Betlemme, Bologna

C’è un tesoro quasi insondabile nel riconoscere che, tra gli eventi altisonanti del mondo, Gesù nasce nella casa di persone di cui non viene ricordato nemmeno il nome, in un ambiente affollato. 

Nessuno può sapere se quella famiglia, che si è stretta per fare spazio a due persone e a un nascituro, abbia mai realizzato di avere offerto ospitalità al Messia. Ci avranno pensato quando, nella vicina Gerusalemme, crocifissero un uomo di nome Gesù di Nazareth? Avranno ricordato di avere ospitato circa trent’anni prima una famiglia di Nazareth, che chiamò il figlio Gesù? E dopo, qualcuno di loro è diventato cristiano? Avranno scoperto che il Salvatore del mondo, il Cristo di cui ora professavano la fede, il Dio incarnato era quel bimbo che una notte ormai perduta nel tempo era nato nella loro casa, da una giovanissima mamma e da un papà premuroso? 

Ci piace pensarlo, ma non possiamo saperlo. 

Il Vangelo non ce lo dice non per un’imperdonabile trascuratezza riguardo a questa famiglia che avrebbe dovuto essere considerata enormemente per il suo gesto; né perché Giuseppe e Maria si siano scordati di chiedere i loro nomi, di ringraziarli e di tramandare questo gesto di ospitalità insperato; ma perché così, in questo non avere un volto, un cognome e un indirizzo, quella casa lascia una casella vuota che può essere occupata, in futuro e per tutte le generazioni dei secoli, dalla nostra famiglia e dalla nostra casa. 

Via Ugo Lenzi, Piazza della Resistenza, via dell’Abbadia come Betlemme. “Venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Potremmo parafrasare così: “Venne [in quel tempo a Betlemme] ad abitare in mezzo a noi [oggi, qui nelle nostre case]. 

Non vorrei pensare solo all’immagine di qualcuno di noi che dà un letto di fortuna a Gesù, perché tutti i bed ‘n breakfast e tutti gli hotel sono occupati. Si potrebbero fare molte associazioni, ma non voglio limitarmi a questo.  

Voglio che pensiamo agli infiniti modi in cui nelle nostre case diamo ospitalità a Gesù, spesso in maniera che ci appare insignificante o totalmente irrilevante rispetto al corso della storia, ma che possono essere un gesto decisivo e un momento di redenzione del mondo. 

La grazia del Natale non è tanto sapere quello che possiamo fare noi, o essere contenti per come siamo “capaci”, ma riconoscere che nel suo venire in mezzo a noi, in quel modo discreto e nascosto, misterioso e semplice allo stesso tempo, Gesù ci trasforma e ci fa il dono di essere quello spazio accogliente e così decisivo, ancorché pieno di limiti – perché uno spazio residuale, che si porta dietro sempre tutte le nostre fatiche – per la salvezza più grande che sia entrata nella storia.  

Potremmo osare di riscrivere il Vangelo di Luca così: Quando non c’erano più gli imperatori, ma molti potenti che dominavano le nazioni; al tempo in cui non c’erano i governatori delle regioni, ma pochi ricchi che si spartivano le risorse del pianeta; quando Francesco era papa e Matteo vescovo, Gesù continuava ad entrare in molti modi nelle nostre case e a renderci protagonisti, senza che alcuno se ne potesse accorgere, della salvezza del mondo. 

A ciascuno di noi il compito di continuare la storia. 

Tanti auguri di buon Natale, vissuto santamente e con gioia! 

Don Davide