Se sapete ciò che fate… (per gli Under 20)

Sentiamo Gesù che dice: “Ascoltate e comprendete bene” e pensiamo che si voglia imporre, senza diritto, sulla nostra vita. Forse, ai più ribelli viene da pensare: “Ma cosa vuole questo? Perché dovrei dargli retta?!”.

Eppure, scopriamo che Gesù valorizza il bisogno di autenticità delle persone che lo circondano, ed è convinto che proprio la ricerca dell’autenticità porti ogni giovane alla sua unità e integrità.

Con un capolavoro di amicizia, Gesù inverte le prospettive e si avvicina a ciascuno e ciascuna di voi: mentre per alcuni, la ricerca di autenticità dei giovani appare una cosa eccentrica, Gesù afferma che è proprio quella che vi farà conquistare voi stessi.

L’importante è che siate consapevoli di ciò che state facendo. Se sapete ciò che fate… beati voi!




Dal nucleo

La scena del vangelo di questa domenica ha una triplice intensificazione. Prima Gesù risponde a una disputa pubblica sulle questioni della purità rituale, poi approfondisce il discorso in una casa, portandolo sul tema dell’interiorità, infine risponde personalmente ai suoi discepoli.

Purtroppo, nel taglio della versione liturgica, si perde il senso di sgomento dei discepoli, che – appunto – “lo interrogavano”, perché si rendevano ben conto della rivoluzione delle parole di Gesù.

Sulla scia dei profeti, in un mondo dove il sacro e il contatto con il mistero di Dio veniva definito dalle pratiche esteriori, Gesù costruisce l’interiorità. È quello il luogo dove si gioca la qualità della nostra esistenza: se riusciamo ad essere integri, interi, con ciò che proviamo.

Qui la questione diventa delicata, perché noi tendiamo a pensare che “essere integri con ciò che proviamo” significhi solo dare retta alle nostre emozioni e ai nostri sentimenti… ma non è così. Il punto è che ciò che viviamo sia un tutt’uno tra i nostri propositi, il nostro stile, le nostre scelte di vita, gli obiettivi che abbiamo, ciò che diciamo e ciò che facciamo. Un esempio perfetto, in negativo, è quando dobbiamo mentire: se mentiamo, vuol dire che queste dimensioni non sono allineate.

L’interiorità è una cosa desueta. Oggi vanno più di moda le belle foto su Instagram con le frasette carine… ma anche in questo esempio possiamo osservare un bisogno di interiorità. L’esposizione esteriore di sé in un’immagine proposta al pubblico esprime, in realtà, il bisogno di raccontare qualcosa di vero… che spesso deve addirittura essere esplicitato appunto con una frasetta, che esprime ricerca di interiorità.

Alla fin fine, per tutti l’interiorità è la cosa più preziosa che abbiamo. Solo che spesso è una gran confusione, perché ci sono troppe forze che spingono e non sappiamo come manovrarla, inoltre ci sono pochi maestri.

Gesù, tra l’altro ci mette in guardia che, paradossalmente, i nemici vengono proprio dall’interno. La nostra interiorità è come un fortino, al cui interno ci sono dei traditori; oppure come un muscolo che… sì certo, si può fare male prendendo una botta, ma è molto peggio quando si strappa per l’uso o per un movimento sbagliato. Bisogna avere cura pazientemente e di continuo di questo muscolo che è l’interiorità, in modo da impedire di farsi male e di sgominare i “traditori”.

Gesù conclude la lista di questi nemici parlando dell’insensatezza. Possiamo vigilare, quindi, cercando di non fare cose “insensate”, rimanendo padroni di noi stessi e in contatto con la nostra consapevolezza. In un manoscritto raro dei vangeli, c’è una glossa che attribuisce a Gesù questa affermazione: “O uomo, se sai ciò che fai, beato te!”.

Beato chi ha la consapevolezza di sé ed espande la sua esistenza come il Sole che irraggia calore dal suo nucleo.

Don Davide




Dedizione

A ridosso della conclusione dell’anno liturgico, quando le cose si ricapitolano e si fanno dei bilanci “spirituali” le letture della messa ci propongono la scena dell’obolo della vedova. È un momento in cui anche Gesù fa una sorta di “bilancio”: sa che sta per andare incontro alla sua passione, vede una scena commovente che ai suoi occhi si carica di un significato gigante e dice: “Ecco! Questa immagine ricapitola tutto il Vangelo! È una sintesi perfetta di tutto ciò che volevo dire e insegnare!”.
Sono, dunque, parole importanti quelle di Gesù. Sono parole pesanti che appaiono rassicuranti, ma non lo sono affatto: sono piuttosto taglienti e severe. Hanno il tenore di un monito. Sono molto vicine a una requisitoria.
Esse sono strutturate su due termini: “Guardatevi!” e “superfluo”.

Il monito a guardarsi dagli scribi e da quello fanno, cioè a stare ben lontani dal loro modo di fare (rileggersi come e cosa fanno gli scribi e meditarlo!) è un atto d’accusa senza sfumature. La vedova al tempo di Gesù non è solo una figura che suscita commozione; è il gradino più basso della scala sociale, insieme agli esclusi come i lebbrosi. Sia nei profeti dell’Antico Testamento che negli Atti degli Apostoli il rispetto e la cura delle vedove è il punto su cui sta o cade la qualità religiosa della vita di un credente e della sua comunità.
Degli scribi, Gesù dice che divorano le case delle vedove, e pregano davanti a tutti per farsi ammirare! Divorano i poveri e pregano per ostentare! Divorano e pregano: non si potrebbe immaginare un connubio più abietto!
Gli scribi siamo tutti noi quando ci interessa farci vedere, ma non siamo realmente interessati al bene delle persone. Gli scribi sono tutti quelli che fanno così.

E poi ci sono i “superflui”. Sì, avete capito bene. “Superfluo” è una parola durissima di Gesù: mettono quello che non serve a niente. Potrebbero averlo sprecato al gioco, messo in un investimento perso, oppure persino bruciato: a loro non cambierebbe niente. Non cambierebbe il loro tenore di vita, le loro preoccupazioni, perciò non cambia niente nemmeno a riguardo della loro solidarietà, del loro impegno. Mettono quello che è superfluo, quello che non serve a niente. Pensano che almeno, nel tesoro del tempio, servirà a qualcosa, ma Gesù dice di no. A nessuno servirà se per una volta qualche vedova mangerà un panino con quei loro soldi: non cambierà la storia del mondo, né la condizione di quella vedova. A Dio serve solo che cambi il loro cuore… e il mio, il nostro. La cosa terribile è che questo atteggiamento di non cambiare il proprio cuore, e quindi di non cambiare il mondo, rende superflui noi stessi. Se non ci convertiamo… siamo superflui. Non serviamo all’unica cosa che Dio vuole per la sua creazione: che ci vogliamo bene, che allarghiamo gli spazi della giustizia e della pace.

Il Vangelo, dice Gesù, è tutto ciò che si distanzia da questi due modi di vivere l’esperienza religiosa, e tutto ciò che invece, raccoglie la propria vita in un clamoroso, ancorché piccolissimo, gesto di dedizione.

Don Davide