Il dolore e l’amore

Un pomeriggio di inizio primavera, un parchetto, un’amica in gamba con cui dialoghi e che ti confida: “Ho un po’ d’ansia”. Poi un racconto pacato, piano e lucidissimo: prima il covid, ora la guerra; la separazione dei genitori; l’anoressia e la bulimia delle amiche. Fortunatamente, in mezzo e accanto a questo, l’amore di un ragazzo.

Improvvisamente ti accorgi che la “Parabola del padre misericordioso” non è solo una storia di peccato e di misericordia, ma è il racconto della nostra generazione, anche senza il peccato e prima della misericordia.

Stando solo attaccati al testo, leggiamo che non c’è una madre né il femminile, ma non sappiamo il perché. Possiamo solo provare a immaginare cosa significhi questo vuoto, in una storia che si svolge tutta al maschile.

C’è un giovane figlio preso da pensieri nocivi, che si trasformano in propositi disastrosi; c’è un fratello più grande che sparisce. Sullo sfondo vige la regola dei soldi in uno scenario di dissolutezza e di mancanza di solidarietà. L’unico protagonista di questo paesaggio è un uomo arcigno, nemmeno disposto a dare le carrube dei porci a un malcapitato.

E quali emozioni deve avere sperimentato il figlio maggiore, che si accontenta che le sostanze siano divise anzitempo, ma non sfiora nemmeno la vita del fratello che parte?

Aveva paura? Soffriva troppo? Era occupato in altre faccende? Gli andava bene così? Covava anche lui risentimento nei confronti del padre e pensava che gli stesse bene, e che il fratello, in fondo, aveva messo in atto quello che lui non aveva avuto il coraggio di fare?

E il padre che accetta – sembra senza battere ciglio – che persona era e come stava? Era risentito? Faceva il duro? Oppure provava un abisso di costernazione?

E come ha vissuto il padre, in quel tempo che non viene precisato?

Lo ascoltiamo, per analogia, dai genitori che vengono rinnegati dai figli, o quando li vedono improvvisamente prendere strade totalmente diverse. Lo sentiamo nello sgomento di non sapere cosa fare e, ancora peggio, quando non si può proprio fare nulla.

Allo stesso tempo, riconosciamo le storie dei figli (e delle figlie) che si allontanano dalla loro famiglia per respirare, per essere liberi, per non essere umiliati, per non dovere soccombere alla logica del confronto o, semplicemente, per diventare se stessi: qualcosa di nuovo e di altro rispetto alle loro radici.

Il testo lascia aperte un miliardo di storie e di possibilità, perché ci stiano tutte.

Nella seconda parte il racconto diventa più preciso. Accoglie ogni vita e ogni intreccio in uno spazio ampio, ma ben definito.

Possiamo capirne qualcosa dal fatto che il padre scorge il figlio da “lontano”… come se in tutto quel tempo avesse tenuto un occhio sull’esistenza cruda, da mandare avanti, e uno sull’orizzonte della speranza, ferito dal dolore, in attesa di vedere comparire una figura, contro il Sole al tramonto.

A quel punto “ebbe compassione” (Lc 15,20). L’aveva avuta anche prima? Non lo sappiamo. In quel momento, però, è certo che tutta la consapevolezza dell’amore per suo figlio viene risvegliata.

La compassione è suscitata da un trasferimento di sofferenza. Improvvisamente, tutta la sofferenza inspiegabile viene trasferita sul padre. Lui la sente tutta. E l’accoglie per amore di quel figlio… e dell’altro.

Forse è a quel punto che il padre diventa misericordioso.

Gesù ha costruito il racconto in modo che ogni vicenda, ogni emozione, ogni mutamento vi possa trovare una luce, attraverso il dolore, nello spazio dell’amore e della misericordia.

Sembra non starci mai abbastanza tutto nella vita e, se commettiamo degli errori o dei peccati, in genere lo facciamo per questo motivo: perché vorremmo la vita e la cerchiamo in modo maldestro e, alcune volte, tremendo.

Ma la misericordia di quel padre è esattamente così: vedere la vita e sapere che tutti ce ne struggiamo.

Don Davide




Stare in ciò che è bello

È da alcuni anni, sicuramente dall’inizio della pandemia, che desideriamo più consapevolmente “stare in ciò che è bello”. Prendiamo atto che ci sono dei popoli, tantissime persone, uomini, donne e bambini veri, che vivono in condizioni di stenti, tra un’epidemia e una guerra la maggior parte della loro vita.

Questa considerazione ci spinge alla solidarietà, ad essere compassionevoli e anche più umili e meno lamentosi quando le cose che ci riguardano non vanno come vorremmo.

Ma abbiamo più che mai la possibilità di rispondere a questa domanda: Che cosa significa: “Stare in ciò che è bello”? Intendo starci stabilmente, non solo come un residuo nelle nostre giornate, quando finalmente abbiamo smaltito tutte le incombenze e ci possiamo ritagliare un momento per fare ciò che ci piace, o per stare con chi amiamo.

La vita non può essere un residuo.

Ci sono due movimenti nel Vangelo di questa domenica, che mi fanno pensare a una risposta.

Riguardo a Gesù si parla del suo “esodo” che si stava per compiere a Gerusalemme. Del suo esodo, cioè della sua strada verso la libertà. Forse che Gesù non era un uomo libero? Lo era certamente, ma qui si parla di una libertà più radicale: della libertà di interpretare la propria vita come un atto d’amore.

Riguardo ai discepoli si dice che, pur avendo paura, entrarono nella nube, cioè nel mistero in cui si può udire la voce di Dio.

Dunque, che cosa significa “stare in ciò che è bello” sempre?

Per me significa vivere la propria vita come un unico grande gesto d’amore libero e comunque grato, riconoscendo che il mistero e le nubi in questa vita ci sono e possono farci anche tanta paura, ma può capitare che attraverso di esse o dentro di esse udiamo chiaramente la voce di Dio.

Don Davide




Lungo un corso d’acqua (Under 20 testo+video)

È la festa di San Valentino, una bella festa per la nostra parrocchia e per tutti voi, che siete innamorati.

Oggi ci consegniamo un bel video, ispirato da un’immagine del profeta Geremia: “È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici” (Ger 17,8). Questi obsoleti personaggi che sono i profeti… hanno ancora qualcosa da dire sull’amore!

Che cosa c’entra il versetto col video?

Entrambi, insieme, ci insegnano alcune regole preziose dell’amore.

Non regole “da osservare”, ma tesori per vivere.

1)L’amore ha bisogno di sorgenti.

2)L’amore ha bisogno di radici, che permettano di attingere alle sorgenti. Il modo, i pezzi e i passaggi con cui voi costruite la vostra storia sono queste radici.

3)L’amore ha bisogno di tempo. Potrebbe accadere tutto subito, ma quando si dà tempo all’amore ci sono sorprese.

4)L’amore ha bisogno di molta comunicazione.

5)Comunicare è ben più che parlare.

6)Comunicare è condividere i sentimenti e le emozioni.

7)Amarsi è sempre comunicare e sentirsi vicini.




A noi lasciate l’amore

L’intervista concessa da Papa Francesco a Fabio Fazio, domenica scorsa, è arrivata a tantissime persone e ha suscitato molti commenti e opinioni.

Certo è che ascoltare le Beatitudini una settimana dopo, nella versione del Vangelo di Luca, con l’aggiunta di quei terribili “Guai” rispetto alla redazione di Matteo, ci obbliga a entrare nella prospettiva che ci ha indicato Papa Francesco: a considerare la Terza Guerra mondiale che si combatte a pezzi, le ingiustizie, la continua violazione dei diritti umani e le sofferenze degli innocenti.

Non c’è beatitudine senza la dimensione concreta della fratellanza, della giustizia e del sostegno reciproco.

Anche la celebrazione di San Valentino, nella nostra parrocchia, unisce due aspetti che potrebbero apparire contrastanti, per non dire antitetici: quello della sofferenza e quello dell’amore romantico. Potremmo pensare che l’amore è eccessivamente spiritualizzato e che la sofferenza ci riporta in modo crudo alla realtà. È bello, invece, che custodiamo entrambe queste attenzioni: la preghiera per chi sta male e la preghiera per essere capaci di amare.

In una scena di Suite Francese – un film bellissimo e struggente tratto dal romanzo di Irene Némirowsky – i due protagonisti si amano, pur essendo lui un ufficiale dell’esercito tedesco e lei una donna francese del paese occupato durante la Seconda Guerra Mondiale.

All’apice della loro storia d’amore clandestina, lei esclama: “Che altri facciano la guerra, a noi lascino l’amore!”. Nel contesto del film è una sequenza molto efficace per dire la follia della guerra, che divide chi ama, eleva la violenza a regola, l’odio o principio delle relazioni, l’ingiustizia come libero arbitrio e il male come condizione dell’esistenza.

È tutto l’opposto dell’amore e della cura.

Celebrando San Valentino come guaritore delle sofferenze e patrono dell’amore, quindi, non siamo portati a pensare cose zuccherose e melense, bensì ad andare al cuore della concretezza evangelica.

È il contenuto più semplice del Nuovo Testamento che ce lo ricorda, tramite l’apostolo Giovanni: “Chi ama ha conosciuto Dio” (1Gv 4,7) e “Nessuno può amare Dio che non vede, se non ama il proprio fratello che vede” (1Gv 4,20).

Don Davide




La vita in ballo (Under 20)

L’inizio.

C’è qualcosa che ha più fascino degli inizi?

Vi ricordate le vostre prime volte? La prima volta sulla bicicletta, il primo giorno di scuola, la prima volta che avete praticato lo sport che vi appassiona, il primo amore, il primo bacio?

Quando siamo stati chiamati all’esistenza, ci è stato dato un inizio che non avrà più fine: non con le esperienze che si aprono e si chiudono, non con il trascorrere del tempo, non con la morte.

Oggi vi porto a quel tipo di inizio lì: quando qualcuno ti ha comunicato la resurrezione di Gesù (e la tua) o quando tu hai sentito che, nonostante tutte le apparenze e contraddizioni, era vera.

In quel momento una luce è andata a ritroso all’inizio della tua esistenza e ti ha detto: tu esisti.

Prima non c’eri, e adesso sì. Ed è un gran bene che sia così e che questo bene non finisca più.

Non c’è interruzione che possa essere decisiva. “Questa è la fine?” dice il protagonista di uno dei miei libri preferiti, in un dialogo indimenticabile con la ragazza che ama. “No, è l’inizio” risponde lei.

Tu ci sei, la tua esistenza è una stella irreversibile accesa nell’universo. Splendi, a partire dal nucleo per irraggiare all’esterno, per rendere bellissimo e nuovo, con la tua sfumatura, l’eterno.

Don Davide




Pescare gli uomini

“Pescatore di uomini”.

Io questa trovata di Gesù, tra tutte, gliel’ho sempre invidiata.

Sono stati versati fiumi di inchiostro su questo versetto: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,10).

Tuttavia, la sensazione è che sfugga sempre qualcosa nella profondità abissale di questa sentenza, e che il suo significato sia allo stesso tempo più semplice e più inafferrabile di quanto non riusciamo a immaginare.

È una parola simultaneamente consolatrice ed esigente, incoraggiante e da fare venire i brividi, e perentoria.

Chiude il dialogo e tutta la scena. Produce immediatamente l’effetto decisivo.

Non voglio perciò azzardarmi io a proporne un’interpretazione. Preferisco lasciare aperta la domanda, scatenare la perplessità e la curiosità di tutti e stimolare la sensibilità di qualcuno.

Nella Giornata della Vita, sento che questa frase di Gesù è il modo corretto di entrare nel tema e nelle questioni.

I pesci, se li peschi, muoiono. Gli uomini, se li peschi, vivono, ma solo se lo fai con Gesù, altrimenti rimangono attaccati all’amo, prigionieri delle seduzioni umane e di altri mille uncini.

“Pescatori di uomini” mi sembra anche l’atteggiamento giusto per vivere la settimana di San Valentino.

Ci sono tante iniziative che sono state organizzate insieme a vari soggetti diocesani. Mi piacerebbe che tutti ci sentissimo partecipi gli uni degli altri.

Si tratta di testimoniare la chiamata che Gesù rivolge a ciascuno: una chiamata ad emergere verso l’Amore e aprire i polmoni, perché noi siamo uomini, non pesci; non respiriamo sott’acqua, ma nell’aria pura dello Spirito di Dio.

Don Davide




“Più grande di tutto è l’amore” (1Cor 13,13)

La liturgia ci viene incontro, nella seconda lettura di questa domenica.

Oggi in diocesi si celebra la Giornata del Seminario. Come ogni vocazione autentica, alla radice di tutto – anche della disponibilità a formarsi per diventare prete – c’è l’Amore e l’intuizione che quella sia la tua strada personale per amare nel modo migliore possibile

In più, ci prepariamo a due settimane molto intense.

Mercoledì 2 febbraio è la Festa della Presentazione al Tempio di Gesù, tradizionalmente conosciuta come la “Candelora” ed è il giorno in cui si prega per i Religiosi. Anche per tutti e tutte loro si tratta di una via particolare per amare personalmente, nella forma che si ritiene più adatta. Nella nostra comunità conosciamo e collaboriamo con tanti religiosi e religiose e preghiamo affettuosamente per ciascuno e ciascuna di loro.

Domenica 6 febbraio, la Chiesa italiana celebra la Giornata per la Vita; venerdì 11 di febbraio, giorno della Madonna di Lourdes, celebreremo l’Unzione degli Infermi nella messa alle ore 16. La cura della vita, in tutti i momenti della sua esistenza e in tutte le fasi, anche quelle della fragilità e della debolezza, è uno degli infiniti modi che abbiamo di esprimere concretamente il sentimento dell’amore.

Infine, la settimana seguente avremo tante iniziative per festeggiare il nostro patrono San Valentino.

Attorno all’ “Amore” – che vale più di ogni cosa – potremo incontrare tanti amici e tante amiche.

Ci aiuteremo ad attingere alla sorgente di questo amore nell’esempio di Gesù, che lo ha vissuto, lo ha insegnato e ha anche trasfigurato la sofferenza e ogni passione, perché ogni nostro tentativo per amare ed essere vivi, trovi nella Pasqua la giusta luce che lo illumini e che lo guidi.

Don Davide




Il meglio (Under 20)

Vi ho sentiti in questi giorni: “Io sono positiva” … “Io sono in quarantena”. So che alcuni di voi hanno passato le vacanze isolati, saltando una sciata o la festa di Capodanno, che alla vostra età è irrinunciabile.

L’anno scorso di questi tempi c’era il coprifuoco (il coprifuoco!), quest’anno vi palleggiate il Covid tra fratellini, compagni di classe, parenti, amici e fidanzati… passandovi il test antigenico come il testimone in una staffetta.

Oggi scrivo per incoraggiarvi.

Voglio dirvi che nella maggioranza dei casi avete reagito alla grande, senza rassegnazione o paura, senza inutili intemperanze, non con rassegnazione, piuttosto con la pazienza del predatore che attende l’agguato. Siete stati bravi e per molti versi ammirevoli.

Se fosse capitato a me a 16 anni, in settimana bianca, avendo la possibilità di sciare coi miei amici o con la ragazza che mi piaceva (eh già, anch’io, prima di entrare in seminario, andavo a morosa… come si dice a Bologna)… e avessi dovuto chiudermi in camera per un cavolo di virus, magari stando benissimo… beh, non so cosa avrei fatto!

È il momento di riconoscervelo.

Sono stato ispirato dal vangelo di questa domenica: c’è una festa di nozze e non serve nessun super green pass, mascherina o distanziamento. E Gesù mostra un’apertura nelle cose che accadono, una breccia che permette di gustare il vino migliore, dopo averne già bevuto di buono. Come a dire: c’è un modo di stare nella vita dove le cose crescono, migliorano e quelle che si fanno dopo sono più belle di quelle di prima.

Quindi non abbiate paura di avere perso delle occasioni. Avrete tempo per fare tutto e l’esperienza che avete fatto vi permetterà di apprezzare un vino ancora più buono.

Mi piace questa idea che le cose belle ci stiano davanti nel corso dell’esistenza, perché voi che siete giovani vi godete la vostra età come la più bella di tutte, ed è entusiasmante che pensiate così.

In ogni caso, a dare retta a Gesù, voi ci guadagnate.

Perché siete giovani e la vita che vi sta davanti è lunga, quindi potrete vivere molte cose belle. Spesso si dice che “il meglio deve ancora venire”, ma sembra che il meglio lo possiate aspettare con le mani in mano, come imbambolati. Mi piace di più questa idea: “il meglio ve lo potete ancora costruire”. Sicuramente, Gesù ha in serbo per voi il vino migliore.

Don Davide




Natale dal verso giusto (Under 20)

Come si prende il Natale dal verso giusto?

Per me il verso più giusto per il Natale è un’invocazione del profeta Isaia nella sua resa liturgica:

“Stillate, cieli, dall’alto
e le nubi facciano piovere il Giusto,
e germogli insieme la giustizia.”
(Is 45,8)

Mi piace il suo fascino enigmatico e misterioso. Stillare significa fare scendere goccia a goccia, ma anche distillare.

In Gesù bambino viene distillato un pezzo di Cielo purissimo, che cade sulla terra e, dove tocca, sboccia giustizia.

Io prego di incontrare Gesù e che mi renda giusto.

 

Qual è il verso giusto per il Natale, secondo voi?

Avete una frase che vi piace o una canzone preferita per vivere bene il Natale?

Scrivete la frase o il titolo della canzone nei messaggi della Storia di Instagram.

Ci aiuteremo a vivere il Natale dal verso giusto.




Eterno bagliore

Tempo scaduto

Come si prende il Natale per il verso giusto?

Come si vive nel modo corretto?

Senza sapere dire il perché, queste domande mi hanno ronzato in testa per tutto l’Avvento e ora che il tempo è finito, devo provare a darmi una risposta.

Qual è il verso giusto da cui guardare il Natale?

La grazia di Dio

Ho confessato tanto in questi giorni e ho fatto alcuni incontri straordinari: giovani che tengono alla loro fede e vogliono viverla in maniera piena; adulti concentrati sulla loro missione su molteplici fronti, e tanti altri veri discepoli del Signore. Ti chiedi che cosa li abbia resi così; quale percorso li abbia portati fin lì. Se domandi, ti diranno: la parrocchia, l’AC, gli Scout, quel movimento, una guida spirituale…

Eppure capisci che oltre a tutte queste cose c’è di più: l’amore di Dio che raggiunge le persone, gratuitamente le tocca, liberamente le interpella e affettuosamente le conquista.

I bambini

Di tutte le cose sconvolgenti che si potrebbero dire sul mistero cristiano, c’è questa storia del Dio neonato.

Fasciato dalla mamma, protetto dal papà è esposto al calore benevolo di due animali e alla furia di un re del mondo. Penso alle mie nipotine, che si sdraiano come se fosse una culla su Steel, il setter di casa, che da loro si lascia fare tutto.

Ma a fronte dei bambini che si sentono protetti, ce ne sono troppi che non sono sicuri. I dati riportati a un’iniziativa dell’Unicef sulla violenza contro i bambini nel mondo mi hanno sconvolto. Non può succedere. Dobbiamo sempre avere presenti quei bimbi che stanno dietro un filo spinato o si vedono puntare contro un’arma. È un orrore che anche Isaia sognava di estirpare: “Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni…” (Is 65,20).

Poi ci sono quelli accanto a noi, tra i nostri, che hanno delle malattie gravi o delle difficoltà che li rendono speciali. Tante storie di famiglie che si mascherano nella ordinarietà. Ho in mente casi concreti che pongono domande da fare impazzire. Non ci sono parole adatte, tantomeno risposte. Forse un giorno ci verrà concesso di raschiare la crosta di queste contraddizioni, entrando nel mistero di un Dio neonato.

Gli affetti

Che siano per noi come una casa di pane o perché ci fanno soffrire, che ce li godiamo o ne sentiamo la nostalgia, Natale mostra a tutti quanto siano importanti gli affetti.

A Giuseppe e Maria mancavano quelli di casa, ma c’erano loro due, l’uno l’amato dell’altra.

Hanno fatto vivere il loro amore, ben sapendo che avrebbe potuto non essere più, e questo bastò.

Bastò a salvarsi reciprocamente e a salvare Gesù.

Di solito lascio uno spunto ai giovani, ma questa volta lo voglio condividere con voi. Non è la solita musica di Natale. È una canzone dei Coldplay, si intitola Everglow. Tutto il testo è speciale [testo e traduzione], ma c’è un verso che mi sembra particolarmente giusto per questo Natale:

Quindi, se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti farglielo sapere.

Questo consiglio, per me, è una dedica a chi manca. Nel video, c’è una pattinatrice che… beh, ve lo lascio guardare. E che ognuno possa pensare a chi ama e a chi manca.

Il verso giusto

La grazia di Dio c’è. Spesso è tanto discreta da non farsi notare, non sappiamo perché. Ma proprio quando tutto sembra sfuggire al controllo umano, non c’è ostacolo all’amore di Dio.

A tutte le domande e le preghiere che abbiamo, troppo forti da tenere, troppo difficili da dire, può rispondere solo il Dio neonato.

Se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti farglielo sapere. Anzi, forzando la traduzione per cogliere le sfumature, se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti permettergli che lo sappia.

Don Davide