Lo strappo necessario

Abbiamo vissuto una bella assemblea parrocchiale, partecipata e con tanti buoni spunti e suggerimenti.

Sia il desiderio di una maggiore corresponsabilità da parte di tutti e del bisogno che ciascuno valorizzi al servizio della comunità i propri doni e talenti; sia le necessità imposte dalla presente situazioni socio economica, chiedono una particolare creatività nella pastorale, un’inventiva, un guizzo originale.

Abbiamo parlato di una “comunità di carismi” e di una “comunità consapevole e attiva” sulle problematiche legate alla sostenibilità.

Nel vangelo l’amministratore è protagonista di una operazione articolata e complicata, fa una cosa non giusta che viene lodata dal padrone in modo paradossale e che potremmo definire “uno strappo necessario”.

In tanti ambiti della nostra pastorale, quest’anno abbiamo bisogno di uno strappo necessario: di trovare strade e modi diversi da come abbiamo fatto negli anni passati per affrontare una situazione difficile anche guardando al futuro.

Il primo, lo abbiamo detto, è l’urgenza di una maggiore disponibilità di tutti a mettere a servizio i propri doni.

Il secondo saranno alcuni cambiamenti, sia in termini di consapevolezza che in termini di partecipazione, legati al sostentamento economico della parrocchia.

Il terzo saranno i nuovi orari di apertura della chiesa e delle celebrazioni a partire dal 5 ottobre, che vanno nella direzione di un maggiore senso di comunità.

Intanto, preghiamo per il gruppo dell’ACR che riprende le attività con la Due Giorni, e per i cresimandi, che sabato 24 riceveranno il Sacramento della Confermazione.

In questa domenica ricorre il primo anniversario della morte di Luciano Bocchi, che è stato al servizio della parrocchia e della diocesi in modo esemplare, sempre con il tentativo di capire quale fosse la cosa necessaria nel presente e come costruire il futuro in modo sapiente.

Teniamo questo ricordo affettuoso come un incoraggiamento a offrire il dono dei nostri personali carismi al servizio di tutti, e di preparare una comunità adatta alle numerose sfide dei tempi che ci stanno davanti.

Don Davide




Chiesa missionaria ed Ecologia Integrale

Il vangelo di oggi ci parla di un cieco che vuole insistentemente riavere la vista, nel giorno in cui si celebra la Giornata Missionaria Mondiale.

Nella nostra parrocchia, caratterizziamo questa ricorrenza, con un’attenzione alla questione ecologica, che lega le chiese nel mondo in un’attenzione che ormai è in prima linea, specialmente in zone dove questo problema è acutissimo, come l’immensa regione dell’Amazzonia, le regioni centrali dell’Africa dove le persone e il suolo sono sfruttate per l’accaparramento dei minerali più preziosi.

Papa Francesco nella Laudato si’, in realtà, non parla solo di “ecologia”, ma di “ecologia integrale”: un sistema complesso che articola la spiritualità più squisitamente evangelica della sequela di Gesù, con le questioni sociali, la consapevolezza scientifica e le conseguenze pratiche.

Infatti, a dispetto delle apparenze e fuori da una narrazione che ha pochissimo di vero, soprattutto le piccole comunità di cristiani che sono sparse nel mondo (dalle parrocchie, alle comunità di base fino alle tante famiglie religiose) sono in prima linea su una marea di fronti caldissimi, spesso a costo della loro stessa vita: potremmo citare l’opposizione alla tragedia del narcotraffico in America Latina, la lotta contro lo sfruttamento sessuale in moltissime parti del mondo, il lavoro per l’istruzione, la sanità o addirittura per il semplice approvvigionamento dell’acqua e del cibo nelle zone più povere. Se c’è qualcuno che ha un contatto con le 3 miliardi di persone che non hanno accesso alla dignità di base del vivere, sono queste piccole comunità di cristiani, spesso virtuosamente insieme a tante altre organizzazioni laiche, e tutte insieme costituiscono come una lotta di Davide contro Golia. Ricordiamoci che contro ogni pronostico ha vinto Davide.

Dobbiamo tutti, indipendentemente da ogni latitudine e longitudine, chiedere tenacemente di vedere questi problemi insieme all’aspetto bello della chiesa diffusa nel mondo. Possiamo pregare di riavere la vista, di vedere in senso “assoluto” la realtà delle cose, come nella celeberrima scena del film Matrix, quando davanti a Neo, il protagonista, cadono i veli e vede tutto, il codice della finzione e quale sia la vera realtà.

Questo desiderare di non essere più ciechi, di fronte alla consistenza complessa del mondo, al suo respiro e alle sue ferite, il fatto soprattutto di chiederlo a Gesù è un gesto altamente profetico, ci dice la prima lettura. Ci ricorda che possiamo raddrizzare le strade storte (come, ad esempio, il logoramento del nostro pianeta), trasformare i pianti in consolazione e riscoprire che Dio è il Padre davvero di tutti, di una popolazione immensa di uomini e donne che sono nostri fratelli e sorelle e di cui dobbiamo avere premura e cura.

Come iniziativa concreta, in questo giorno distribuiamo in parrocchia la Piccola guida a nuovi Stili di Vita per la Custodia del Creato, pubblicata dalla Diocesi di Bologna e proposta alle parrocchie e alle comunità, come strumento per cominciare a riflettere su questi temi. La guida sarà disponibile sul tavolo all’ingresso della chiesa, ma chiediamo 1 € di contributo, per permetterne la ristampa quando sarà esaurita.

Don Davide




Cara Suor Aurora…

…non so se scrivo a te per ringraziarti o per i ragazzi e le ragazze che, soprattutto quest’estate, hanno goduto della tua amicizia.

Anche se mi dispiace tanto, anche se non potremo più contare sulle tue preziose qualità e il tuo aiuto, nel tuo doverti trasferire repentinamente c’è qualcosa di profondamente bello, su cui vorrei concentrare la mia attenzione, senza badare al resto.

È la bellezza di essere liberi: da parte nostra, liberi come comunità di beneficiare della tua presenza che non era dovuta, che è arrivata gratuitamente ed è sempre stata custodita come un dono di cui non era bene “appropriarsi”; da parte tua, libera di servire là dove il Signore (che molto spesso si nasconde abilmente dietro le circostanze) ti manda, con il cuore leggero, lo sguardo riconoscente e il piede veloce.

Noi siamo grati e contenti di potere incoraggiarti e condividere tutto ciò che può essere per il tuo bene.

A te, e a tutti i ragazzi e le ragazze che hai “conquistato” voglio lasciare una perla di saggezza di Paolo Coelho, che vale sempre: valeva quando abbiamo salutato Chiara Limperio, quando abbiamo salutato Marco Ciabini e Giulia Casadei, e ora te… accompagnando tutti nel vostro cammino di vita.

“Quando arriva l’ordine di trasferimento, la guerriera guarda tutti gli amici che si è fatta durante il cammino. Ad alcuni ha insegnato a udire le campane di un tempio sommerso, ad altri ha raccontato storie intorno al fuoco.

Il suo cuore si rattrista, ma ella sa che la sua spada è sacra, e che deve obbedire agli ordini di Colui al quale ha offerto la sua lotta.

Allora la guerriera della luce ringrazia i compagni di viaggio, trae un profondo respiro e va avanti, portando con sé i ricordi di un viaggio indimenticabile.” (dal Manuale del Guerriero della Luce – Ed. Bompiani)

Don Davide




Una catenina…pesante!

Prepariamo le Prime Comunioni, che celebreremo sabato 9 ottobre in due turni, e proviamo a riprendere oltre al catechismo, anche i gruppi giovanili.

Gesù parla di una macina da mulino appesa al collo a chi scandalizza i suoi piccoli che credono in lui… Una macina da mulino… non è esattamente come indossare un gioiello di Pandora o una catenina al collo!

Sento la grande responsabilità di non “disperdere” la fede dei credenti di qualunque età, e di avere una preoccupazione speciale per quella dei ragazzi e delle ragazze, che deve ancora maturare, trovare le motivazioni, fondarsi.

Dobbiamo provare ad essere una comunità che non arresta il loro percorso, ma lo favorisce, in percorsi belli, anche impegnativi, ma senza trabocchetti o inganni: questi sono gli scandali che Gesù menziona nel vangelo.

Gesù insegna, metaforicamente, a togliere quello che è di intralcio, ciò che porta a un’esperienza negativa, che è logoro. Tagliare e potare: nel Vangelo sono spesso immagini per fare spazio, presupposti a quella rinascita dall’alto che apprendiamo dal dialogo tra Gesù e Nicodemo.

Perciò, invito tutti noi a un impegno: focalizziamoci sulla fede essenziale, su quelle scelte che sono veramente evangeliche e che sono animate dallo Spirito del Signore, giudicate degne, decise insieme ed essenzializziamo i nostri comportamenti personali su ciò che rende testimonianza di Gesù.

Scopriremo tanti compagni e compagne di viaggio, che come noi testimoniano l’amore di Dio nel suo nome.

Don Davide




Come in famiglia (per gli Under 20)

Mi sono ripromesso di scrivere ogni domenica poche righe per voi. So che dovrei usare Instagram, o addirittura Tik Tok, ma non voglio essere ridicolo, e questo dello scrivere è lo strumento che so usare meglio.

In questi giorni è morta una persona cara a me e a tutta la parrocchia. In questi ultimi anni abbiamo salutato molte persone deliziose che nel corso del tempo hanno letteralmente edificato la nostra parrocchia, la nostra chiesa e la nostra comunità.

Sono un po’ triste, anche se credo nella resurrezione. Lo sono tutte le volte che saluto qualcuno a cui ho voluto bene, o un mio parrocchiano o una mia parrocchiana. È un’emozione più forte di più di quando sento parlare di morti lontane, perché le relazioni contano.

Lo condivido con voi perché in una famiglia si fa così: ci si dicono le cose e poi sta ai grandi sostenere i pesi e ai più giovani, sapere che ci sono, ma anche portare quella spensieratezza e serenità che fa bene a tutti.

È ripresa la scuola e spero che sia stato un buon inizio per ciascuno e ciascuna di voi. La prossima settimana vorrei scrivervi una cosa in proposito. Un caro saluto.

Don Davide




Risorgerà

Gesù parla ai discepoli della sua morte e profetizza, in base alla fede dei profeti e del suo popolo, il suo destino di resurrezione. “Ma i discepoli non capivano, e avevano timore di interrogarlo…” (Mc 9,31-32).
La nostra comunità, in questi ultimi anni, ha affrontato la morte di tante colonne della nostra parrocchia, intendo cioè molte persone che in vario modo hanno messo a servizio in maniera particolare la loro vita per tutti noi e per la Chiesa.
Questo ci avvicina a tutti coloro che fanno l’esperienza dolorosa di salutare una persona cara, vicini o lontani, credenti o no, della nostra comunità o di altre appartenenze. Non importa. Non vi è alcuna classifica e vogliamo solo allargare il cuore alla compassione, alla condivisione e alla bontà reciproca.
Questa esperienza ci fa sentire vicini tutti e tutte.

“Dopo tre giorni risorgerà” sentiamo dalle labbra stesse di Gesù.
Ma noi facciamo fatica a capire cosa questo significhi veramente. Vorremmo comprendere meglio… e allo stesso tempo temiamo di interrogare lui su questo, come se avessimo paura di accostarci a un mistero troppo grande, complesso e spaventoso.
“Risorgerà”: è una parola che si erge statuaria, come una torre sull’esistenza. Tante volte Gesù lo dice agli altri e di se stesso, del Figlio dell’Uomo: risorgerà.
Questa parola, al futuro, ci chiede un atto di fiducia che è come quando, sulla cima di un monte, ammiri il panorama bellissimo e ti senti certo che Qualcuno tiene tutto il mondo nell’esistenza e pensi che la vita sia possibile, nonostante tutte le brutture, cattiverie e violenze che da tante parti cercano di avvelenarla.
“Risorgerà…” è bene sussurrarla, come se fosse la preghiera del cuore.

Ma noi, oggi, Signore, vogliamo anche provare a raccogliere lo spunto del Vangelo e “interrogarti”. Non per questionare, che finiremmo confusi come Giobbe; non per protestare, ma per avere una luce, per sentire il calore dello Spirito, come una carezza sulla spalla fatta da un amico, come un bacino sulla guancia.
Prima di tutto, capiamo che dobbiamo domandare a te, Gesù. È nel rapporto con te che prendono forma le risposte, i sentieri, le prospettive e la speranza. In secondo luogo – penso – dobbiamo esplorare la vita, seguire le tracce come dei Sherlock Holmes dello Spirito, cogliere tutti i segni di vita concreta che sono infiniti e sono mille volte al giorno sotto gli occhi di ciascuno e ciascuna di noi, collegare le tracce, indagare al di là dell’ovvio e non accontentarci delle evidenze, ma usare la logica del Regno… e magari capirne qualcosa di questa vita, vedere dove si addentra, quali sono le sue strade per attraversare la morte.

Veniamo da te, Gesù, a tirarti il lembo del mantello, non solo come quella donna che era sicura di venire guarita, ma anche come quei bimbi che tirano la giacca del papà o della mamma, perché hanno qualcosa da chiedere, col desiderio di capire, certi di imparare.

Don Davide




Una Pasqua ormai vicina

Ci prepariamo a celebrare la Pasqua, perché siamo alla 4° domenica di Quaresima: ci sarà ancora solo un’altra domenica, poi entreremo già nella Grande Settimana, attraverso la porta di ingresso della Domenica delle Palme.

Celebrare la Pasqua non è solo fare dei riti particolari, ancorché suggestivi.

Celebrare la Pasqua è un’esperienza di comunità, che percepisce l’amore del Padre e la vita di Gesù che entra nelle nostre vite.

La Quaresima è un cammino di umiltà e purificazione. Pensavamo di avere toccato il fondo l’anno scorso, con il lockdown, invece ci troviamo quest’anno a dovere essere ancora più umili: per la stanchezza di questa situazione che ci attanaglia ancora dopo un anno; e perché anche se potremo almeno vivere le celebrazioni, dovremo farlo con molta attenzione, con un rigore esemplare e rinunciando a tanti segni che rendevano speciali questi giorni: la processione degli ulivi, la lavanda dei piedi, il bacio della croce, la processione con il cero pasquale.

Personalmente, anche se potrà sembrare sproporzionato, ritengo che ci voglia molta umiltà per accettare di privare le liturgie pasquali della forza dei loro segni specifici. Tuttavia, siamo chiamati a farlo, consapevoli che il protagonista ancora una volta sarà il Signore e non noi.

 

CELEBRARE LA PASQUA TUTTI INSIEME

Allora ecco che la Pasqua si presenta come un’esperienza di comunità. Siamo spaventati e disorientati dal riaggravarsi della situazione pandemica, tuttavia dobbiamo cogliere la Pasqua come un’occasione di rilancio della nostra vita comunitaria.

Chiedo concretamente ed esplicitamente che chi pensa di essere presente alla Domenica delle Palme e al Triduo Pasquale segnali la sua disponibilità in anticipo, per dare una mano. Servono tante cose: l’accoglienza in chiesa, un po’ di servizio d’ordine, l’aiuto a distribuire l’ulivo, l’igienizzazione alla fine delle celebrazioni, le letture, le preghiere dei fedeli, la disponibilità per cantare, l’aiuto a preparare e organizzare tutte le cose pratiche e tanto altro. Per favore, partecipate da protagonisti e corresponsabili, non da spettatori.

E anche se qualcuno di noi – legittimamente – non si sentirà di prendere parte alle celebrazioni, prendiamoci tutti l’impegno di celebrare la Pasqua insieme alla nostra comunità: unendosi spiritualmente in preghiera, scrivendo un biglietto, facendo una telefonata, e avendo ben chiaro che c’è bisogno che torniamo tutti ad essere presenti e ad incontrarci, che ci diamo un appuntamento, non importa quanto vicino o lontano sia.

Vorrei anche che avessimo una preghiera incessante e una vicinanza reale, nei modi che ci sono possibili, per chi è molto preoccupato per il lavoro e la propria condizione economica, per chi è più solo e per gli ammalati gravi.

 

PERCEPIRE L’AMORE DI DIO

I prossimi giorni siano però anche i giorni in cui ci concentriamo a percepire l’amore di Dio.

Come quando vai a un concerto di un cantante preferito o dell’opera che conosci a memoria, che tendi l’orecchio a cogliere le sfumature e ti entusiasmi durante i motivi prediletti… così dobbiamo tendere a riconoscere l’amore di Dio che si manifesta in tante forme vitali. Gli affetti, gli amici, le cose belle, i traguardi, le ripartenze… la Primavera stessa. C’è un verso bellissimo nel Cantico dei Cantici che dice: “Ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, i fiori sono apparsi nei prati e la voce della rondine ancora si fa sentire nella campagna…” Ogni risveglio di vita ci parla dell’amore di Dio per noi.

 

LA PASQUA DELLA FEDE

Infine, la Pasqua è soprattutto un evento della fede. È l’evento in cui professiamo che la nostra vita, come quella di Gesù, non verrà semplicemente consumata. È l’evento in cui rinnoviamo la consapevolezza del valore della nostra esistenza, e magari ci rimettiamo in un cammino di bene e costruttivo per noi: possiamo riacquisire fiducia in noi stessi, fare qualcosa di buono e di bello che desideravamo fare da tanto, imparare a pregare, stare un po’ di più con la nostra famiglia e con le persone che amiamo, dedicarci a fare qualcosa che ci piace davvero.

Siamo ancora in cammino nella Quaresima, ma come un maratoneta che dopo tanti chilometri vede il traguardo, invece di rallentare, si carica di adrenalina e accelera, così anche noi, avvicinandoci alla Grande Settimana, facciamo ardere ancora di più il desiderio della nostra fede.

Don Davide




Il catechismo, la parrocchia e la pandemia

Riprende il catechismo

Mercoledì riprende il catechismo, interrotto alla fine di febbraio per l’esplodere della pandemia. Dobbiamo ringraziare tantissimo i catechisti, che in questi mesi hanno fatto un enorme lavoro, sia per tenere comunque i contatti con i bambini e le famiglie, sia per ripensare una forma possibile anche nel corso dell’emergenza sanitaria.

Questo lavoro è progettato anche in vista del futuro del catechismo: una proposta più adeguata alla condivisione dell’esperienza della fede ai nostri giorni.

80 bambini… e i genitori?

I bambini iscritti al catechismo di 3-4-5° elementare sono 80. Il percorso per quelli di 2° è stato pensato diversamente, anche in questo caso nello sforzo di migliorare l’incontro di queste famiglie con la comunità.

80 è un numero grandissimo per le forze della nostra parrocchia. I catechisti fanno tutto il possibile per permettere che il catechismo si svolga e funzioni, tuttavia c’è bisogno che tutta la comunità si senta coinvolta e responsabile.

Sento il bisogno di richiamare soprattutto i genitori di questi 80 bambini. È necessario che qualcuno si senta interpellato a dare la propria disponibilità per fare il catechista. Non può essere sempre e solo un problema degli altri, che si prendono l’impegno di “tenere mio/a figlio/a”. Ciascuno genitore si deve chiedere: “E io? Perché non io?”.

Senza questa disponibilità reale dei genitori, che devono sentirsi partecipi, di quest’impresa (e non solo fruitori o spettatori), non è detto che si riesca a continuare il catechismo per tutto l’anno.

Condizione indispensabile

La condizione indispensabile, per me parroco, è che ci siano almeno 10 catechisti e 10 aiutanti, per fare si che i gruppi siano composti da non più di 8 bimbi ciascuno.

Se questa condizione non si verifica per mancanza di disponibilità, saremo costretti a sospendere il catechismo. I catechisti fanno tutto il possibile, ma non è ammissibile che tutto il peso gravi su di loro.

E la comunità?

Anche la comunità deve sostenere il catechismo, e non soltanto moralmente, oppure dicendo: “se c’è bisogno di qualcosa chiedete”. Ancora di meno c’è bisogno di dare dei consigli, o fare delle osservazioni e delle critiche, senza conoscere l’impegno dei catechisti e senza impegnarsi quotidianamente (come fanno loro) in questa che è una vera e propria “impresa”. Bisogna rimboccarsi le maniche e garantire un vero aiuto, che semplifichi e non complichi.

Magari non ci si pensa, ma fare catechismo in questa condizione significa pensare attività che non richiedano il contatto, giochi divertenti ma distanziati, studiare come gestire il materiale che non può passare di mano in mano ecc… Significa anche acquistare il materiale igienizzante per ogni spazio utilizzato, sanificare tutte le aule (ben 10!) prima e dopo l’incontro, sanificare la chiesa prima e dopo il ritrovo (perché a seguire c’è la messa), riordinare gli spazi se ci sono state altre attività in parrocchia.

Comunicare la fede

Si dice spesso che la cartina di tornasole della qualità di una comunità è proprio la presenza e il rapporto con i bimbi. L’impegno con cui la nostra comunità inizia il catechismo vorrebbe essere testimonianza di questa passione di comunicare la fede, che inizia dai bimbi e non finisce più.

Don Davide




Ecologia integrale e Caritas

La Giornata diocesana per la Custodia del Creato

L’immagine del profeta Isaia parla di un banchetto squisito per tutti.

Se pensiamo questa profezia su scala mondiale, appare come un’utopia, come il segno evidente che qualcosa è cambiato nel modo in cui gestiamo le risorse, custodiamo il Creato, apprezziamo la fraternità.

Nella settimana entrante la Chiesa di Bologna recupera l’attenzione all’ecologia integrale, divenuta concetto centrale nella vita della Chiesa con l’enciclica Laudato si’, attraverso la celebrazione della Giornata Diocesana per la Custodia del Creato, mercoledì 14 ottobre.

La giornata si inserisce nel Tempo del Creato, dedicato da tutte le confessioni cristiane alla riflessione sull’ecologia integrale, nel mese di settembre.

Scopo della Giornata è di fare crescere la sensibilità per una vera spiritualità ecologica, che sia un punto di riferimento per la formazione cristiana autentica, un segno di corresponsabilità, e un modo di vivere una profonda vita spirituale, che tocchi realmente la propria esistenza.

L’auspicio è che in questo e nel prossimo anno pastorale, dedicati al Crescere, tutte le zone pastorali – compresa la nostra – vogliano dedicare un po’ di tempo alla presentazione della Piccola guida diocesana per i nuovi stili di vita, e assumerne gli impegni, sia a livello personale, che comunitario.

Il progetto della Caritas: “Rifugiato protetto”

Nella seconda lettura, Paolo parla di un apprendistato alla vita che gli ha permesso di essere solido e maturo. Da qui prendiamo lo spunto per presentare un progetto della Caritas, iniziato già a gennaio e sospeso nei mesi della quarantena e della chiusura.

Nella scorsa settimana è stato definitivamente approvata l’iniziativa del Progetto rifugiato e protetto a casa mia, coordinato dalla Caritas diocesana.

Il progetto prevede l’accoglienza di due ragazzi rifugiati e richiedenti asilo, che vengono accompagnati dalla Caritas in tutte le fasi di integrazione, dall’accoglienza nei centri fino all’autonomia, con il contributo decisivo delle parrocchie nell’ultima fase.

La nostra parrocchia, infatti, offrirà l’alloggio e l’aiuto perché questi due ragazzi, che sono già impiegati in un lavoro, facciano gli ultimi passaggi per maturare l’autonomia necessaria per poi avere una casa e mantenersi.

Tutta la comunità parrocchiale è invitata a rendersi partecipe, ciascuno secondo la propria sensibilità, al buon esito di questo progetto. C’è bisogno di bassa manovalanza (la sistemazione dell’alloggio in questi primi giorni), di contributi economici perché la parrocchia si fa carico di molte spese, di disponibilità a incontrare gli ospiti e a inserirli in un tessuto di relazioni amichevoli e positive.

L’accoglienza inizierà i primi giorni di novembre 2020.

Chi fosse interessato a partecipare, può contattare la segreteria parrocchiale o direttamente anche i responsabili della Caritas o del progetto.




Germoglio di luce

Guardo al meraviglioso trittico sull’Eucaristia di Ettore Frani e penso al buio e alla lucealla cecità e a quale forma abbia la luce, che ci permette di vedere. 

È un’opera che ho fortemente voluto nella nostra chiesa, e in questi giorni l’ho contemplata molto: il calice e il pane sembrano anch’essi solitari, offerti su una tavola dove c’è solo la tovaglia, una mensa non imbandita, in attesa che a qualcuno sia lecito avvicinarsi, voglia prenderli e possa riceverli. Sono circondati di buio, eppure su di loro c’è una luce: li definisce, rischiara la solitudine e ne interrompe la forza. Questa luce, che viene dall’alto, offre al calice e al pane una promessa per l’avvenire. 

Al centro questo sipario di luce, ormai amico, che ci invita a salire e ad entrare. Salire, nella Bibbia, è il segno della fine dell’esilio. Entrare è il gesto dei cercatori di Dio. Si sale a Gerusalemme e si entra nel Tempio.  

Che cosa ci chiede il Signore in questi giorni? 

Che cosa vuole dire che apre i nostri occhi? 

Leggendo il vangelo di questa domenica, il racconto del cieco guarito (Gv 9), troviamo subito la domanda che tenta tutti, persino i discepoli di Gesù: chi ha peccato perché lui si trovi nel buio? 

Ascolto, innanzitutto, la dichiarazione forte del Signore che le cose non stanno così: né lui, né nessun altro; bisogna invece guardare a Dio che compirà la sua opera. Una cosa molto importante da ascoltare in questi giorni, in cui – anche se siamo nel 2020, anche se papa Francesco ci invita a parlare della misericordia – si trova ancora qualcuno che dice che l’epidemia potrebbe essere interpretata come il giudizio di Dio sulla storia, come se il fatto che alcune opere degli esseri umani appaiono in qualche caso perverse, dovesse indurre anche Dio ad essere malvagio. Non è così. 

Gesù in persona ci dice che non è così. 

Io sono quel cieco. Io ho bisogno di vedere. Ma so che le cose non stanno nel segno di una maledizione. Io devo vedere la luce che si apre la strada, che sfavilla in mezzo al buio; questa luce viene sempre dall’alto, è la luce di Dio: questa è la verità. Non la maledizione, ma c’è una luce che Dio manda nel buio come benedizione: questa è la cosa che fa Dio e questa io devo ricercare.  

Nel capolavoro di Michael Ende La Storia Infinita, c’è una scena meravigliosa, quando il Nulla sembra avere prevalso su tutto. Rimane solo la relazione di amicizia tra i due protagonisti, Fiordiluna – la Regina dei Desideri – e Bastian. Essi sono come sospesi, senza spazio né tempo. “Dove siamo Fiordiluna?” domanda Bastian. E la regina risponde: “Io sono con te, tu con me”. Nel buio più completo, Fiordiluna tiene in mano un germoglio di luce. “Vorrei tanto rivedere il tuo volto” dice Bastian. Da questo desiderio il germoglio di luce si accende, illumina i due protagonisti, che si scoprono vicinissimi, e inizia a creare il nuovo regno di Fantàsia. 

Entrambe queste cose servono per ri-vedere: l’ascolto – anche nel buio – e il desiderio di vedere un volto.  

Il cieco nato, ormai guarito, si trova di fronte a Gesù, il suo taumaturgo, eppure non lo riconosce per chi veramente è. Chi è il Messia, perché io possa credere in lui?” domanda. E Gesù: “Sono io che parlo con te”.  

Abbiamo desiderio di vedere il volto di Dio e di vedere la sua opera che ricrea il mondo, un mondo meraviglioso e lussureggiante, più bello e più sano di quello precedente. Lo ascoltiamo anche nel buio, anche senza vederlo, nella fede. Sappiamo che lui è con noi, e noi insieme a lui.  

Lo stesso, vale, per ogni nostro fratello e sorella: l’ascolto, la relazione che ci fa scoprire vicinissimi e il desiderio di rivedere il volto. 

E il germoglio della luce divina darà origine a un mondo rinnovato. 

Don Davide