La fede

“Troverà ancora la fede?” (Lc 18,8)

Da varie domeniche la liturgia interpella la nostra fede, il nostro vivere e comportarci come uomini e donne credenti.

In molte fiabe, in molti racconti, in tante storie edificanti e di avventura, uno dei protagonisti ad un certo punto, spesso nei momenti più difficili, invita “ad avere fede”, basandosi sul fatto che il bene trionferà, che c’è una sorta di energia cosmica a cui attingere, che dispiega la sua potenza e guida il tutto verso l’armonia e l’eventuale soluzione della vicenda.

L’insegnamento di Gesù sulla necessità di “pregar sempre, senza stancarsi mai” – che sembra impossibile anche solo a sentirlo – si trova tra l’invito alla vigilanza e al discernimento e questa domanda enigmatica sulla fede.

Pregare, quindi, significa esercitarsi tenacemente a essere vigili rispetto alla vibrazione del mondo e accedere a quella sapiente linfa vitale che lo tiene nell’esistenza e lo riporta all’armonia.

Questo dell’allenamento dei sensi spirituali è uno sport per lo più disatteso.

Invece, la possibilità di toccare con mano la potenza di Dio c’è, dice Gesù.

Ma come tutte le cose che contano bisogna scovarne la magia con un autentico desiderio.

Don Davide




Gratitudine, nonostante tutto

Naaman, della Siria, vuole a tutti i costi ringraziare Eliseo, il profeta di Israele, per essere guarito dalla lebbra. Allo stesso modo Gesù elogia il lebbroso samaritano che, guarito, ha scelto di tornare a ringraziare e di riconoscere il Signore.

Ormai è persino banale ricordarlo, tuttavia rimane necessario: viviamo tempi di una difficoltà imprevista, e forse impensabile fino a pochi anni fa. Le crisi che c’erano state prima del Covid sembravano grandissime, ma quelle di oggi le fanno impallidire.

C’è il linguaggio scellerato delle armi nucleari, che dovrebbe essere proibito – persino la parola – più che una offesa diretta o una bestemmia; c’è la crisi energetica; ci sono i problemi ecologici e una violenza orrenda e oscena in molte parti del mondo, che spesso non stanno sotto i riflettori… Senza andare lontano dai confini o negli scenari catastrofici c’è, infine, anche una buona dose di meschinità nel nostro vivere insieme e nella nostra vita individuale che esige urgentemente la nostra conversione.

Tuttavia, celebriamo l’Eucaristia, il Ringraziamento.

La comunità cristiana si raduna ogni domenica per celebrare nella fede la messa, come offerta ed espressione di gratitudine per il dono della vita, della fraternità, dell’amore condiviso e impegnato nei confronti del prossimo, e della speranza.

Con questa domenica riprendiamo le celebrazioni con le famiglie del catechismo alle 10 e la messa domenicale delle 11.30 che, viene curata con particolare attenzione, essendo la messa al centro del Giorno del Signore.

È una gioia vedere i bimbi e le bimbe, i ragazzi e le ragazze, le famiglie e gli anziani insieme, e sentire il sapore genuino, pur in mezzo ai nostri tantissimi limiti, della comunità, e impegnarci e avere la speranza di edificare un mondo dove le più ardite utopie impallidiscano.

Sì, noi ti ringraziamo, nostro Signore Gesù.

Ti ringraziamo per il dono della fede cristiana che custodiamo assieme; per le persone che amiamo e per le quali siamo ispirati a impegnarci; perché con la tua parola siamo incoraggiati e non ci rassegniamo alle ombre cupe che rabbuiano il mondo, ma possiamo portare la luce della saggezza, della sapienza e della pace.

Ti ringraziamo, perché quando portiamo la nostra vita concreta sull’altare della domenica, anche le cose più piccole diventano un dono e persino le nostre incapacità vengono trasfigurate. Tutto viene purificato e diventa più buono, pacifico e sereno.

Don Davide




Semplici e umili

Semplici e umili, anche di fronte alla vita.

“Quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.” (Lc 17,10).

Ogni vita è piena di difficoltà, di angustie, di corse, di affanni alternati a qualche momento di quiete e di affetto. Tutti abbiamo bisogno di un sollievo, di un riconoscimento. È molto importante potere avere un riscontro positivo e motivazionale; invece, Gesù ci sorprende con un’affermazione che assume un tratto durissimo, che non lascia margine a nessuna indulgenza.

Qual è il significato?

Tutta la liturgia di questa domenica parla con grande insistenza della fede che fa vivere.

Avere fede, in questo caso, è il fondamento della possibilità di essere semplici e umili in tutte le cose che facciamo e che viviamo, anche di fronte alla vita. Tutto al contrario di chi pensa che avere fede sia un modo per lasciare le cose “ad altri” o “ad Altro”, avere fede è la disposizione dello spirito al nostro impegno, con tutti noi stessi, con la consapevolezza di cosa siamo chiamati a compiere, la fermezza negli obiettivi e una certa imperturbabilità dell’anima.

Quando abbiamo adempiuto il nostro impegno, possiamo dire con il cuore leggero: “Ok, era la mia parte. So verso cosa sto camminando.”

Don Davide




Autunno

Spensierati, proprio no!

La prima lettura di questa domenica inizia con parole molto severe del profeta Amos che rimprovera chi è spensierato e a chi si considera sicuro sulle proprie ricchezze.

Queste parole potrebbero turbarci, invece ci fanno sentire in sintonia con la preoccupazione di Dio per il suo popolo. Spensierati, in questo periodo storico, non lo siamo davvero!

È iniziato l’autunno e tutte le comunità cristiane sono angosciate dalla preoccupazione di non fare fronte al pagamento delle utenze. È un problema serissimo, perché va molto oltre la questione economica: riguarda, per il terzo anno di fila, una difficoltà concreta a radunare la comunità e a trovarsi per le attività in una condizione non disagiata.

Almeno, ascoltando queste parole, siamo sicuri di avere quella santa inquietudine di cui parla il profeta.

Sicuramente non ce ne possiamo stare in panciolle e dobbiamo cercare le strade per una nuova sobrietà.

La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro ci aiuta a ricordare che, in questa circostanza drammatica, non siamo noi contro altri, ma le comunità cristiane insieme a tante persone che ugualmente soffrono di una situazione sociale divenuta quasi insostenibile.

Dalla parabola di Gesù impariamo che è necessario accorgerci delle sofferenze, essere solidali e condividere i pesi gli uni degli altri.

La realtà di questo periodo, quindi, può essere letta come un modo per vivere il Vangelo più radicalmente e vogliamo focalizzare lo sguardo su questo stimolo buono.

Don Davide




Lo strappo necessario

Abbiamo vissuto una bella assemblea parrocchiale, partecipata e con tanti buoni spunti e suggerimenti.

Sia il desiderio di una maggiore corresponsabilità da parte di tutti e del bisogno che ciascuno valorizzi al servizio della comunità i propri doni e talenti; sia le necessità imposte dalla presente situazioni socio economica, chiedono una particolare creatività nella pastorale, un’inventiva, un guizzo originale.

Abbiamo parlato di una “comunità di carismi” e di una “comunità consapevole e attiva” sulle problematiche legate alla sostenibilità.

Nel vangelo l’amministratore è protagonista di una operazione articolata e complicata, fa una cosa non giusta che viene lodata dal padrone in modo paradossale e che potremmo definire “uno strappo necessario”.

In tanti ambiti della nostra pastorale, quest’anno abbiamo bisogno di uno strappo necessario: di trovare strade e modi diversi da come abbiamo fatto negli anni passati per affrontare una situazione difficile anche guardando al futuro.

Il primo, lo abbiamo detto, è l’urgenza di una maggiore disponibilità di tutti a mettere a servizio i propri doni.

Il secondo saranno alcuni cambiamenti, sia in termini di consapevolezza che in termini di partecipazione, legati al sostentamento economico della parrocchia.

Il terzo saranno i nuovi orari di apertura della chiesa e delle celebrazioni a partire dal 5 ottobre, che vanno nella direzione di un maggiore senso di comunità.

Intanto, preghiamo per il gruppo dell’ACR che riprende le attività con la Due Giorni, e per i cresimandi, che sabato 24 riceveranno il Sacramento della Confermazione.

In questa domenica ricorre il primo anniversario della morte di Luciano Bocchi, che è stato al servizio della parrocchia e della diocesi in modo esemplare, sempre con il tentativo di capire quale fosse la cosa necessaria nel presente e come costruire il futuro in modo sapiente.

Teniamo questo ricordo affettuoso come un incoraggiamento a offrire il dono dei nostri personali carismi al servizio di tutti, e di preparare una comunità adatta alle numerose sfide dei tempi che ci stanno davanti.

Don Davide




Nella misericordia

Non avrei potuto immaginare né desiderare una liturgia migliore per riprendere il nuovo anno pastorale.

Sabato 10 il vescovo ha presentato le linee guida per quest’anno alla diocesi, da lunedì 12 i preti si trovano insieme alcuni giorni per aggiornarsi e condividere il cammino della nostra chiesa, martedì 13 abbiamo l’importante assemblea parrocchiale, giovedì 15 nella nostra Regione ricomincia la scuola; tutto questo avviene nell’ispirazione di parole pervase dalla misericordia.

Mi sembra, in un certo senso, che sia già detto tutto.

Come dobbiamo interpretare e vivere il nostro impegno pastorale? Con misericordia, comprensione, tenerezza, dolcezza, bontà, vicinanza.

A fine agosto, al campo itinerante con i giovani, anch’io ho vissuto una grande esperienza di misericordia. Prima di arrivare ad Assisi sono stato ispirato a riconciliarmi con una persona con cui non ero in pace. L’ho fatto e, dopo, la città serafica e le vite di Francesco e Chiara ai miei occhi splendevano di una luce aurea, diversa.

Tra tutte c’è una parola che mi colpisce più delle altre: “cerca accuratamente finché non la trova” (Lc 15,8).

Il Signore ci cerca con cura, finché non ci trova.

È meticoloso, costante, tenace.

Questo vale per tutti ed è molto consolante.

Ciascuno di noi può affidarsi a lui e “lasciarsi trovare”.

A nostra volta, possiamo farlo per altri.

Cercare, curare, affidare al Signore.

Possiamo essere grati per questa ispirazione iniziale.

Don Davide




Giunga la gratitudine

“Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” (Lc 9,54).

Ma Gesù li rimproverò (cf. Lc 9,55).

Quante volte abbiamo avuto la tentazione di entrare in polemica, in nome della giustizia?

Ad esempio, rispetto all’ultima uscita di Fedez, sul tema della castità: è già la seconda volta che Fedez dice una sciocchezza sui social contro la Chiesa/Vaticano, senza sapere ciò di cui parla.

Adesso mi scoccia, perché i tantissimi ragazzi e le tantissime ragazze che conosco e a cui sono affezionato, per me sono delle persone concrete, non dei follower, e io ho condiviso moltissimo delle loro storie. Non mi sono mai permesso di giudicare le loro esperienze, anche sessuali, e con chi ha voluto confidarsi, ho cercato di aiutarli a vivere bene la loro maturazione in questa dimensione della vita.

Non voglio nemmeno entrare nel merito della questione: se a qualcuno interessasse, potrei fare un trattato, ma una cosa la voglio dire: io non mi sognerei mai di incoraggiare qualcuno a cui voglio bene a fare una cosa bella utilizzando un’espressione volgare, che per di più significa: usare sessualmente una persona per il proprio piacere.

Ma Gesù i suoi discepoli addirittura li rimprovera. E io non voglio farmi sgridare da Gesù.

Perciò lascio subito l’agone polemico e volgo lo sguardo altrove.

Mi chiedo come uscire da tale grettezza che ci circonda e genera consenso, e raccolgo dalla liturgia di oggi tre parole:

1)La grandezza

2)La libertà

3)Gesù

C’è la grandezza di chi sa riconoscere i grandi, nel vero senso della parola, come chi fiuta i veri profeti, prima che se ne vadano, e si mette alla loro scuola.

C’è la libertà che ci consegna il Nuovo Testamento, che è la posta in gioco della vita. Noi tendiamo sempre a tornare schiavi di noi stessi, delle nostre paure, delle nostre convenzioni e delle nostre logiche solo mercantili. Mentre la libertà è il grande esercizio per aprirci allo Spirito e giocare su un altro livello.

Infine, c’è Gesù, persona amata e tanto desiderata, che più mi attira a sé, più apre sentieri, sfida la morte e mi fa assaporare il Regno di Dio.

Che cosa sia questo regno di Dio, mi mancano le parole per dirlo. Lo riconosco, però, quando mi sento libero di amare e quando vedo la grandezza dei grandi anche nelle cose piccole, di chi è fedele alla propria responsabilità, di chi è gentile, generoso, buono, altruista.

Quando vedo la grandezza di chi serve; di chi studia per il bene dell’umanità; di chi piega se stesso verso il bene; di chi riconcilia e perdona, di chi educa; di chi fa un passo in più quando potrebbe farne uno in meno.

La riflessione si potrebbe fare lunghissima.

Fiuto che ci sono tantissimi profeti, accanto a me.

Giovani e meno giovani Jedi, che magari non impugnano la spada laser, ma non di meno percorrono le vie della Forza. A tutti costoro, contro ogni grettezza, giunga il grazie della nostra comunità cristiana.

Don Davide

 




Saggezza semiseria (Under 20)

Per quest’ultimo appuntamento con la rubrica Under 20 avevo pensato a una riflessione strappalacrime sul senso della vita, ma per fortuna mi sono ricreduto e vi propongo una carrellata semiseria sulla sapienza che si impara dall’Estate Ragazzi.

Tenete ciò che è utile. Lasciate il resto.

1)Volere ben conta più di qualunque altra cosa.

2)Stimare è come volere bene: vd. n. 1.

3)Volere bene e stimare, oltre che sentimenti, sono gesti molto concreti: significano lasciare fare e dare spazio.

4)Il Regno dei Cieli è dei bambini. Basta fare l’ER per capire cosa intendeva Gesù.

5)I sorrisi autentici guariranno il mondo.

6)I cappellini si perdono. Da soli.

7)Una suora malgascia può suonare qualsiasi cosa faccia rumore. Anche contemporaneamente.

8)Un parroco dovrebbe frequentare di più il campetto del proprio quartiere.

9)Prendere un gelato insieme è più persuasivo di molte chiacchiere.

10)Coltivare il gruppo è l’arte che permette di vincere ogni battaglia.

11)Parlare senza violenza è difficile, ma ottiene più risultati.

12)Essere al servizio dei più giovani è un antidoto. Se non capisci a cosa, ne hai bisogno.

13)Un genitore che dice sinceramente grazie agli animatori è come una stella nel cielo.

14)Un gioco bello e organizzato bene. È un assoluto.

15)Se ci sono la musica e un giovane, la musica dev’essere alta. Ok, ma non troppo.

16)Per fare i maccheroni al ragù e servirli in un piatto di ceramica devi avere le stesse autorizzazioni del ristorante di Canavacciuolo, perché altrimenti potresti avvelenare i bambini; poi avveleniamo il mondo con tonnellate di plastica della mensa.

17)Gli adolescenti e l’ordine sono in antitesi. Se è adolescente, non riordinerà. (Questa considerazione è oggettiva, non viola la n. 2).

18)Se il magazzino dei materiali è pieno, non ci guarderanno.

19)Corollario del n. 18: se un frigo è pieno, guarderanno in quello sbagliato.

20)C’è più gioia nel dare che nel ricevere, soprattutto quando offri un caffè. Coi biscottini è meglio.

Un’ultima cosa: se è un animatore o un’animatrice… non importa se lo/la rivedrai, o se diventerà una colonna portante della parrocchia; non importa che tu sia un bimbo o il parroco: ti ci affezionerai.

E amerai i respo tuoi e le respo tue come te stesso. Anzi, un po’ di più. 😉




Il Corpo del Signore

Il corpo sono io. Io non esisto senza il mio corpo.

Attraverso il corpo io esprimo la mia vicinanza alle persone che amo, il desiderio di stare loro accanto, magari per tutta la vita.

Così Gesù ci ha lasciato il suo corpo, per dirci: Voglio stare con te, sempre.

Come nel video che vi propongo (è stupendo, non perdetevelo per nulla al mondo!), questo corpo è testimonianza di un amore che vince il tempo che passa, che cambia il nostro sguardo e ci aiuta a scoprire che, allo sguardo dell’amante, il corpo dell’amato – l’amato stesso – è sempre splendido.

Il Corpo del Signore esiste per dire che ai suoi occhi tu rimani sempre splendido.




Compagnia (Under 20)

Hai presente quella nostalgia di non essere solo, quella voglia di amici, di serate, di stare insieme?!

Ecco, persino Dio, che non avrebbe bisogno proprio di nessuno, si è rivelato nella sua identità più vera come una compagnia festosa. (Ai miei tempi si diceva una balotta, ma non so se si usa ancora.) È un unico Dio, ma non è solitario.

Per questo, nel nostro DNA abbiamo la percezione che ci sia qualcosa di necessario nell’essere insieme.

Possiamo anche fare fatica a stare con gli altri, magari siamo timidissimi, o a disagio… ma la sostanza rimane vera, e queste difficoltà sono una sfida a superarle e così a vivere qualche incontro bello.

In questi giorni c’è l’Estate Ragazzi, che dal 1988 permette a una moltitudine di ragazzi e ragazze di passare tanto tempo insieme nel servizio dei più piccoli.

Questa esperienza nasconde alcuni segreti importanti della vita, difficili da capire per chi non l’abbia mai fatta, e ci aiuta anche a intuire qualcosa di questo mistero che chiamiamo Dio.