presenza; e testimonia la presenza di Cristo attraverso questa sua vita vissuta proprio con questo desiderio costante di vivere in una comunione sempre più perfetta con lui, sempre più profonda con lui, in una fame e sete di lui.
A chi, nel profondo, conserva rabbia nei confronti della società che vede ostile, il testimone deve infondere speranza mostrando, insieme all’annunzio della presenza del Signore che ama, fiducia e donando fiducia.
A chi è pieno di paure, di ansie e quindi non vuole muoversi, perché ha avuto esperienze negative, il testimone della speranza cerca di infondere certezza, risolutezza creativa, coraggiosa, indicando modi concreti e validi di servizio, facendo comprendere che la vita vale se donata.
A chi è sfiduciato, impaziente, perché ciò che desidera tarda a realizzarsi, deve infondere senso di abbandono in lui, in Cristo.
A chi è disorientato, il testimone della speranza indica non cos’è la speranza, ma chi è la speranza: la speranza è Cristo; e lo indica attraverso una propria vita orientata verso Cristo.
Testimone della speranza è colui che, attraverso la propria vita, cerca di lasciar trasparire la presenza di Colui che è la sua speranza,
la speranza in assoluto in un amore che cerca l’unione definitiva con l’amato e intanto gli manifesta questo amore nel servizio a lui, visto presente nella Parola e nel Sacramento, nella comunità e in ogni singolo uomo, specialmente nel più povero, finché si compia per tutti il suo Regno e lui sia tutto in tutti; manifesta insomma quel desiderio ardente di un amore che ha fame della presenza del Signore.
A cura dei seminaristi.