Sete di acqua buona

Il ciclo liturgico dell’Anno A, quello in cui durante l’anno si legge il Vangelo di Matteo, ha la caratteristica che dalla terza domenica di Quaresima si ascoltano i lunghi racconti della Samaritana (Gv 4), del Cieco Nato (Gv 9) e di Lazzaro (Gv 11), che accompagnano l’ultima preparazione ai Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana degli adulti.

L’icona biblica di Marta e Maria (Lc 10,38-42) ha abbondantemente accompagnato la riflessione della Chiesa italiana in questo anno.

In occasione della Pasqua, centro dell’anno liturgico e sorgente di ogni scelta pastorale, possiamo rileggere il testo di Marta e Maria in filigrana ai racconti quaresimali.

Quando arrivano ospiti a casa, prima di tutto si chiede loro se vogliono qualcosa da bere, oppure si fa un bell’aperitivo. È un’attenzione al bisogno più immediato, la sete, oppure il desiderio di fare stare bene le persone accolte fin dall’inizio con qualcosa di buono, magari delle bollicine prelibate.

Come la sollecitudine di Marta nell’accogliere Gesù, e come fa Gesù stesso, che svela la sete della Samaritana.

Dopo bisogna stare attenti a non perdere di vista i nostri ospiti. Spesso, per fare bella figura, ci si arrabatta in cucina e in mille servizi, godendosi poco la compagnia degli amici.

Gesù che ridona la vista al cieco è lo stesso che nella casa di Marta e Maria insegna a non perdere di vista l’essenziale.

Infine, quando abbiamo ospiti a casa, non è la cena succulenta o la perfetta osservanza del galateo a farci sperimentare un senso di pienezza e di gioia, ma la presenza degli amici, la mutua e affettuosa vicinanza gli uni degli altri.

Nella scena di Lazzaro, incontriamo lo stesso Gesù che dice qual è la parte migliore, quella che dà la vita.

Iniziamo dalla sete di cose buone, che è una sete vera, molto concreta anche per i nostri giorni. Se pensiamo a questo itinerario, sentiamo ancora più lacerante il dramma del naufragio a Cutro e di tutti i naufragi. Ci sono persone che hanno sete, e non dobbiamo perdere di vista l’essenziale, che è sempre salvare la vita.

Non c’è una parte migliore, nel mondo, che quella di sconfiggere le guerre, di invertire completamente questa cultura del nemico, dell’impossibilità di vivere insieme, che dà la morte, invece che la vita.

Abbiamo sete di cose buone per le ragazze e ragazzi, per la loro formazione, per l’amore nelle famiglie e tra le persone, per chi si sente discriminato, solo ed escluso.

Tutto questo ci chiede di fare maturare il Battesimo come un frutto d’estate. La Quaresima è il variegato cammino, attraverso il quale possiamo dare vigore a questo processo di maturazione.

Facciamo ogni sforzo per ospitare Gesù, eppure siamo ospitati da lui.

Vorremmo dissetarlo con il nostro amore, ma siamo noi che ci dissetiamo con i suoi sacramenti.

Teniamo gli occhi fissi su di lui e ogni volta lui ci mostra come vederlo e scoprirlo di nuovo.

Infine, desideriamo vivere e vivere bene, attingendo al suo amore l’energia per questa vita.

Quest’anno, avremo il Battesimo di due bimbe e un bimbo durante la Veglia di Pasqua. È un’occasione speciale.

Possiamo riscoprire il nostro Battesimo, cioè la bellezza della nostra vita cristiana.

Don Davide




Abitati da Dio

Se leggiamo nei libri di storia o negli annali, troveremo il racconto delle guerre e della modifica dei territori legati al potere di chi governava e le cronache di come le condizioni economiche hanno inciso sulla vita pubblica e sociale, il disagio dei poveri, insieme ai grandi eventi atmosferici o situazioni come le malattie o qualche altra disgrazia; in alcuni casi scopriremo chi ha vinto il premio Nobel, qualche fondamentale scoperta scientifica o, più popolarmente, chi ha vinto i Mondiali di Calcio come riscatto di un popolo o qualche altra impresa sportiva… ed è esattamente quello che è accaduto anche nel 2022 se lo guardiamo macroscopicamente, perché il tempo è così. Percepiamo una saggezza disillusa nel libro del Qoelet che descrive questa situazione: “Non c’è niente di nuovo sotto il sole, gira e rigira il vento coi suoi giri. Tutto è vano” (cf. Qo 1,1-11).

Certamente però, in questo 2022, nascosti agli occhi dei grandi eventi, ci sono stati momenti straordinariamente felice e affettuosi e, per qualcuno, momenti terribilmente tristi e dolorosi; anche queste cose si ripetono con una certa ciclicità, di cui

la sapienza cristiana suggerisce di apprezzare le cose belle,

di goderne il più possibile appieno con la consapevolezza che possono presto lasciare il passo alle cose dell’altro segno.

Però, differentemente da quello che si può osservare con uno sguardo solamente umano, il nostro spirito sa che tutto questo tempo è abitato da Dio e, se lo scrutiamo spiritualmente, leggiamo la fedeltà di Dio che mi ha fatto grazia con la sua visita.

In questo giorno celebriamo Maria, Madre di Dio. Nella sua espressione paradossale questo titolo ci ricorda che

tutte le volte che ci rivolgiamo a Maria, Dio viene generato in noi,

possiamo riconoscerne appunto la sua presenza e ricordare che il nostro tempo e la nostra vita, se vogliamo, possono essere abitati da Dio.

Don Davide




Tutto diverso e piccolo

“Ci sarà un sentiero e un strada” (Is 35,8): di solito si scelgono i tracciati sulle mappe o si percorrono dei tragitti per arrivare a una meta, un luogo. Al termine ci può anche attendere un appuntamento, magari desiderato: l’incontro con un amico o una persona amata.

Oggi certamente la liturgia ci parla di questo itinerario: “ci sarà” (al singolare) un sentiero, inizialmente stretto, forse impervio, che diventerà una strada, prima una mulattiera, poi una strada battuta o addirittura pavimentata, che ci porterà all’incontro con Gesù.

Anche Giovanni Battista, che fra tutti era quello che aveva le idee più chiare, esita. All’inizio è difficile riconoscere in Gesù i segni grandiosi della salvezza di Dio, della redenzione del mondo.

“Sei proprio tu?” (Mt 11,3) chiede Giovanni.

Dopo la chiarezza straripante di domenica scorsa, viene assalito da un dubbio.

Sembra tutto così diverso, e piccolo…

Anche noi ci accingiamo a celebrare il Natale nella solennità della liturgia, con acclamazioni, formule e preghiere debordanti: “È nato il Salvatore!”, “Oggi la pace viene nel mondo!”, “Tutto è permeato di gioia!” poi guardiamo fuori e ci sembra che non sia proprio così. Oltre alla guerra, continuano altre cose brutte, e poi ci sono tanti dolori, solitudini e preoccupazioni, spesso nascoste.

Ma Gesù conferma Giovanni e noi, indicandoci proprio la direzione giusta e invitandoci a percorrere il sentiero corretto che diventerà una strada.

“Guarda”, dice, “guardate!” I segni dell’amore di Dio sono grandiosi e nascosti allo stesso tempo.

Bisogna saperli e volerli vedere. Bisogna allenare lo sguardo!

Quante volte è capitato che Gesù facesse un miracolo sotto gli occhi di tutti e solo in pochissimi lo riconoscessero, mentre gli altri ne facevano motivo di disputa, o addirittura di scandalo! Così è ancora oggi. Bisogna allenare i riflessi giusti, per cogliere la velocità con cui il regno di Dio si manifesta davanti al nostro naso, e poi scompare altrettanto velocemente se trova qualcuno non pronto o disposto a riconoscerlo.

Il Natale è una grande storia di libertà, interpellata e rispettata.

Perciò, allenati! Guarda. Per tutte le orribili guerre che sono in corso e per i regimi che uccidono i ragazzi, ci sono giovani uomini e giovani donne che hanno il coraggio di rivendicare la libertà. A proteggerci dalla violenza, quanti gesti di tenerezza ci sono? Di fronte alla malattia e alla sofferenza, che hanno un potere schiacciante e vanno rispettate con il massimo rigore, quanti gesti e risorse di cura vengono messi in campo?

Il regno di Dio, per farsi spazio, è anche una questione di decisione, di scegliere cosa guardare, come educare i nostri pensieri, dove orientare la nostra attenzione, su quali sentieri e strade percorrere i nostri passi.

Dipende cosa decidi di guardare, e i tuoi occhi saranno luminosi od oscuri.

Dipende cosa decidi di pensare e i tuoi pensieri saranno orientati al bene o malvagi.

Dipende quali percorsi intraprendi e ti troverai in una terra fertile e buona o in un deserto arido e ostile.

Il regno dei cieli è piccolissimo, ma se lo vedi, è più grande di ogni cosa.

Don Davide




Nella luce del Signore

“Camminate nella luce del Signore” (Is 2,5).

Il profeta Isaia, dopo avere concepito la più grande visione di pace e la più grande speranza per l’umanità, lascia questo invito.

Camminare nella luce del Signore, è il modo concreto che abbiamo di trasformare il mondo.

Ne sentiamo talmente tanto l’importanza, che con la ripresa dell’anno liturgico e con l’inizio della preparazione al Natale, accendiamo tante luci diverse: le candele dell’Avvento, le luminarie nelle città, le lucine negli addobbi di casa.

Camminare nella luce del Signore significa lasciarci ispirare nuovamente, e in modo inedito, dalle parole di Gesù. Provare a conoscerlo meglio, cercare di imitarlo, rimetterlo al primo posto tra tante occupazioni e preoccupazioni.

Camminare nella luce del Signore, ci permette, infine, di comprendere meglio le parole di Gesù a Maria (di Betania), che meditiamo nel piccolo ritiro attraverso cui entriamo in questo tempo di luce: “Una sola è la cosa necessaria” (La 10,42).

C’è bisogno di lasciare che la sapienza di Gesù ci plasmi e che la luce che emana da lui illumini, colori e rallegri tutti gli aspetti e gli ambiti della nostra vita.

Sono molto dispiaciuto di non potere festeggiare il compimento del mio ottavo anno in parrocchia. Da parte mia, i motivi per festeggiare sarebbero molti, spero – senza falsa modestia – che ce ne sia qualcuno anche per la nostra comunità.

D’altro canto, c’è comunque una bellissima occasione da festeggiare, ed è il compleanno di don Valeriano che ricade proprio questa domenica. Siamo orgogliosi della sua presenza con noi, anche se un po’ meno visibile, non meno significativa attraverso la preghiera e il suo esempio. Tanti auguri don Valeriano!

Voglio salutare tutti, soprattutto i ragazzi e le ragazze del catechismo e dei gruppi medie, che in questo sabato e domenica vivono la 2gg. in parrocchia. Sono orgoglioso dell’impegno delle catechiste, delle educatrici e degli educatori dell’ACR e anche delle educatrici dei gruppi delle superiori, che continuano a creare occasioni di incontro e di formazione. Ringrazio, infine, tantissimo, chi ha preparato le torte per il banchetto! Mannaggia che non posso. Ho desiderio di vedervi e mi manca di condividere l’Eucaristia con voi!

Voglio anche ringraziare la segreteria, i ministri e chi, in queste settimane, mi ha sostituito in vari modi e ha sopperito alla mia assenza, dimostrando una volta in più la cura per la nostra parrocchia e per la comunità concreta che la vive.

Che questo tempo di Avvento ci aiuti, insieme, a rivestirci del Signore Gesù (Rm 13,14).

Don Davide




Il bagliore del Paradiso

In quest’ultima domenica dell’anno liturgico, Gesù ci invita a guardare dalla sua prospettiva.

In un salone regale, il re sta di fronte al popolo e tutti lo guardano. Questa è la grande scena che viene descritta: “Dopo che ebbero crocifisso Gesù il popolo stava a guardare…”. Al centro, l’evangelista pone la spiegazione di questa scena: “Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».”

C’è dunque un re sul suo trono e i sudditi al suo cospetto. Stavolta, però, sono spettatori, per lo più. Osservano, probabilmente qualcuno con un certo senso di rivalsa, la caduta che prima o poi tocca tutti i monarchi. Gli altri capi lo deridono: questo è il destino normale tra chi si contende il potere. Anche chi conosce solo la logica del salvare se stesso lo deride: un re che non è nemmeno in grado di usare la sua autorità in proprio favore è un povero zimbello.

Nessuno sembra fare caso al fatto che il trono non è coerente.

I Romani non potevano davvero considerare che Gesù fosse una minaccia per l’Imperatore, mentre i capi di Israele sono davvero convinti che sia la giusta punizione per un re pretenzioso, laddove Erode, il vero re, riduceva il popolo a uno schiavetto dei Romani.

All’unico che si accorge di questo indizio elementare, ma decisivo, Gesù apre gli occhi su una scena completamente diversa. Il ladro penitente riconosce che la croce non è un trono, ma una pena e che il regno di quell’uomo che tutti invitano a mostrarsi “regale” deve essere affatto diverso.

È allora che Gesù, come in un sussurro gli parla.

“Io non ho mai voluto fare «il capo», perché tutti devono essere liberi. Anche quelli che mi amano di più, li ho lasciati liberi persino da me stesso.

“Non bisogna deridere nessuno, né infliggere dolore, né – tantomeno – governare o ingannare con le armi.

“Ci sono tanti, troppi che soffrono. Ho provato a sentire il loro dolore, a condividerlo e a restituire loro fiducia nella vita.

“A me non interessa di salvare me stesso, ma che il nostro ricordo sia presso il cuore del Padre.

E ora sali su questa specie di trono, qui dove sono io e guarda dalla mia prospettiva. Osserva.

Quel regno che dicono loro a me non interessa, ma il Paradiso per me è questo che ti ho descritto: lasciare liberi, non ingannare, dare fiducia, essere insieme presso il cuore di Dio.

Vedi, se guardi da qui, la luce è così grande che anche da questo buio puoi vedere il bagliore del Paradiso.”

Don Davide




Semplici e umili

Semplici e umili, anche di fronte alla vita.

“Quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.” (Lc 17,10).

Ogni vita è piena di difficoltà, di angustie, di corse, di affanni alternati a qualche momento di quiete e di affetto. Tutti abbiamo bisogno di un sollievo, di un riconoscimento. È molto importante potere avere un riscontro positivo e motivazionale; invece, Gesù ci sorprende con un’affermazione che assume un tratto durissimo, che non lascia margine a nessuna indulgenza.

Qual è il significato?

Tutta la liturgia di questa domenica parla con grande insistenza della fede che fa vivere.

Avere fede, in questo caso, è il fondamento della possibilità di essere semplici e umili in tutte le cose che facciamo e che viviamo, anche di fronte alla vita. Tutto al contrario di chi pensa che avere fede sia un modo per lasciare le cose “ad altri” o “ad Altro”, avere fede è la disposizione dello spirito al nostro impegno, con tutti noi stessi, con la consapevolezza di cosa siamo chiamati a compiere, la fermezza negli obiettivi e una certa imperturbabilità dell’anima.

Quando abbiamo adempiuto il nostro impegno, possiamo dire con il cuore leggero: “Ok, era la mia parte. So verso cosa sto camminando.”

Don Davide




Il Corpo del Signore

Il corpo sono io. Io non esisto senza il mio corpo.

Attraverso il corpo io esprimo la mia vicinanza alle persone che amo, il desiderio di stare loro accanto, magari per tutta la vita.

Così Gesù ci ha lasciato il suo corpo, per dirci: Voglio stare con te, sempre.

Come nel video che vi propongo (è stupendo, non perdetevelo per nulla al mondo!), questo corpo è testimonianza di un amore che vince il tempo che passa, che cambia il nostro sguardo e ci aiuta a scoprire che, allo sguardo dell’amante, il corpo dell’amato – l’amato stesso – è sempre splendido.

Il Corpo del Signore esiste per dire che ai suoi occhi tu rimani sempre splendido.




Eterno bagliore

Tempo scaduto

Come si prende il Natale per il verso giusto?

Come si vive nel modo corretto?

Senza sapere dire il perché, queste domande mi hanno ronzato in testa per tutto l’Avvento e ora che il tempo è finito, devo provare a darmi una risposta.

Qual è il verso giusto da cui guardare il Natale?

La grazia di Dio

Ho confessato tanto in questi giorni e ho fatto alcuni incontri straordinari: giovani che tengono alla loro fede e vogliono viverla in maniera piena; adulti concentrati sulla loro missione su molteplici fronti, e tanti altri veri discepoli del Signore. Ti chiedi che cosa li abbia resi così; quale percorso li abbia portati fin lì. Se domandi, ti diranno: la parrocchia, l’AC, gli Scout, quel movimento, una guida spirituale…

Eppure capisci che oltre a tutte queste cose c’è di più: l’amore di Dio che raggiunge le persone, gratuitamente le tocca, liberamente le interpella e affettuosamente le conquista.

I bambini

Di tutte le cose sconvolgenti che si potrebbero dire sul mistero cristiano, c’è questa storia del Dio neonato.

Fasciato dalla mamma, protetto dal papà è esposto al calore benevolo di due animali e alla furia di un re del mondo. Penso alle mie nipotine, che si sdraiano come se fosse una culla su Steel, il setter di casa, che da loro si lascia fare tutto.

Ma a fronte dei bambini che si sentono protetti, ce ne sono troppi che non sono sicuri. I dati riportati a un’iniziativa dell’Unicef sulla violenza contro i bambini nel mondo mi hanno sconvolto. Non può succedere. Dobbiamo sempre avere presenti quei bimbi che stanno dietro un filo spinato o si vedono puntare contro un’arma. È un orrore che anche Isaia sognava di estirpare: “Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni…” (Is 65,20).

Poi ci sono quelli accanto a noi, tra i nostri, che hanno delle malattie gravi o delle difficoltà che li rendono speciali. Tante storie di famiglie che si mascherano nella ordinarietà. Ho in mente casi concreti che pongono domande da fare impazzire. Non ci sono parole adatte, tantomeno risposte. Forse un giorno ci verrà concesso di raschiare la crosta di queste contraddizioni, entrando nel mistero di un Dio neonato.

Gli affetti

Che siano per noi come una casa di pane o perché ci fanno soffrire, che ce li godiamo o ne sentiamo la nostalgia, Natale mostra a tutti quanto siano importanti gli affetti.

A Giuseppe e Maria mancavano quelli di casa, ma c’erano loro due, l’uno l’amato dell’altra.

Hanno fatto vivere il loro amore, ben sapendo che avrebbe potuto non essere più, e questo bastò.

Bastò a salvarsi reciprocamente e a salvare Gesù.

Di solito lascio uno spunto ai giovani, ma questa volta lo voglio condividere con voi. Non è la solita musica di Natale. È una canzone dei Coldplay, si intitola Everglow. Tutto il testo è speciale [testo e traduzione], ma c’è un verso che mi sembra particolarmente giusto per questo Natale:

Quindi, se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti farglielo sapere.

Questo consiglio, per me, è una dedica a chi manca. Nel video, c’è una pattinatrice che… beh, ve lo lascio guardare. E che ognuno possa pensare a chi ama e a chi manca.

Il verso giusto

La grazia di Dio c’è. Spesso è tanto discreta da non farsi notare, non sappiamo perché. Ma proprio quando tutto sembra sfuggire al controllo umano, non c’è ostacolo all’amore di Dio.

A tutte le domande e le preghiere che abbiamo, troppo forti da tenere, troppo difficili da dire, può rispondere solo il Dio neonato.

Se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti farglielo sapere. Anzi, forzando la traduzione per cogliere le sfumature, se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti permettergli che lo sappia.

Don Davide




A metà dell’Avvento

Dilatare il cuore

Tutti gioiamo e ognuno gioisce per cose anche molto diverse.

Bisognerebbe imparare a gioire con chi gioisce, e ad accogliere il pianto di chi piange.

Quando riusciamo ad attivare questa circolarità virtuosa, dilatiamo il nostro cuore, ci apriamo anche a cose che prima non ci interessavano e non conoscevamo,

la nostra esistenza si espande, siamo più capaci di accogliere e comprendere la vita.

Rallegratevi

Di motivi di rallegrarci, questo Avvento, ne ha regalati parecchi alla nostra comunità.

Abbiamo celebrato una bella festa per l’anniversario del mio ingresso in parrocchia (ricordo che data la vicinanza del compleanno di don Valeriano, festeggiamo sempre in quell’occasione anche la sua permanenza tra noi da ormai molti anni); vediamo tanti bimbi contenti e tante famiglie del catechismo che partecipano con entusiasmo alla messa delle 10 loro riservata, nonostante i numeri ci travolgano rispetto alle nostre possibilità e ai nostri spazi; inoltre, la Provvidenza – che ha molti nomi concreti – ha permesso di attivarci per rilanciare alcuni gruppi dell’ACR e dei giovanissimi che per vari motivi avevano avuto una battuta d’arresto; i giovani della Zona Pastorale stanno realizzando un bel percorso e l’impegno caritativo della nostra comunità, grazie a persone speciali, è encomiabile.

Infine, io personalmente ho avuto alcuni incontri preziosi, che arricchiscono senz’altro anche la vita di tutta la Parrocchia.

Non angustiatevi

San Paolo, nella seconda lettura, dice anche di “non angustiarsi per nulla” (cf. Fil 4,5).

In realtà, non mancano le angustie. Sono preoccupato per le persone ammalate, che ci mancano e vorremmo che fossero di nuovo presto non solo insieme con noi spiritualmente, ma anche fisicamente. Vogliamo che non si sentano sole e che siano confortate e curate.

Sono inquieto anche perché nella frenesia delle incombenze, non riusciamo a realizzare nemmeno le più necessarie,

come ad esempio rieleggere il Consiglio Pastorale Parrocchiale.

Da ultimo, non nascondo qualche motivo di apprensione per la gestione economico-amministrativa della Parrocchia, che nonostante la competenza e l’aiuto totale del Consiglio Pastorale per gli Affari Economici, rappresenta un pensiero sempre costante.

Regali di Natale

Ho scritto queste cose in condivisione,

perché la Parrocchia è di tutti, è davvero la nostra casa comune.

Tuttavia, mi rendo perfettamente conto che gli stessi motivi per rallegrarsi e le medesime preoccupazioni le ha anche ciascuno e ciascuna di voi, e che tutti potremmo pensare che già è faticoso stare dietro alle nostre cose, non riusciamo a caricarci i pesi gli uni degli altri.

Invece

è proprio a questa reciprocità che penso.

Voglio condividere le vostre gioie e farmi carico delle vostre angustie, e pregare al Signore per ciascuna di esse e per ogni vostra necessità. Desidero che la comunità parrocchiale viva questo in maniera circolare.

In questo modo espanderemo il bene e ce ne sarà in abbondanza per tutti, come se quei famosi cinque pani e due pesci fossero i nostri regali di Natale.

Don Davide




Corpus Domini: il Corpo del Signore

Il Mistero

Cogliamo l’occasione di questa festa per fare amicizia con un aspetto della nostra fede che, per molti versi, rimane un mistero. Possiamo fare delle considerazioni in maniera umile riguardo alla complessa presenza di Dio nel mondo: fra l’essere umano e la divinità si conserva uno spazio impenetrabile. Proviamo così a leggere il mistero del ‘Corpo del Signore’ analogamente al fenomeno fisico della diffrazione della luce, sapendo che rimane una differenza davanti alla quale non c’è che da rimanere in silenzio.

La relazione con Lui

Il principio della relazione con Lui è un incontro, così come continuamente indicato nei vangeli, dove viene manifestato che la relazione con il Risorto è personalevera, nel senso che non è solo frutto di una percezione del soggetto, ma ha una componente oggettiva nel fatto che Gesù si mostra ai suoi discepoli. L’incontro con Lui si verifica per ciascuno di noi nel tempo presente, in questo nostro corpo e, mediante lo Spirito (infatti ‘il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo, 1Cor 6, 19), veniamo condotti e invitati a pienezza fino a dire con Paolo ‘non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me’ (Gal 2,20).

La Comunità come corpo

Tutti i battezzati sono poi uniti nel corpo ecclesiale, come dice Gesù: ‘dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro’ (Mt 18,20).
La presenza di Cristo diviene così reale nella comunità, mediante i segni del pane e del vino, il ‘corpo del Signore’ che ci permette di alimentarci del suo Amore. Noi lo crediamo vivo e vero nelle specie più povere e anche più alla nostra portata (come appunto il pane e il vino) per divenire noi stessi pane d’amore per il mondo, allo stesso modo di Cristo.

Nel corpo dei fratelli, dissetandoli, accogliendoli, trovate me

Vi è poi infatti, un ‘corpo del Signore’ più diffuso: ‘tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’. È sempre Gesù che parla in prima persona nel vangelo di Matteo (25,40) invitandoci ad avere cura dei più piccoli della terra, come se fossero lui stesso.

Per lui apriamo il nostro cuore e le nostre vite a chi è in difficoltà e lì ritroviamo anche noi stessi nel meraviglioso mistero del Corpo di Cristo. Siamo esseri personali e comunitari e, nel Risorto, lo saremo in pienezza.

La prospettiva che ci attende è quella di riconoscere ‘Dio tutto in tutti’ (1Cor 15,28). Non tutto si può comprendere, ma si può già pienamente gioire.
Godiamoci, dunque, ciò che ci è stato rivelato: impariamo ad amare noi stessi, a vivere come fratelli nelle nostre comunità, a nutrirci dei sacramenti facendo ‘eucarestia’ e servendo i più piccoli.
Questo significa celebrare  il Corpus Domini.

Anna Maria e Francesco