Eterno bagliore

Tempo scaduto

Come si prende il Natale per il verso giusto?

Come si vive nel modo corretto?

Senza sapere dire il perché, queste domande mi hanno ronzato in testa per tutto l’Avvento e ora che il tempo è finito, devo provare a darmi una risposta.

Qual è il verso giusto da cui guardare il Natale?

La grazia di Dio

Ho confessato tanto in questi giorni e ho fatto alcuni incontri straordinari: giovani che tengono alla loro fede e vogliono viverla in maniera piena; adulti concentrati sulla loro missione su molteplici fronti, e tanti altri veri discepoli del Signore. Ti chiedi che cosa li abbia resi così; quale percorso li abbia portati fin lì. Se domandi, ti diranno: la parrocchia, l’AC, gli Scout, quel movimento, una guida spirituale…

Eppure capisci che oltre a tutte queste cose c’è di più: l’amore di Dio che raggiunge le persone, gratuitamente le tocca, liberamente le interpella e affettuosamente le conquista.

I bambini

Di tutte le cose sconvolgenti che si potrebbero dire sul mistero cristiano, c’è questa storia del Dio neonato.

Fasciato dalla mamma, protetto dal papà è esposto al calore benevolo di due animali e alla furia di un re del mondo. Penso alle mie nipotine, che si sdraiano come se fosse una culla su Steel, il setter di casa, che da loro si lascia fare tutto.

Ma a fronte dei bambini che si sentono protetti, ce ne sono troppi che non sono sicuri. I dati riportati a un’iniziativa dell’Unicef sulla violenza contro i bambini nel mondo mi hanno sconvolto. Non può succedere. Dobbiamo sempre avere presenti quei bimbi che stanno dietro un filo spinato o si vedono puntare contro un’arma. È un orrore che anche Isaia sognava di estirpare: “Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni…” (Is 65,20).

Poi ci sono quelli accanto a noi, tra i nostri, che hanno delle malattie gravi o delle difficoltà che li rendono speciali. Tante storie di famiglie che si mascherano nella ordinarietà. Ho in mente casi concreti che pongono domande da fare impazzire. Non ci sono parole adatte, tantomeno risposte. Forse un giorno ci verrà concesso di raschiare la crosta di queste contraddizioni, entrando nel mistero di un Dio neonato.

Gli affetti

Che siano per noi come una casa di pane o perché ci fanno soffrire, che ce li godiamo o ne sentiamo la nostalgia, Natale mostra a tutti quanto siano importanti gli affetti.

A Giuseppe e Maria mancavano quelli di casa, ma c’erano loro due, l’uno l’amato dell’altra.

Hanno fatto vivere il loro amore, ben sapendo che avrebbe potuto non essere più, e questo bastò.

Bastò a salvarsi reciprocamente e a salvare Gesù.

Di solito lascio uno spunto ai giovani, ma questa volta lo voglio condividere con voi. Non è la solita musica di Natale. È una canzone dei Coldplay, si intitola Everglow. Tutto il testo è speciale [testo e traduzione], ma c’è un verso che mi sembra particolarmente giusto per questo Natale:

Quindi, se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti farglielo sapere.

Questo consiglio, per me, è una dedica a chi manca. Nel video, c’è una pattinatrice che… beh, ve lo lascio guardare. E che ognuno possa pensare a chi ama e a chi manca.

Il verso giusto

La grazia di Dio c’è. Spesso è tanto discreta da non farsi notare, non sappiamo perché. Ma proprio quando tutto sembra sfuggire al controllo umano, non c’è ostacolo all’amore di Dio.

A tutte le domande e le preghiere che abbiamo, troppo forti da tenere, troppo difficili da dire, può rispondere solo il Dio neonato.

Se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti farglielo sapere. Anzi, forzando la traduzione per cogliere le sfumature, se ami o vuoi bene a qualcuno, dovresti permettergli che lo sappia.

Don Davide




Settenario Under 20

Sette per settenari

(Compreso il titolo)

 

Ricomincia l’Avvento.

Sentite il silenzio.

Godetevi il tempo.

Amate gli amati.

Perdonate nemici.

Difendete le vite.

Risplendete di luci.

 




Morirò da Re (Under 20 testo+ video)

Cosa c’entrano i Måneskin?!

Il significato di questa loro canzone è: “Se muoio accanto a te, morirò da re”, oppure: “Accanto a te io muoio da re”. È il culmine di una dichiarazione d’amore folle e grintosa allo stesso tempo.

La domenica di Cristo Re, con altre parole, celebra la stessa dichiarazione d’amore di Gesù ad ogni uomo e ad ogni donna: accanto a te, per amore, morirò da re, anche se vengo ucciso sulla croce come un criminale.

È singolare che un gruppo travolgente come i Måneskin esprima spontaneamente il senso di una cosa universale e verissima: morire per amore è un atto regale, che trasforma una croce in un trono.

È un amore che salva e che ci fa capire cosa significa essere salvati. È un’emozione che tutti e tutte riconosciamo immediatamente, come dice Rose nella battuta finale di Titanic.

La canzone dei Måneskin, ovviamente, la sapete a memoria meglio di me. La scena di Titanic, se non l’avete vista o non ve la ricordate, la trovate QUI.

Ah, quasi dimenticavo, qualcuno mi deve l’iscrizione al canale Instagram della Parrocchia… 😉




Un passo in più (Under 20)

Il gesto di quella povera vedova che getta nell’offerta per il Tempio due monetine di poco valore, ma viene elogiata da Gesù, ci piace tantissimo, perché lei è autentica, mentre tutti gli altri ricconi facevano i gradassi, ma la loro offerta non era per nulla sentita o sincera.

Tuttavia, quell’autenticità ci sembra difficile, perché è un gesto estremo, una roba alla San Francesco, per intenderci.

Sono convinto, però, che quello che elogia Gesù, sia prima di tutto un simbolo: è il simbolo di chi nella vita ci si mette senza risparmiarsi.

È il simbolo di chi fa un passo in più.

Quel passo in più ti fa sperimentare l’amore, ti fa toccare il cielo con un dito, ti fa andare sulla Luna.

È una cosa che possiamo fare anche noi e che vale per tutte le età, da bambini, da adolescenti e da adulti.

Vi propongo allora questo video, che ha molti significati, che si intitola: Un piccolo passo




Chi e come vogliamo amare?(Under 20)

Parlare della morte a voi, che siete giovani o addirittura giovanissimi, risulta quasi oltraggioso.
Eppure, anche se cerchiamo di rimuoverla in ogni modo, tutti in qualche circostanza ci abbiamo avuto a che fare.

A tutti è capitato di dover salutare qualcuno dei nonni, o un genitore morto prematuramente, o un amico molto giovane, o di stare vicino a una persona che ha vissuto questa sofferenza terribile.
In questi casi, ci si trova in una bruttissima situazione, divisi tra il desiderio di guardare avanti, di non soffrire a causa di quel ricordo, e la paura che il fatto di non pensarci per non stare male significhi dimenticarsi di quella persona che è morta, magari importantissima.

Sapendo questo e conoscendo quanto sia difficile, la Chiesa fa memoria in una giornata di tutte le persone defunte che ci sono care, così possiamo farlo insieme senza sentire ancora il dolore acuto, anzi rincuorandoci a vicenda. Questo giorno dell’anno è il 2 novembre.

Perciò, in questa settimana, ricordiamo tutti i vostri nonni, il papà o la mamma morti prematuramente, gli amici che ci hanno lasciato. Lo facciamo il giorno dopo della Festa di Tutti i Santi, perché sappiamo che insieme a loro sono vivi di una vita che non finisce.
Il fatto che da lì sono sempre vicini ci aiuta a scegliere come vogliamo vivere, chi e come vogliamo amare, come nella scena del film che vi lascio: Elogio funebre di Hazel Grace

Se non l’avete visto ve lo consiglio.

Se non avete letto il libro, vi consiglio anche quello.




“Running in the rain” (per gli Under 20)

Ovvero: credere nell’impossibile

Oggi Gesù ci parla di una di quelle cose che sembrano impossibili: l’amore autentico e fedele, l’amore eterno.

L’amore ci piace tanto, perché è l’emozione più forte che proviamo.

Lo sogniamo tutti e tutte, poi diventa difficile, la cultura circostante lo svilisce, il pensiero dominante ci convince che sia impraticabile e, alla fine, ci si persuade che sia un’utopia, che fosse un’illusione. Una cosa troppo grande e troppo bella per essere vera.

Come la scorsa domenica, vi propongo un video sportivo: https://youtu.be/ffggPf8Impk

Ambra Sabatini aveva 17 anni quando, a causa di un incidente di cui è stata solo vittima, nel giugno del 2019 le è stata amputata la gamba sinistra sopra il ginocchio. Due anni dopo esatti è in pista per la finale olimpica; la pioggia battente ci fa ricordare cosa abbia significato: quanto tempo ci voglia a riprendersi dall’amputazione di un arto, ad abituarsi all’uso delle protesi anche più semplici, figurarsi quelle da gara, e a imparare a correrci sopra come un leopardo.

Anche la corsa di Ambra sembrava impossibile. E invece eccola qui: sotto i nostri occhi e sotto la pioggia che la rende ancora più meravigliosa. Guardatela e credete all’amore fedele, rispettoso, pieno di dolcezza e che dura.

Guardatela e credete alle cose… possibili.

Guardatevela e riguardatevela: dura solo 14”11, il tempo di fare il record del mondo.




Le possibilità buone

Le letture di oggi ci inducono a riflettere sul modo in cui Dio fa le cose, sulle possibilità belle e positive che sono iscritte nella creazione e nelle relazioni.

Ascoltiamo innanzitutto una dichiarazione positiva: “Non è bene che l’uomo sia solo. Voglio fargli un aiuto che gli corrisponda.” Questa intenzione benevola si traduce nell’offerta di un sostegno adatto alla dimensione relazionale dell’essere umano.

Poi sentiamo un futuro: “lascerà suo padre e sua madre”. Non bisogna confonderlo con un imperativo futuro, come si fa tutte le volte che si trasformano automaticamente e senza le mediazioni necessarie questi testi in legge. “Lascerà” indica prima di tutto una possibilità di vita e di avanzamento; vuole dire: l’essere umano non sarà sempre attaccato al suo passato, potrà andare oltre alle sue radici, sarà capace di fare qualcosa di nuovo.

Pensate a quante storie epiche o tragiche si tramandano sul fatto che i figli o le figlie devono portare avanti le imprese dei padri e delle madri, tante volte con un peso schiacciante, che priva la vita di ogni forma di libertà. La Genesi ci dice: niente di tutto questo!

Infine Gesù ci ricorda, che è per la durezza del cuore (e di conseguenza, per la pietà di Dio) che tante cose accadono nel mondo. Voglio spogliare da questa interpretazione ogni riferimento legislativo o legalista. Non pensiamo alla questione “cos’è lecito e cosa non è lecito fare?”: che era la domanda limitante di quel gruppo di farisei che stavano sfidando Gesù.

Proviamo a cogliere, invece, che Gesù ci orienta a un altro tipo di prospettiva e di modo di stare nel mondo: non che cosa è lecito, ma quali sono le possibilità migliori? Che cos’è buono e ci è dato liberamente? Come conviene vivere?

Se viviamo così, possiamo allargare il cuore e i pensieri.

È vero, ci sono tanti amori che finiscono, anche tra quelli che si sono fatti promesse eterne. È una forma di rispetto per queste storie, capire che c’è quasi sempre molta sofferenza. Raccogliamo la prospettiva di Gesù, allora, e chiediamoci: come si custodisce l’amore? Quali sono i gesti da fare e le parole da imparare? Come si apprendono e si esprimono la fedeltà, la dolcezza, la tenerezza e il rispetto?

È vero: ci sono tante amicizie che deludono. Chiediamoci: come si impara la relazione? Come si cresce fidati e capaci di cura? Come si condivide?

È vero, infine, che ci sono tante persone sole. Perché? Come si diventa non “delle persone che aiutano”, ma “aiuto”. Con quali abilità e sensibilità si generano incontri e si apre futuro?

Tutte queste domande aperte non soffocano con la restrizione della legge, ma aprono piste che è appassionante percorrere, suscitano desideri di vita e di esperienze belle, generano passione.

Don Davide




Connessioni

“Apparvero lingue come di fuoco, che si dividevano e si posavano su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo” (At 2,3-4).

Perdonate la precisazione, che sembra sottile, ma il testo non ci riferisce di un fuoco (unico) che si divideva in lingue, ma di lingue (molte) che a loro volta si dividevano e si posavano su ciascuno di loro.

Se rappresentiamo visivamente questa immagine, ne viene come una mappa neuronale e questo mi fa pensare che il dono dello Spirito Santo sia come la rete di connessioni del nostro cervello, un prodigio ineguagliabile di perfezione e complessità divina.

Dunque, che cosa significa essere colmati di Spirito Santo?

Non significa essere ripieni come i tortelloni, o con la pancia gonfia perché facciamo una gran mangiata come a Pasqua e a Natale, le altre due solennità più importanti del Cristianesimo.

Significa che siamo connessi con Dio, con gli altri, con la Sorgente dell’Esistenza e il Mistero della Vita che si svela. Siamo connessi come se tutto fosse un grande organismo che respira, prova emozioni, si accende, pensa, compie cose semplici e complessissime all’unisono e con la stessa rapidità con cui noi muoviamo un braccio prima di pensare di farlo.

Il dono dello Spirito Santo è la pienezza delle facoltà di ogni persona nella ricchezza dell’esistenza, per questo chi vive nello Spirito ama, è intimamente felice, è in armonia con il Creato e lo custodisce, e vive legami significativi con le persone.

Il punto di partenza è certamente un regalo, che peraltro non è lasciato all’arbitrio divino, ma ci viene garantito dalla bontà amorevole di Dio: questo dono è precisamente ciò che celebriamo nel giorno di Pentecoste.

Dopo è nostro compito allenarlo, come si allena anche il nostro cervello, imparando l’intelligenza della fede, attivando continuamente gli impulsi dell’amore e costruendo le migliori abitudini per la nostra vita.

Con la celebrazione della Pentecoste nessuna energia spirituale necessaria più ci manca: ora sta a noi procedere speditamente nel nostro cammino.

Don Davide




La linfa dell’amore

Una vite e un vignaiolo: cosa c’è di più semplice e familiare? Una pianta con i tralci carichi di grappoli; un contadino che la cura con le mani che conoscono la terra e la corteccia: mi incanta questo ritratto che Gesù fa di sé, di noi e del Padre. Dice Dio con le semplici parole della vita e del lavoro, parole profumate di sole e di sudore.

Non posso avere paura di un Dio così, che mi lavora con tutto il suo impegno, perché io mi gonfi di frutti succosi, frutti di festa e di gioia. Un Dio che mi sta addosso, mi tocca, mi conduce, mi pota. Un Dio che mi vuole lussureggiante. Non puoi avere paura di un Dio così, ma solo sorrisi.

Io sono la vite, quella vera. Cristo vite, io tralcio. Io e lui, la stessa cosa, stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa. Novità appassionata. Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario: Io la vite, voi i tralci. Siamo prolungamento di quel ceppo, siamo composti della stessa materia, come scintille di un braciere, come gocce dell’oceano, come il respiro nell’aria. Gesù-vite spinge incessantemente la linfa verso l’ultimo mio tralcio, verso l’ultima gemma, che io dorma o vegli, e non dipende da me, dipende da lui. E io succhio da lui vita dolcissima e forte.

Dio che mi scorri dentro, che mi vuoi più vivo e più fecondo. Quale tralcio desidererebbe staccarsi dalla pianta? Perché mai vorrebbe desiderare la morte?

E il mio padre è il vignaiolo: un Dio contadino, che si dà da fare attorno a me, non impugna lo scettro ma la zappa, non siede sul trono ma sul muretto della mia vigna. A contemplarmi. Con occhi belli di speranza.

Ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto. Potare la vite non significa amputare, bensì togliere il superfluo e dare forza; ha lo scopo di eliminare il vecchio e far nascere il nuovo. Qualsiasi contadino lo sa: la potatura è un dono per la pianta. Così il mio Dio contadino mi lavora, con un solo obiettivo: la fioritura di tutto ciò che di più bello e promettente pulsa in me.

Tra il ceppo e i tralci della vite, la comunione è data dalla linfa’ che sale e si diffonde fino all’ultima punta dell’ultima foglia. C’è un amore che sale nel mondo, che circola lungo i ceppi di tutte le vigne, nei filari di tutte le esistenze, un amore che si arrampica e irrora ogni fibra. E l’ho percepito tante volte nelle stagioni del mio inverno, nei giorni del mio scontento; l’ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire famiglie che sembravano distrutte. E perfino le mie spine ha fatto rifiorire. «Siamo immersi in un oceano d’amore e non ce ne rendiamo conto» (G. Vannucci). In una sorgente inesauribile, a cui puoi sempre attingere, e che non verrà mai meno.

Padre Ermes Ronchi




Ricordati, Dio

Quaresima

La Quaresima si apre con Dio stesso che ci conferma nel legame benevolo di alleanza con lui: «Io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri cari e con ogni essere vivente che è con voi» (Gn 9,10). Ogni impegno, ogni sacrificio, sta lì dentro. È un’alleanza che coinvolge tutti gli esseri viventi: tutte le persone che mi vogliono bene, tutte le persone a cui sono in qualche modo legato, persino gli animali che mi fanno compagnia e la natura che amo e in cui mi ristoro.

Con tutti siamo in comunione e viviamo l’inizio di questo impegno quaresimale in questo abbraccio non fisico, ma reale, che ci rinvigorisce.

Siamo protetti da te, Padre e da una corona di fratelli e sorelle, di amici, pure in mezzo a mille difficoltà.

Arcobaleno

Quando Dio giura: «Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra» (Gn 9,11) intercetta la paura più recondita e mostruosa dell’animo umano: che la nostra vita sia distrutta, che noi siamo disprezzati, che la nostra esistenza cada in rovina come se non avesse valore.

L’alleanza di Dio ci garantisce che non sarà così, che anche quando nella sua immensa onnipotenza Dio potesse prendere la risoluzione di “distruggerci”, lui non lo farà. C’è un verso bellissimo nel profeta Osea che ci spiega perché: «Perché sono Dio e non un uomo, sono “Diverso” in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira» (Os 11,9).

È tenerissimo Dio, che mette un segno perché sa che “nel tempo” siamo inclini a cambiare le nostre risoluzioni e i nostri proponimenti, e sembra essere preoccupato di questo anche lui.

Così, quando dovesse essere “tentato” si fermerà davanti all’arcobaleno. Anzi, come un divino Cupido, scocca la freccia del suo amore e della sua pace e ci colpisce al cuore. Come un vaccino portato dal cielo, come un vaccino contro ogni male: «Io ricorderò» (Gn 9,15), dice. Ricorda il primo proposito, il momento di chiarezza in cui si è capaci di proiettarsi nel futuro, per sempre, nella luce di quella decisione iniziale, come ci si ricorda dell’innamoramento.

Preghiera

«Ricordati, Dio…» è la preghiera che accede al tuo cuore. Anche nel salmo di oggi la diciamo due volte (Sal 24/25,6-7). Come potresti dimenticarti?! Questa preghiera è la chiave che apre sempre il tuo cuore. Forse è la parola migliore che possiamo dirti, mentre preghiamo, perché se tu non ti ricordassi di noi, se il tuo pensiero non fosse rivolto alla nostra esistenza, noi – semplicemente – spariremmo. Invece, siamo sempre nei tuoi pensieri. Tu ci vegli sempre. E nel momento in cui ti ricordi, ci avvolgi subito con il tuo amore e ci rendi splendenti; non pensi a come siamo nelle difficoltà o a quando siamo tentati, ma ci aiuti ad essere migliori, a trasfigurarci.

Così, è solo nel tuo ricordo che anche noi – come Gesù – possiamo stare con le fiere e allo stesso tempo sperimentare la vicinanza degli angeli. Sì, perché noi siamo tentati, ci lasciamo disorientare, siamo sempre prossimi a imbruttirci, ma poi siamo nel tuo pensiero, anche noi ci ricordiamo di ricordartelo, e scopriamo che tu ci avvolgi con quella benevolenza che fu il tuo primo proposito, come quando ti innamorasti di noi e noi di te, e ci vedi belli e ci fai essere migliori, perché ci ami, e noi siamo ammantanti di luce: da materiali diventiamo spirituali, da uomini vecchi diventiamo nuovi. Stiamo con le fiere e gli angeli ci fanno compagnia.