Al pozzo

Una favola per tempi difficili

Non si andava al pozzo a quell’ora, per l’arsura di mezzogiorno. Ma lui, sfidando il caldo, si era diretto verso quel centro, come mosso da un richiamo invisibile, come se avesse il presagio di dovere incontrare qualcuno.
Aveva sete. Non aveva preso con sé la borraccia e adesso le sue forze stentavano. Che imprudente era stato!
Vide un uomo passargli accanto con una mascherina bianca sul volto, una cosa strana che non aveva mai visto. L’uomo lo superò, frettolosamente, modificando leggermente la traiettoria per stargli alla larga.
Non fece in tempo a voltarsi, per capire meglio chi fosse e da dove venisse, che subito quel pellegrino mascherato di bianco era scomparso. Un’allucinazione, pensò.
Finalmente arrivò al pozzo; bramava di attingere acqua, ma scoprì che qualcuno aveva rubato il secchio. Rimaneva solo la corda, come un pigro serpente annodato alla carrucola. Sconsolato, si chiese come mai qualcuno prevarica sul bene comune.
“Hai sete?” Una voce di donna lo richiamò dai suoi pensieri.
“Sì, ma hai più sete tu.”
La giovane lo guardò, perplessa, senza dire nulla. Attaccò il suo secchio alla corda e calò la carrucola. Prima di attingere, però, dispose a terra vari orci, tipo borracce, che aveva portato in un sacco.
“Perché fai così? Non verrà nessuno. Non è l’ora, e poi c’è la quarantena.”
La giovane donna lo fissò ancora di più di sottecchi. I nostri padri – pensò – sono stati quarant’anni nel deserto… ma non ho mai sentito parlare di quarantena…
“Scherzi, vero?! Verranno in tanti, invece. Hanno molta sete e una gran voglia di stare un po’ insieme.”
“Io non vedo nessuno.” Rispose l’uomo, infastidito.
“Guarda là, alla porta della città! Vedi? Sta arrivando Gianni, il panettiere…”
In effetti, una sagoma si profilava, oscurando il Sole meridiano.
“E poi di là arriva Ludovica, che ha la locanda; e Girolamo, del negozio di stoffe. Ah, buongiorno Direttore!” disse poi rivolgendosi al capo della banca “La trovo benissimo, nonostante questi giorni.”
In breve, attorno al pozzo si radunò tantissima gente. C’erano proprio tutti: gli anziani, i giovani, i bimbi del catechismo… il coro.
“Beh, allora?! Siamo qui per la messa!” dissero all’uomo nei pressi del pozzo. Sembrava stordito da tutta quella ressa intorno.
La messa? – pensò lui – Ma la devo ancora inventare!
“Allora la messa?” gli chiese uno. Una donna si avvicinò, scuotendolo un poco sulla spalla. Ehi – pensò l’uomo – non ci si può toccare…
“Don Giacomo? Don Giacomo, mi fai spaventare!”
Don Giacomo aprì gli occhi, cercando di mettere a fuoco. La Bibbia era tutta stropicciata. Accanto a lui Gloria, la responsabile della Caritas.
“Scusa, devo essermi addormentato” ammise, quasi vergognandosi.
“Oh don, non ti preoccupare, capita! A vederti così, si direbbe che sei un uomo spirituale… ma non ci crediamo, stai tranquillo!” disse ridendo. “Sono passata a prendere una sportina per i poveri, perché qui anche se siamo tutti in prigione, i poveri continuano ad avere bisogno! Vado a prepararla!”
“Sai, ho fatto un sogno strano: ho sognato che al pozzo… volevo dire, a messa… che dicevamo la messa e che c’erano tutti.”
“Su su, coraggio! – ribatté Gloria con il solito fare spiccio e sicuro – Presto torneremo a messa tutti insieme. Intanto, stiamo uniti volendoci bene. C’è un’acqua che non finisce mai e ci dà sempre la forza: il pozzo che disseta è se ci vogliamo bene.“

Don Davide




La partenza e la meta

Nella liturgia di questa domenica, c’è l’invito a partire per un viaggio inedito e inatteso, lontano dai propri riferimenti e dalle proprie sicurezze (prima lettura), per arrivare a una vetta di trasformazione incredibile, in cui in una persona Dio e il mondo si toccano (vangelo). Il contesto di questo traguardo prodigioso è descritto come un mistero: una nube luminosa. È una nubeperché c’è qualcosa che sfugge alla possibilità di spiegare tutto; è luminosa, perché in questo evento si manifesta qualcosa di sorprendente e bellissimo. 

Cammino

Vorrei che tutti, con la nostra personale sensibilità, potessimo sentire l’invito a partire in un cammino di cui non sappiamo i contorni e i riferimenti, ma con l’unica certezza che la storia è saldamente nelle mani di Dio e che, se intraprendiamo questo viaggio con fiducia, saremo un luogo – un luogo fisico e spirituale al contempo – in cui Dio e il mondo si toccano. 

Vorrei che ciascuno di noi potesse sentire questo “inizio”: sia chi è disperato perché non si celebra la messa domenica, sia chi è più timoroso e prudente; sia chi è più scettico e sospettoso, sia chi si affida più serenamente alle indicazioni che sono state date… per tutti vorrei che risuonasse un invito personale: non rimanere ancorato a quello che sai già, ai tuoi schemi, alle tue certezze, ai tuoi orizzonti di riferimento. Prova a metterti in ascolto delle ragioni dell’altro, a entrare in sintonia con la paura o col coraggio, con la fede o con la mancanza di fede, con lo sgomento o la serenità. Prova a cogliere le possibilità che questo viaggio ti offre. Sarà un cammino pazzesco, roba da fare venire le vertigini; talvolta ti chiederai se ci sia un sentiero o se sia tutta una follia.  

Potrebbe succedere che nelle cose più terribilmente umane, siamo condotti a toccare delle vette di grandezza spirituale: dalla paura del contagio alla generosità del proprio lavoro; dal sospetto all’amicizia solidale; dal disagio per la privazione delle nostre routine allo spazio per un incontro spirituale. 

Non mancheranno il disorientamento e la sete, questa “sete” così al centro dei nostri cammini pastorali; non mancherà la paura e lo sconforto e lo scontro con il nostro limite. Ma ci saranno anche momenti di esaltazione, un cielo sopra di noi colmo di infiniti punti di luce.  

È importante che lo facciamo con Gesù, questo cammino. Ognuno lo tenga vicino a sé con la lettura del Vangelo, con la preghiera personale, con il ricordo, mettendo in pratica l’amore concreto. 

Con lui, saremo trasfigurati. Cambieremo. 

Cambierà il nostro modo di essere chiesa, forse più consapevole delle cose preziose che abbiamo? 

Cambierà il nostro modo di vivere, segnato da una riscoperta di ciò che davamo clamorosamente per scontato? 

Forse ci sorprenderemo, ma quando ricorderemo i momenti di svolta della nostra vita annovereremo anche questo, scaturito dalla disponibilità a “partire”, fissando la meta di una montagna lontana. 

È meraviglioso e incoraggiante ricordare che quel primo passo di Abramo è stato l’inizio del cammino della fede e il seme della storia di un popolo. 

È meraviglioso credere che questo nostro primo passo possa essere altrettanto. 

Don Davide 

 




Una prova, tre tentazioni

“Prova” e “tentazione” nella lingua del Nuovo Testamento potrebbero essere considerati come sinonimi. Nella prima domenica di Quaresima si parla delle tre tentazioni di Gesù. Anche noi, a partire dalla prova che stiamo subendo, potremmo subire alcune tentazioni. Vale la pena metterle in luce, per non essere sedotti e lasciare che una prova si trasformi in peccati ben più gravi di quello di saltare il “precetto festivo” che sembrava preoccuparci tanto.

La prova è quella, ovviamente, del virus che all’inizio ha spaventato tutti e ora, dopo che abbiamo conosciuto il nemico, sembra essere un po’ meno mostruoso.

Come atteggiamento quaresimale di solidarietà con i più deboli e poveri, dobbiamo innanzitutto riconoscere come questo virus, che ha colpito l’Occidente, abbia gettato l’allarme, mentre quelli che generano vere e proprie epidemie nei paesi poveri del mondo ci lascino sostanzialmente indifferenti. C’è un elemento di serietà e di fratellanza da riscoprire e che ci interpella come condizione necessaria della nostra sensibilità cristiana.

tre tentazioni

La prima tentazione è di farci prendere dal panico, e di dimenticare le dinamiche più ovvie di comunione fraterna. “Non di solo pane vive l’uomo” risponde Gesù nella prima tentazione. L’uomo ha un alimento per la sua intelligenza e per il suo spirito: la reazione di accaparrarsi le scorte di fronte alla prima minaccia, assomiglia tanto al dare sfogo al criterio: mors tua vita mea, come se uno si dovesse preoccupare solo di sé e non del fatto che c’è un legame sociale da mantenere. “Non di solo pane” ci ricorda anche che alcune dinamiche del convivere che diamo per scontate, in realtà devono essere custodite proprio dalla nostra vigilanza spirituale, oserei dire dalla nostra magnanimità, una virtù di cui tutti dovremmo avere più cura. Nelle situazioni di vera crisi, solo donne e uomini dalla grande anima hanno offerto risposte e soluzioni significative.

La seconda tentazione, che è molto connessa alla prima, è di confondere lo spirituale con il mondo fisico. “Buttati – dice il diavolo – gli angeli ti custodiranno!” Quasi come a dire: “Vai nudo al centro dell’epidemia, se hai fede non ti accadrà nulla!” Gesù risponde con grande precisione che non è così che funzionano le cose. Lo spirituale si è incarnato nelle dinamiche fisiche e creaturali del mondo: questo è lo specifico cristiano. Non serve dire: “Se noi preghiamo, l’epidemia non arriverà!” e tutto il corollario di analoghe frasi spiritualistiche. Tutto il buono, invece, passa dal legame di alleanza con Dio e con i fratelli. Dobbiamo chiederci: cosa posso fare per custodire la presenza di Dio in me e l’amore per i fratelli a partire dall’amore di Dio? Porsi questa domanda significa stare nel faticoso lavoro della vita spirituale e dell’apprendimento della sapienza cristiana e della saggezza pastorale della chiesa.

La terza tentazione è quella del potere. È ben più che una tentazione ed è sotto gli occhi di tutti: attraverso i social o lo scempio che fanno alcuni politici, l’inclinazione a sfruttare una situazione grave a proprio vantaggio, l’occasione di volere avere ragione o di dire l’ultima parola, o di essere più forti degli altri. Gesù ci mostra, senza mezzi termini, che questa tentazione può solo essere scacciata: “Vattene!” dice al diavolo, mostrando che dobbiamo avere un’opposizione radicale a questi atteggiamenti che risvegliano in noi il desiderio sottile di dominare, di avere potere, di essere migliori degli altri. “Vattene!” è l’unica parola da opporre: l’unica forza che ci permette di non mettere una barriera tra noi e gli altri e di non allontanarci irrimediabilmente da Dio.

Don Davide




Fuggi, fai silenzio e…sii felice

Tutta l’attenzione della settimana entrante è volta all’inizio della Quaresima, anche se – in realtà – c’è un’ultima piccola grande cosa che ci rallegra prima della preparazione alla Pasqua: si tratta del primo esperimento della danza liturgica. Alcune bimbe si sono preparate in questi mesi con Anna Maria, una brava maestra, per dare vivacità alla liturgia ed esprimere una partecipazione ancora più attiva. Alla messa delle 11, animando uno dei canti, porranno questo primo segno, a cui speriamo se ne aggiungano altri. Mi piacerebbe che in qualche occasione festosa, potessero essere accompagnati con il coinvolgimento di ragazzi e ragazze la processione introitale, il Gloria, la processione offertoriale e il Santo.

Tornando alla Quaresima, siamo invitati a iniziare questo tempo speciale prendendo parte alla Celebrazione delle Ceneri. Il Mercoledì delle Ceneri non è di precetto, ma proprio per questo dovrebbe manifestare il desiderio di un autentico cammino di vita cristiana e non dovrebbe mancare nessuno.

Piante australiane dopo gli incendi

Nella tragica circostanza dei recenti incendi in Australia, ho letto che ci sono alcune specie di piante, in quel paese, che si sono adattate a quest’eventualità e sono diventate capaci di rinascere anche in mezzo a una terra completamente bruciata. Esse sono fondamentali nell’ecosistema australiano e sono in grado di rinnovare la vegetazione devastata. Mi piace pensare che i cristiani siano come queste piante: capaci di riportare un verde brillante nel grigio delle ceneri e a partire da esse.

L’inizio della Quaresima, poi, è caratterizzato da giorni di preghiera raccolti davanti all’Eucaristia. Quelle che erano le tradizionali “Quarant’ore” adesso sono alcuni giorni di spiritualità vissuta comunitariamente, per accompagnarci l’un l’altro dentro a questo itinerario di purificazione di quaranta giorni, che ci permetterà di celebrare la Pasqua con gioia rinnovata.

Non si dovrebbe sottovalutare l’importanza di purificarci! Nel nostro mondo ci intossichiamo allegramente in molti modi… con una superficialità a volte raccapricciante. Siamo diventati più sensibili per le dimensioni fisiche e biologiche, ma siamo molto meno vigilanti contro l’intossicamento spirituale. Volgarità, violenza verbale e di ogni tipo, ingiustizia, mancanza di verità, superficialità… inquinano l’aria spirituale che respiriamo, le cose che vediamo e che udiamo. Sono tossine che entrano e ci condizionano senza che ce ne rendiamo conto. La Quaresima non è un pio esercizio cristiano: è una medicina spirituale molto seria, per reagire a questa epidemia che danneggia la nostra vita.

In quest’ottica, ci sono due appuntamenti preziosi, che ci aiutano a sentirci comunità in cammino e di cui siamo grati.

Il primo è la serata promossa da Alice, Laura e Suor Aurora neo-professa, giovedì 27-02, sul campo Caritas che hanno vissuto l’estate scorsa. Per l’importanza di questo racconto e di condividere coi giovani le loro esperienze migliori, penso che sia un’occasione da non perdere.

Il secondo è l’incontro con Vito Mancuso (sabato 29-02), teologo e scrittore, filosofo e saggista, uno degli autori più letti e seguiti in Italia. Abbiamo la fortuna di poterlo ospitare e ascoltare in parrocchia, anche per legami di amicizia, e a lui abbiamo affidato la riflessione cruciale di questo ingresso nella Quaresima, sul silenzio e il recupero della vita interiore. Anche in questo caso, per il tema e l’occasione più unica che rara, mi auguro che facciamo squadra e sentiamo la responsabilità di non perdere l’opportunità di fare il primo passo insieme, e in maniera così significativa, nel dono quaresimale.

Don Davide




Sempre in cammino verso l’amore

Abbiamo celebrato in questa settimana i giorni dell’amore, che sono stati una grazia per i tanti incontri e per il coinvolgimento della nostra comunità.

È un dono poter coronare le celebrazioni di San Valentino con un evento importantissimo (è proprio il caso di usare il superlativo) e che ci rallegra.

Infatti, c’è un altro amore oltre a quello tra le persone che è in grado di entrare nelle nostre vite, ed è l’amore per Dio, vissuto in una dimensione particolare e specifica.

Non è il caso di fare delle gerarchie come se valesse più l’uno o l’altro, né di farne una questione di quantità, come se ce ne fosse uno che è più totalizzante.

Si tratta di rispondere alla personale vocazione all’amore, nel modo che ci permette di vivere al meglio il Battesimo, la dignità del nostro essere cristiani e la chiamata alla santità.

Ci rallegriamo sinceramente e come una vera famiglia con Aurora, novizia delle Suore Francescane di Palagano, che oggi fa la sua prima professione e diventa suora. Aurora ha vissuto un pezzo della sua formazione nella nostra parrocchia, servendo la comunità come catechista (quest’anno della 4° elementare) con entusiasmo e singolare creatività. Col suo fare semplice, amichevole e giovanile, è diventata anche un punto di riferimento per alcuni giovani e, direi di più, un’amica.

Cammino

Questo giorno, quindi, che celebra l’amore di una ragazza moderna e brillante dato a Dio e alla Chiesa, attraverso la sua famiglia religiosa (sembra scontato, ma c’è ancora chi pensa che le suore siano esseri strani…) è davvero per noi la degna conclusione di questa settimana di doni semplici e belli.

Ripartiamo da qui, gioiosi e incoraggiati perché Gesù continua a ravvivare la Chiesa e col desiderio di farne parte sempre più responsabilmente e da protagonisti, anche in vista della seconda Assemblea della Zona Pastorale, che si terrà domenica 23 febbraio e che ha bisogno dell’entusiasmo e della partecipazione di tutti.

 Don Davide




I giorni dell’amore

San Valentino 2020

Amore atteso (video) – San Valentino 11 febbraio

Amore accolto (video) – San Valentino 12 febbraio

Amore ferito (video) – San Valentino 13 febbraio

Amore celebrato (video) – San Valentino 14 febbraio

Dopo l’accoglienza entusiasta dell’anno scorso, ritornano le celebrazioni di S. Valentino, che quest’anno saranno caratterizzati come: “Giorni dell’amore”. Ciascuno sente il bisogno di celebrare e condividere il suo vissuto legato all’amore, perché è l’esperienza più importante dell’essere umano; questo fatto genera interesse, partecipazione e senso di vicinanza. 

L’obiettivo di quest’anno è coinvolgere un numero ancora maggiore di giovani e sottolineare che non vogliamo pregare solamente “per” le persone nei loro differenti stati di vita, ma vogliamo soprattutto pregare “con”: esprimere cioè empatia, amicizia, rallegrarci o farci forza insieme. 

Le celebrazioni inizieranno in compagnia dei single, che potrebbero vivere la ricorrenza di S. Valentino con un po’ di nostalgia o di dispiacere. Abbiamo conservato il momento di preghiera, per affidare al Signore la ricerca vocazionale, ma snellito le modalità della cena, per avere più possibilità di incontro e di dialogo, per fare un gioco insieme ed avere un bel clima di festa.  

Ci sarà poi l’incontro dei fidanzati con il cardinale arcivescovo. Per favorire il coinvolgimento dei giovani, le modalità saranno molto smart e il dialogo con il vescovo avverrà in un bel locale nel mezzo dell’aperitivo. A questo appuntamento, che privilegia intenzionalmente la partecipazione dei giovani fidanzati, si affiancherà quello della celebrazione degli anniversari (non solo quelli speciali, ma tutti!) proprio il giorno di S. Valentino. 

Tra questi due appuntamenti, un’attenzione privilegiata e affettuosa per chi ha vissuto o vive tutt’ora una sofferenza causata dall’amore. Abbiamo pensato a chi ha vissuto la separazione o il divorzio, ma anche a chi è ferito per un tradimento o una fatica nella relazione, oppure a chi ha subito una grande sofferenza o una delusione amorosa che fa fatica a passare. Vorremmo che tutti si sentissero coinvolti per essere tutti consolati e incoraggiati.  

Ogni uomo e ogni donna desiderano, in fondo, soltanto amare ed essere amati. Speriamo che questi giorni ci possano fare conoscere la strada per questa felicità che Dio vuole per tutti e ce ne indichino il sentiero migliore.  




L’anno che verrà

La prima domenica dell’anno civile e la Festa dell’Epifania ci spingono a guardare avanti, a quello che accadrà in quest’anno.

Abbiamo di fronte a noi un momento molto importante, la visita pastorale del Vescovo alle zone del Vicariato Centro, a partire da ottobre 2020, in modo particolare quella alla nostra Zona S. Felice dal 3 al 6 dicembre 2020.

Sembrano appuntamenti lontani, addirittura dopo l’estate, ma in realtà nei tempi “pastorali” sono vicinissimi e bisognerà incominciare a prepararli fin da subito, a gennaio.

Intanto, ci avvicineremo a questo grande appuntamento, con i momenti che il vescovo ci ha indicato per il cammino di quest’anno:

  1. la preghiera meditata sul racconto della Samaritana, domenica 19 gennaio, alle ore 18, presso la Chiesa di Sant’Isaia;
  2. la seconda assemblea di zona, domenica 23 febbraio, alle ore 16, presso la Parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo.

Queste saranno le occasioni per cominciare a incontrarci e a riflettere su come accogliere il vescovo nella visita alla nostra zona pastorale.

Vorremmo inoltre vivere un momento di particolare accoglienza per tutte le famiglie che hanno battezzato i figli negli ultimi tre anni, in occasione della Domenica della Samaritana (3° domenica di Quaresima, il 15 marzo, alle ore 11).

Infine, ma non da ultimo in ordine cronologico, grazie all’interessamento di alcuni parrocchiani, della Caritas parrocchiale e dei giovani, ci attende anche una serie di incontri molto importanti sui grandi temi delle migrazioni, dell’ospitalità e delle questioni connesse, decisive per il nostro modo di essere uomini e cristiani.

Ci attendono grandi cambiamenti, perché la trasformazione della chiesa è in atto. Dovremo avere come riferimenti per accogliere questi cambiamenti ed esserne protagonisti proprio i tre elementi che emergono dagli appuntamenti ricordati:

  1. il desiderio di comunione e di uscita dal campanilismo parrocchiale;
  2. la parola di Dio come guida, letta e pregata non solo nella liturgia comunitaria, ma sempre di più anche nella dimensione personale e intima di ciascuno;
  3. il Battesimo, come sorgente della nostra vocazione a essere protagonisti e responsabili della vita della Chiesa, facendocene carico perché è “nostra”.
  4. L’attenzione ai poveri e alle sfide del tempo, come criterio della nostra capacità di interpretare e discernere la realtà e l’edificazione del Regno di Dio nel mondo.

 

Don Davide




La festa “giusta”

C’è qualcosa di profondamente giusto nel celebrare il Natale.  

Giuseppe riconosce che accogliere la gravidanza di Maria era la cosa giusta da fare. I pastori capiscono quanto fosse giusto rispondere all’invito degli angeli e quel segno loro dato. I Magi, infine, imparano senza ombra di dubbio che è Betlemme la città giusta. 

L’unica cosa sbagliata sembra il momento: lontano da casa, in condizioni precarie. Eppure, nel racconto non abbiamo davvero la percezione che sia così… 

A ben vedere, non poteva che essere a Betlemme, secondo i profeti. E anche quella tanto bistrattata mangiatoia – “perché non c’era posto per loro nell’alloggio” (Lc 2,7) – sembra piuttosto un tentativo di dare a tutti i costi un riparo, e un aiuto, a quella coppia. 

Infatti, il racconto descrive la scena senza tensione: “Diede alla luce il suo figlio primogenito” (Lc 2,6). 

Quando il Natale sboccia per noi possiamo abbandonarci fiduciosi alla provvidenza che porta; abbiamo sempre la convinzione di non esserci preparati abbastanza, che sia arrivato troppo in fretta, senza che ce ne rendessimo conto, ma in realtà… non importa. 

Ciò che conta è che possiamo percepire che la festa del Natale è una cosa giusta e buona che il Signore compie per noi: che ci regala un momento di intimità, un sussulto di sensibilità, un attimo di pace con noi stessi, una gioia in famiglia, uno scambio d’amore, un accenno di speranza. 

Non importa se e quanto piccoli siano queste esperienze. Se siano assediate da avversità o da tristezze, se appaiano inopportune. Gesù si rende presente e ritiene che sia giusto che tutta la gioia possibile di questo momento ti sia donata.  

Lo sai che non sei escluso dalla festaMa prova anche a capire cosa significa profondamente: la bontà di Dio ti riguarda. Il Signore ha acceso questa luce per te e non verrà offuscata dal buio. 




Fare festa

È un tratto del mondo di oggi la difficoltà di fare festa. Per lo più accade che quando si “deve” festeggiare, o si organizzano cose che alla fine risultano tutto fuorché gioiose e dinamiche, o si eccede in atteggiamenti smodati. Capiamo invece il senso della “festa” quando nasce una serata fra amici così bella e spontanea, dove si è dialogato, scherzato e condiviso, che torniamo a casa con il cuore pieno di affetto e grati per quel momento.

Le feste dovrebbero essere così.

Il primo motivo per cui vogliamo fare festa oggi – e vorremmo che la festa fosse come ho descritto – è il compleanno di don Valeriano, che ha superato di un balzo gli 80, come si diceva che da giovani “saltavamo i fossi per la lunga”. Vorremmo, quindi, trovarci a fare festa con lui, cogliendo nella quotidianità meravigliosa con la quale lui è sempre al servizio della nostra comunità quella dimensione affabile, spiritosa e spontanea che è il tratto più autentico di ogni festa. Non c’è niente di più bello che festeggiare con qualche attenzione chi in realtà è sempre con te.

La seconda ragione di festa è l’Azione Cattolica (AC): questa associazione così importante per la storia della Chiesa contemporanea e irrispettosamente bistrattata e poco valorizzata, proprio negli anni in cui sarebbe più preziosa. L’AC, infatti, ci ha insegnato la forma stabile, umile e seria di servizio alla comunità cristiana che i laici possono e devono avere in seno alla Chiesa. Tutti i movimenti e le associazioni, di fatto, hanno avuto un esempio e un’apripista nell’AC e le parole della sinodalità e della corresponsabilità, che sono tanto preziose nella pastorale di oggi, sono state il DNA dell’AC fin dall’inizio. A questo proposito, l’AC ricorda a tutti che questo stile di Chiesa non si improvvisa e non è questione di buona volontà o di impegno di conversione pastorale del singolo.

La corresponsabilità e la sinodalità sono uno stile indispensabile e frutto di competenza umana, spirituale e pastorale, che va appreso in una lunga scuola di vita e di formazione. Per questo motivo, tale abito virtuoso del cristiano va riconosciuto e scelto insieme, in maniera pubblica e ufficiale, con un impegno stabile, in relazione, non lasciato alle voglie o alla buona volontà, ma legato e associato ad altri che sostengano e richiamino il senso della nostra responsabilità.

Vorrei che questa consapevolezza fosse compresa più profondamente e accolta con più convinzione, sia dagli adulti, sia dai giovani, a cui spetta la scelta se edificare la Chiesa di oggi e di domani.

Infine, in questa domenica festeggiamo il quinto anniversario del mio arrivo a S. Maria della Carità e S. Valentino della Grada. Se ci siano veri motivi per festeggiare lo lascio decidere a voi, tuttavia, invitarvi a festeggiare significa, da parte mia, riconoscere e testimoniare la bellezza di stare insieme, la gioia di una comunità fraterna e amichevole, e il desiderio di continuare a condividere le dimensioni più umane e lo slancio di testimoniare Gesù che ci fanno abitare la vita allo stesso tempo grati e con la nostalgia del Regno.

Le feste sono anche un’occasione per fare i ringraziamenti. Permettetemi, allora, di ringraziare Pierluigi e Maria Carla Zani per il Mercatino di S. Valentino e le signore del Borghetto per il Mercatino del Borghetto. Con il loro aiuto e la loro disponibilità, la comunità ha ricevuto un prezioso contributo per le attività parrocchiali. Anche questo è un importante gesto di corresponsabilità, tanto più significativo in quanto concreto e animato da vero spirito di servizio.

Don Davide




La Parola di Dio che si fa carne

La dimensione spirituale, nella vita cristiana, viene spesso descritta da un’esperienza fisica. Si parla della sete, della fame, della fatica, della lotta… Lo Spirito, infatti, non è un fantasma svolazzante, né qualcosa di semplicemente invisibile… Lo Spirito è la forza di Dio Padre, che rende la presenza del suo Figlio in mezzo a noi tangibile, reale.  

Così, la Parola di Dio che si è fatta carne nella storia, vuole farsi carne nella nostra vita. 

Il tempo dell’Avvento è il tempo di questa gestazione. Un tempo di ascolto rinnovato della Parola di Dio scritta; quella raccolta nelle Sacre Scritture, che sono pagine da leggere, da amare e da custodire. Una parola che Dio ci vuole rivolgere personalmente, quindi da meditare nel silenzio, con il proprio metodo e la propria sensibilità. 

In Avvento cerchiamo un rifugio dalla dispersione: al mattino quando i termosifoni non hanno ancora scaldato pienamente la casa, o alla sera nell’atmosfera ovattata delle luci di Natale, mettiamo gli occhi su quelle parole – possono essere il Vangelo del giorno, o un testo dei profeti – parole umanissime, eppure divine, e lasciamo che venga plasmata in noi la stessa umanità di Gesù.