Come dire: “Gesù è risorto”?

C’è un contrasto significativo tra la resurrezione di Gesù e la vicenda di dolore e di morte che lo ha portato alla croce. Lo stesso contrasto si ripete tra l’annuncio festoso della resurrezione, e un mondo profondamente segnato dalla violenza, dall’ingiustizia e dalla morte.

Noi diciamo: “Gesù è risorto, rallegriamoci!”, perché viviamo in pace, perché il giorno di Pasqua ci troveremo con amici e parenti, perché festeggeremo con serenità.

Ma come dimenticare tutti coloro che celebrano questo annuncio: “Il Signore è risorto! La morte è stata sconfitta!”, in una situazione dove tutto contrasta con queste affermazioni? E senza andare lontano, come fare sì che la parola “Pasqua” sia vera anche per chi in questo giorno se ne dovrà stare solo, per chi non avrà una tavola riccamente imbandita, per chi sperimenterà l’angoscia, la disperazione o il lutto?

Quando noi cristiani interpretiamo la Pasqua, non possiamo trascurare che questo evento viene annunciato dalla Chiesa a dispetto di tante circostanze avverse. Come fare sì che il nostro annuncio non si svuoti, non sia vano o insignificante?

La Pasqua è, anzitutto, una speranza. Un’iniezione di fiducia al mondo.

Poi la Pasqua è anche una meta. Procediamo di resurrezione in resurrezione, per dare una direzione alla nostra vita, per imparare ad amare, per correggere gli errori e l’inesperienza del passato. Il Signore, con la sua resurrezione, ci accompagna e ci dà un senso, fino a quando potremo fare Pasqua con la nostra stessa vita.

Infine, la resurrezione di Gesù è una benedizione per tutti quelli che accettano di affrontare il faticoso cammino della vita con fiducia, allargando il cuore e alleggerendo il peso, affinché la gioia dello Spirito possa animare realmente una nuova vita.

Don Davide