La Veglia di Pentecoste: un appuntamento per tutti

1)Il cammino di questo anno pastorale che si sta concludendo è guidato dalla pagina del libro degli Atti degli Apostoli che racconta la discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste, inizio della Chiesa. È lo Spirito che permette a ciascuno di udire gli apostoli nella propria lingua (Atti 2,6), frutto di una comunità che piena dello Spirito trova se stessa andando incontro agli altri. La Pentecoste trasforma degli uomini deboli e paurosi in testimoni gioiosi, rigenerati nella fede.

2) Vorrei che la celebrazione liturgica della Veglia di Pentecoste, nella serata di sabato 8 giugno, sia occasione per vivere oggi e nella nostra storia una rinnovata effusione dello Spirito. Questo anno per la nostra Chiesa di Bologna è contraddistinto dalle prime Assemblee di Zona che sono state un momento di confronto e di consapevolezza delle sfide e della realtà delle nostre comunità. Desidero che la Veglia sia un’altra Assemblea di Zona, questa volta interamente liturgica, per chiedere e sperimentare il dono dello Spirito di amore che “ci insegnerà ogni cosa”.

3)La Veglia si svolge in tutta la Diocesi simultaneamente, per indicare che siamo parte tutti della stessa Chiesa e che vogliamo avere un cuore solo ed un’anima sola. Ci raccoglieremo per Zona pastorale o per zone vicine che si accordano tra loro. Siano presenti tutti i soggetti (Parrocchie, Religiosi, Comunità, Associazioni, Movimenti e Aggregazioni laicali) per vivere un momento di grande comunione e di forza nello Spirito, che ci renda consapevoli dei suoi doni e ci trasformi in 5 testimoni gioiosi del suo amore. I carismi di ognuno e di tutte le nostre comunità, piccole e grandi, sono importanti per una Chiesa piena dello Spirito di Dio. Vorrei che tutti i presbiteri e i diaconi operanti nella zona pastorale siano presenti e concelebrino la Veglia, presieduta possibilmente dal Moderatore. Il presidente dell’Assemblea della Zona pastorale abbia una funzione specifica nella regia della preparazione e nello svolgimento della celebrazione (monizione iniziale e conclusiva). […]

6)La veglia sarà proprio come il Cenacolo, la stanza dove si celebra l’Eucaristia, il luogo proprio della preghiera e dell’effusione dello Spirito. Ci aiuterà a riscoprire il valore dei nostri luoghi di preghiera, della liturgia e dei sacramenti, luoghi dello Spirito e presenza di Cristo, sorgente di grazia per la nostra vita. […]

13)La veglia prevede la celebrazione della Messa vigiliare della Pentecoste, come stabilito dal Messale e secondo le indicazioni che verranno date dall’Ufficio Liturgico. A motivo del carattere diocesano di questa celebrazione, desidero che in ogni Zona pastorale (o gruppo di Zone riunite) vi sia in quella vigilia una sola celebrazione.

[…] Nella Veglia chiediamo il dono della fraternità, perché impariamo ad amarci gli uni gli altri come Gesù insegna.

 

+ Matteo Maria Zuppi, Vescovo – Notificazione per la Veglia di Pentecoste 2019




Maria, nel cuore di tutti

In questa settimana ci affidiamo nella preghiera a Maria, chiedendo la sua intercessione mentre ci rallegriamo di una duplice occasione di grazia, poiché abbiamo l’occasione di venerare la madre di Gesù con i due titoli a noi più cari: quello di B. V. di San Luca in quanto bolognesi e quello di B. V. della Salute in quanto parrocchiani.

Accompagna la preghiera dell’Ottavario alla B. V. della Salute la meditazione dell’ultimo capitolo della bellissima enciclica di Papa Francesco Laudato sii, sull’ecologia. In questa parte, il papa propone una vera e propria via spirituale, una spiritualità integrale della presenza del cristiano nel mondo, che è anche un atto di servizio e di amore per le generazioni future.

È infatti soprattutto per i giovani che i cristiani sono interpellati a custodire il pianeta che Dio ci ha donato di abitare come patria terrestre; in questo senso la preghiera dell’Ottavario si collega con quella dell’anno scorso, in cui predicarono i giovani, ed è in continuità con le loro aspirazioni e speranze.

In quest’anno, poi, il vescovo come sappiamo ci ha esortato ad avere al centro della nostra meditazione il mistero della Pentecoste, il dono dello Spirito Santo sulla Chiesa. In questo senso, l’attenzione posta su una via spirituale da seguire è in sintonia anche con il cammino della Chiesa di Bologna. Il tema della custodia del creato, inoltre, ci pone – nella preghiera – al centro delle questioni cruciali della storia di oggi.

Infine, la preghiera dell’Ottavario si “colora” nel vero senso della parola di un’attenzione che sicuramente toccherà il cuore di tutti noi. È infatti in corso un progetto di restauro della venerata immagine a noi cara, che ha una importante tradizione nel bolognese ed è conosciuta anche come Madonna delle rondini o Madonna del cardellino. L’ultimo giorno dell’Ottavario, venerdì 31/05 alle ore 20,15, cioè prima della preghiera, presenteremo proprio questo progetto, in modo da rendere tutta la comunità partecipe e protagonista di questa iniziativa.

È bello sperare di potere vedere nuovamente splendente, nella cappellina a lei dedicata, che l’anno prossimo ospiterà anche una nuova mostra artistica, la nostra immagine della Beata Vergine della Salute.

Don Davide




Solo ragazzi?

Quarantotto ragazze e ragazzi della nostra parrocchia ricevono la Cresima e questo comporta un duplice passaggio, se lo vorranno accettare: prima di tutto scegliere la propria fede in modo consapevole e libero, come un percorso che vorranno portare avanti non perché glielo dice qualcun altro, la società, le convenzioni, ma perché ne hanno fatto e ne faranno esperienza sempre più diretta.

In secondo luogo, essere cristiani testimoni del Signore risorto e dello Spirito Santo che anima la vita della Chiesa e del mondo. I cresimati hanno il dovere di portare il sigillo: in genere, nelle avventure fantasy o nei film di avventura, il marchio indelebile lo portano i loschi figuri, i personaggi negativi delle storie; in questo caso il marchio indelebile è portato dai testimoni dello Spirito Santo e si dovrebbe vedere sulla loro fronte per il brillare del Sacro Crisma (l’olio misto a balsamo consacrato) e per la chiarezza della loro testimonianza.

Troppo presto a dieci o undici anni per assumersi questo impegno?

In questi giorni ho visto con piacere lo spot dell’Unicef sull’importanza del protagonismo dei ragazzi. Recita così: “Loro dicono: capirai quando sarai più grande, ora sei solo un bambino. Ma un bambino ha nuotato in mare aperto per tre ore per salvare diciotto vite… un bambino ha superato le barriere di protezione per tenere insieme la sua famiglia di migranti… Un ragazzo era stato costretto a fare il soldato in una brutale guerra civile e ora è diventato un paladino dei diritti umani e della pace liberando altri bambini dalla violenza… Una ragazza ha combattuto per il diritto delle bambine all’educazione… ed ha vinto il premio nobel per la pace… E una ragazza ha detto la verità ai potenti ispirando un movimento storico contro il cambiamento climatico… […] I ragazzi stanno prendendo la parola; i ragazzi stanno reclamando i loro diritti; i ragazzi stanno agendo ora per un domani migliore.” (Unicef, Just a Kid)

Nella foto della manifestazione contro il cambiamento climatico, una delle protagoniste porta un cartello che dice: “Abbastanza grande per salvare il pianeta.”

Sì, ragazze e ragazzi: siete abbastanza grandi per fare cose belle e importanti. Non importa che siano piccole o grandi, conta che sia la vostra azione. Lo Spirito della Cresima vi abilita a farlo.

La cosa che mi pare più sorprendente e clamorosa, in questo giorno della Cresima, è che i ragazzi ispirano la nostra responsabilità e risvegliano le nostre coscienze, ecclesiali e civili.

Sono proprio loro a farlo. Prendo ad esempio le parole che ritengo meravigliose di Greta Thunberg, che nel suo libro – per inciso – risponde puntualmente a tutte le becere obiezioni che le sono state fatte. E non cambia niente che l’abbia scritto lei o che sia stata aiutata a farlo. La potenza di queste parole rimane intatta e diventa l’augurio più bello e forte che possiamo fare a voi, ragazzi e ragazze della Cresima, e per noi adulti.

“Noi, ragazzini, non dovremmo fare questo. Mi auguro invece che siano gli adulti a prendersi le loro responsabilità e a fare questo, ma finché nessuno farà qualcosa, lo dobbiamo fare noi.” (Greta Thunberg)

Giovani amiche e amici, noi non vogliamo sottrarci al nostro compito e cercheremo di esserci, di pensare al futuro, di farvi spazio e non di lasciarvi solo macerie, ma una chiesa e un mondo migliori. Ma anche se noi non fossimo sempre capaci, non abbiate paura: lo Spirito Santo vi dà tutto ciò di cui avete bisogno.

Ora siete voi i protagonisti.

Don Davide




“Nessuno li strapperà dalla mia mano” (GV 10,28)

Le letture di questa domenica sono stupende per accompagnare la Prima Comunione di 25 bimbi della nostra parrocchia.

Nella prima entra in scena Paolo, il grande apostolo, a cui il Signore dice: “Io ti ho posto come luce per i popoli, perché tu porti la salvezza fino agli estremi confini della Terra”. La immagino come una benedizione e una promessa per questi bimbi di oggi, che saranno gli uomini e le donne del futuro. Un futuro in cui ci sarà bisogno di gente che faccia luce, di tedofori, in un mondo dove i confini della Terra saranno tutti più vicini (lo sono già) e porosi. E anzi in un mondo dove forse non ci saranno confini…

Nella seconda, c’è la grande visione del libro della Rivelazione, degli uomini e delle donne che stanno con piena dignità di cuore e di sguardo davanti al trono di Dio e dell’Agnello. Dunque, a questi giovanissimi uomini e donne di oggi, li immaginiamo come uomini e donne adulti che avranno costruito la loro persona e le loro vite in modo da non avere paure, e di potere stare di fronte a Dio, che li chiama figli e fratelli.

Luce per tutti e messaggeri di una salvezza attesa e desiderata, con tutta la bellezza della loro personalità.

Ci potrebbe quasi spaventare una prospettiva così luminosa; potrebbe sembrarci addirittura accecante.

Ma il Vangelo ci aiuta a guardare a questo augurio che facciamo ai bimbi nella giusta prospettiva: non un eccesso di responsabilità e un carico troppo pesante da portare, come se fossero solo delle aspettative scaricate sulle loro spalle. Bensì la garanzia che li accompagna in questo cammino d’amore gratuito e operoso di Dio Padre: cioè una custodia tenace di Dio, attraverso Gesù, nei loro confronti.

Gesù li conosce tutti questi 25 bimbi, uno per uno, come e se possibile anche meglio dei loro genitori. Con loro stabilisce una confidenza unica e di loro dice che nessuno li strapperà dalla sua custodia premurosa, anzi: guai a chi ci volesse provare!

Per loro Gesù promette addirittura la protezione invincibile di Dio Padre.

Non potremmo immaginare sentimenti e benedizioni migliori per dire a questi bimbi quanto affetto sentiamo per loro e che, come comunità cristiana, ci auguriamo di potere essere sempre un grembo di vita buona e felice.

Don Davide




Gettare le reti

Il racconto struggente dei primi giorni dopo la resurrezione, narra la fatica dei discepoli di riprendere il loro impegno. Pietro dice: “Io vado a pescare” demotivato e quasi sconsolato. L’esito è disastroso: “In quella notte non presero nulla”.

Eppure, sulla riva si presenta uno sconosciuto, che invita a “gettare le reti” in un modo particolare: in realtà non conta il modo, ma che venga fatto sulla sua parola. La pesca è abbondante. Improvvisamente quelle parole risultano come un codice che fa scattare una serratura e permette ai loro occhi, ma soprattutto al cuore, di riconoscerlo.

Gettare le reti. Di nuovo.

La storia con i discepoli è iniziata con Gesù che li invita a “gettare le reti” e ad essere “pescatori di uomini” (cf. Lc 5,1-11) e l’evangelista Giovanni fa una solenne re-interpretazione di questo inizio e ci dice che il messaggio della resurrezione si condensa sostanzialmente in questo: nell’ascoltare di nuovo, ancora e con coraggio quell’invito: “gettate le reti” e scoprire che una nuova energia di vita si è impadronita di noi e delle nostre azioni, e la sua grazia si manifesta.

Siamo quasi alla conclusione dell’anno pastorale. Il cammino è stato lungo. Alcune volte si è tentati di pensare che non ne valga la pena, che si raccoglie poco, che l’evangelizzazione tentenni.

In realtà, veniamo dai giorni belli di Pasqua e della Domenica in Albis con il Battesimo di alcuni nostri amici e amiche grandicelli; domenica prossima avremo le Prime Comunioni di un gruppo di bimbi entusiasti e divertenti; quella successive la Cresime del gruppo più numeroso, in un contesto di grande famigliarità, presiedute da don Valeriano.

Questi sono i segni di una chiesa viva, della grazia del Signore che agisce misteriosamente e che ci motiva nell’ascoltare ancora la sua chiamata: “gettate le reti”.

Gettate le reti, non la spugna.

Il Signore ha un popolo numeroso in questa città.

Anche se siete quasi alla fine, e pensate al riposo… gettate le reti! È un’azione da fare senza stancarsi, perché da questo incontro con il Signore risorto, nascono nuovi cristiani e la Chiesa.

Don Davide




La domenica dei battezzati

Siamo felici, in questa domenica, di celebrare il Battesimo di due bimbe del catechismo, insieme a un’amichetta più piccolina.

Il Battesimo, infatti, ha sempre due sfumature, ed è bene che siano entrambe presenti nella comunità cristiana.

La prima è quella del dono incondizionato, tanto incondizionato da non richiedere nemmeno la consapevolezza: è il caso dei bimbi che vengono battezzati appena nati, o ancora infanti… come la nostra piccola amica Caterina oggi. Il Battesimo, in questo caso, mette in luce l’amore di Dio totalmente gratis che ci precede, non ci chiede nulla e ci avvolge di un affetto e di una premura molto più grandi di quelle che ci potremmo mai immaginare: quelle di una famiglia e di una comunità cristiana.

La seconda sfumatura, invece, è quella di una scelta accolta dopo essere maturata. È il caso di Eva e Victoria, che hanno fatto un po’ di percorso del catechismo e insieme alle loro famiglie hanno deciso di ricevere anche loro il sacramento del Battesimo.

Entrambi questi aspetti ci aiutano a ricordare e scoprire il vero significato del sacramento più importante di tutti: esso è un dono e anche una scelta; una grazia e un impegno; la cosa che sta all’inizio della nostra vita cristiana, che segna l’inizio del nostro apprendimento, ma anche il valore più grande, che dice che nella Chiesa noi siamo già sufficientemente autorevoli per annunciare il Vangelo e prenderci cura dei nostri fratelli e sorelle.

Lo dico sempre: il Battesimo è l’unica vera e la più grande dignità di ogni cristiano. E il nostro vero orgoglio. Per questo, in realtà, ciascuna delle due sfumature di cui ho parlato sopra, prevede anche l’altra. Non c’è dono che non vada custodito, fatto crescere e reso sempre più consapevole. Non c’è scelta che non sia preceduta dall’amore di Dio che si dona gratuitamente a noi e che, proprio grazie a questa scoperta sorprendente, ci sostiene nel nostro cammino.

Ringraziamo Eva e Victoria, così come anche Daniel Steven nella notte di Pasqua, e anche le famiglie dei bimbi più piccoli, perché il Battesimo è anche il segno di una comunità materna e fraterna, che sa ancora generare alla fede, e questo ci dà speranza.

 Don Davide




Pasqua

Il divino che squarcia la storia

Pasqua è l’irruzione della luce nel buio, il divino che squarcia il mistero ed entra nella storia disillusa, affaticata, spesso incredula. È una sorpresa impossibile da prevedere, del tutto inattesa, ancorché sperata.

Nelle pagine buie della nostra vita, nella routine opaca e sopra a tutti i nostri tentennamenti si posa la visita di Dio, come il volo di una farfalla colorata su un fiore.

Ma

la luce che sfolgora è così intensa da illuminare anche la gioia più grande, come in uno stadio coi fari accesi sopra cui sorgesse la luce del Sole.

Che cos’è dunque, questo tocco di Dio capace di fare risplendere il buio e di superare la luce?

Non si può definire: è una stella cadente nelle sere d’estate. Bisogna stare appostati e attenti. Esso lascia una traccia tutte le volte che la vita si manifesta con il suo profumo di vittoria sulla morte e svela i suoi mille sapori, come un calice del vino rosso migliore e bene accompagnato.

Il nostro gusto si attiva di fronte a un gesto di amore autentico, alla gratitudine espressa senza finzioni, agli atti di eroismo di chi si prende delle responsabilità per il bene, spesso senza suonare la tromba davanti a sé.

Quando qualcuno consola, quando si reagisce alla grettezza con gesti di umanità, quando la convinzione del nostro valore e della preziosità della nostra esistenza si fa largo, quasi per intuizione, nella nostra coscienza…

È allora che Gesù ci chiama per nome, come Maria nel giardino, e si svela Risorto.




Il Cero

Nella Veglia Pasquale, cuore di tutto l’anno liturgico, alimento della fede e sorgente della nostra spiritualità, viene incensato il Cero, segno per eccellenza di Gesù risorto con la sua luce, che rischiara l’oscurità. Dalla Veglia in poi, il Cero domina il presbiterio, fino a Pentecoste, in posizione di particolare rilievo accanto all’altare.

Tutto l’anno pastorale, accanto ai ragazzi del catechismo e dell’ACR, è stato incentrato sulla metafora del gusto, come chiave di interpretazione dell’esperienza della fede. Una fede bella e significativa per la vita, positiva e appassionata: una fede “gustosa”, appunto. Sapida e sapiente, profumata e invitante anche per chi ci osserva e si avvicina.

Cero Pasuqlae

Il Cero pasquale di quest’anno è di cera d’api: lo abbiamo voluto così, particolarmente profumato e originale anche alla vista.

Il Cero, in questo modo, non è solo un “segno” di Cristo risorto; né è il racconto e un invito, per noi, a fare parte della storia che narra.

La luce del Signore illumina le tenebre, rischiara la notte, permette di orientare i propri passi, suscita emozione e speranza, profuma, invita alla preghiera. Ugualmente, l’incontro con il Risorto – l’intima esperienza spirituale della sua verità e vicinanza – si realizza ogni volta che questi processi accadono nella testimonianza dei cristiani. Quando qualcuno illumina una situazione buia e faticosa; quando siamo aiutati nel nostro cammino; quando si risvegliano le emozioni come l’amore, la gioia, la compassione; ogni volta che la vita di un uomo o una donna sono esemplari e quando ci sentiamo attratti alla preghiera e alla lode… allora Gesù risorto si rende presente e si fa incontrare da coloro che sono sensibili e hanno l’umiltà di riconoscerlo.

Questo è il compito dei cristiani, che dopo i giorni della Quaresima, si prendono un altro impegno per il tempo in cui bisogna testimoniare la resurrezione di Gesù: quello di sapere mostrare il gusto della vita cristiana e la bellezza della fede, senza presunzione o giudizi, ma con un grande senso di fraternità dilatata e di amicizia condivisa.

Mi ha sempre colpito che l’elemento che conferma la resurrezione di Gesù, dopo il sepolcro aperto e vuoto e la testimonianza delle apparizioni del Risorto, sia proprio la presenza di una comunità nuovamente radunata, viva nella vivacità dello Spirito Santo, amorevole e dedita all’evangelizzazione e al servizio dei poveri.

Sono i segni del buon profumo di Cristo.

Sono i segni dei cristiani che tengono accesa la fiamma profumata della fede. E noi chiediamo la grazia di essere tra questi.

Don Davide




La Croce

La liturgia del Venerdì Santo è una celebrazione intima e di grande raccoglimento. Si inizia in silenzio, prostrandosi davanti all’altare e al presbiterio completamente spoglio. Anche la sede viene spostata davanti alle panche, nell’assemblea, perché tutti – chi presiede la celebrazione, i ministri e il resto del popolo di Dio – siano di fronte al mistero della Passione, in ascolto della Parola.

Segue, infatti, la liturgia della Parola e la proclamazione della Passione dal Vangelo secondo Giovanni. Ci sarà poi la grande preghiera universale, che si eleva in risposta alla parola di Dio e che viene come depositata davanti alla Croce. Il senso di questa lunga preghiera (sono ben dieci!) è proprio quello di essere una ricapitolazione di tutte le suppliche più indispensabili elevate al cielo davanti al grande mistero della redenzione.

Mi piacerebbe, in quest’occasione, fare un piccolo segno. Dieci persone diverse avranno una candela ciascuno. Ad ogni invocazione una candela verrà accesa, rimanendo sul posto. Poi, durante la processione per il bacio della Croce, che seguirà poco dopo, chi ha la candela la deporrà ai piedi della Croce a nome di tutti, come segno di collegamento tra la preghiera e l’adorazione della Croce.

È un gesto molto semplice, per cui chiedo il vostro aiuto. Se qualcuno è disponibile ad accendere e portare la candela, prego di farmelo sapere con anticipo, in modo da organizzarci. La partecipazione attiva di più persone alla liturgia è uno dei grandi auspici della riforma liturgica del Concilio Vaticano II.

Il momento culminante di questa celebrazione è l’adorazione della Croce. Avendo il grande Crocifisso che viene venerato quotidianamente, vogliamo valorizzarlo in questo giorno santo. La Croce che si leverà davanti ai nostri occhi e sulla nostra assemblea sarà proprio il grande crocifisso devozionale. Ovviamente non è possibile portarlo in processione, quindi faremo il rito sul posto.

La Croce verrà svelata per tre volte, dopo ciascuna ci sarà l’incensazione e l’invocazione: “Ecco il legno della croce, a cui fu appeso il Cristo, salvatore del mondo!”, a cui l’assemblea risponderà: “Venite adoriamo” e la luce che illumina la Croce aumenterà di intensità. Nel passaggio tra uno svelamento (e la corrispettiva invocazione) e l’altro, simmetricamente verrà velato un pezzo del trittico In memoria di me. Così si evidenzia il passaggio dalla adorazione dell’Eucaristia, a quella della Croce, che si ergerà in chiesa, fino alla Veglia di Pasqua.

Ancora una volta, l’incensazione riservata a questo momento ci richiamerà al significato forte della seconda manifestazione del sacrificio di Gesù: la sua morte in Croce per riscattare il peccato e per amore degli uomini.

La celebrazione termina con la preghiera del Padre nostro, ripetendo l’estremo atto di affidamento al Padre di Gesù crocifisso, e l’orazione finale. Ricordiamo che – per scelta della comunità parrocchiale e con lo scopo di concentrarsi sui momenti diversi del Triduo – non verrà distribuita la Comunione. La partecipazione al sacrificio di Gesù, infatti, nel Venerdì Santo viene espressa dall’adorazione e dal bacio della Croce.

 Don Davide




La mensa

La liturgia del Giovedì Santo si apre con la presentazione degli Olii, consacrati dal vescovo nella celebrazione mattutina della Messa Crismale.

La processione introitale avanza con l’incenso, dopo il saluto iniziale vengono portati gli olii sacri: l’olio dei catecumeni, l’olio degli infermi e il Crisma. Quando tutti gli olii si trovano sul tavolo davanti all’altare e solo allora, viene incensato l’altare insieme agli olii sacri. È il segno che dalla Pasqua scaturiscono tutti i sacramenti, di cui il culmine e la sintesi è proprio l’Eucaristia. Nella celebrazione del Giovedì Santo, infatti, si ricorda e si celebra il dono dell’Eucaristia da parte di Gesù. Il suo significato è talmente grande che viene approfondito anche attraverso il segno della lavanda dei piedi: la chiesa che viene edificata dai sacramenti è la chiesa del servizio, la chiesa che si china ai piedi di ogni discepolo e di ogni uomo o donna e li accoglie. È la “chiesa del grembiule”, per dirla con le parole di don Tonino Bello.

L’incensazione iniziale non vuole certamente essere un gesto di solennità fine a se stesso – che sarebbe solo il segno di una chiesa che non c’è più – ma aiutarci a riconoscere quale sia, davvero, la cosa più sacra che abbiamo nella nostra vita cristiana: i sacramenti che ci insegnano il servizio.

Questa incensazione viene ripresa al termine della messa, quando l’Eucaristia sarà portata all’altare della reposizione per essere venerata fino alla Celebrazione della Passione del Venerdì Santo. È la preghiera con Gesù nel Getsemani; è la sosta davanti alla prima manifestazione del sacrificio di Gesù: il dono del suo corpo e del suo sangue nell’Ultima Cena.

Quest’anno l’altare della reposizione sarà allestito nella cappellina della Beata Vergine della Salute, uno spazio sacro molto caro, riservato e intimo che, come indica la liturgia del Triduo Pasquale, si trova fuori dall’aula liturgica. Dopo la Messa nella Cena del Signore la chiesa deve rimanere completamente spoglia, come segno che ci troviamo nei giorni della Passione. Ci tengo a focalizzare questo segno: il presbiterio e la chiesa completamente spogli, perché siano totalmente rinnovati nella grande Veglia di Pasqua. Anche le candele, in quei giorni, non si accendono ai santi, ma solo davanti alla cappellina dove si custodisce l’Eucaristia.

Sono giorni diversi, unici e tutto nella chiesa lo deve sottolineare.

Il nostro trittico di Ettore Frani, In memoria di me, si erge così accanto alla custodia del Santissimo Sacramento quasi come un indicatore. Nella sua frontalità ci rimanderà al mistero che veneriamo lì accanto e, lo vedremo, sarà anche un segno del passaggio dalla liturgia del Giovedì a quella del Venerdì Santo.

Don Davide