Il Battesimo di Gesù

Leggendo il Vangelo di Marco nella narrazione del Battesimo di Gesù, come gli altri Vangeli che riportano questo evento deflagrante nella storia e nelle vite dei cristiani, siamo invitati a chiederci:

cosa avranno pensato le persone che erano radunate sulle rive del fiume Giordano?

Sappiamo che venivano da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalle regioni intorno al Giordano e possiamo immaginare che fossero fedeli che riconoscevano in Giovanni un profeta o forse persone curiose di incontrare questo uomo carismatico che ripeteva con insistenza che il Regno di Dio stava arrivando, che occorreva per questo convertirsi e che aiutava a farlo attraverso un rito che usava l’acqua del fiume Giordano come strumento di purificazione, in continuità con quanto profetizzava Ezechiele.

Certamente, come seguaci di Giovanni o, semplicemente, persone che lo avevano ascoltato, erano rimasti colpiti sentendolo dire: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali; costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco…”.

Immaginiamo, quindi, che ogni volta che questo rituale di purificazione e perdono avveniva, nei pressi del Mar Morto, dovessero esserci una moltitudine di persone piene di fede, desiderose di riconciliazione e nell’attesa di conoscere chi potesse essere il Messia che Giovanni annunciava.

Quel giorno, fra i tanti che chiedevano di essere battezzati, c’era Gesù, che ai più doveva semplicemente apparire come uno dei tanti fedeli penitenti.

Chissà cosa hanno pensato quelli che hanno sentito Giovanni rispondere a Gesù che gli chiedeva il battesimo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?”. Possiamo immaginare una folla stupita, perplessa e in questo clima sospeso di fede e interrogazione ecco l’inimmaginabile.

È ragionevole pensare che siano tutti stati travolti da una luce indescrivibile, inondati dallo Spirito, forse atterriti dalla parola di Dio e certamente nessuna di quelle vite è più stata la stessa di prima.

Noi apparteniamo alle generazioni di coloro che pur non avendo veduto credono, e Gesù ci ha definiti beati per questo.

Siamo senz’altro beati quando riceviamo il Battesimo e rinnoviamo le promesse battesimali, grazie a Gesù, che nella sua umiltà e nel suo infinito amore ha creato questo nuovo Sacramento, sentiamo il cielo che si apre, la presenza di Dio che entra nelle nostre vite, lo Spirito Santo che ci abita, illuminando i nostri sentieri.

Ogni volta è come ritrovarsi sul Giordano, rimanere attoniti fissando il cielo che si squarcia, senza fiato sentendo la parola di Dio, ricolmi di quella gioia che fa sembrare il nostro cuore umano troppo piccolo per contenerla, per fortuna siamo diventati tutt’uno con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Elena e Luca




Sete di acqua buona

Il ciclo liturgico dell’Anno A, quello in cui durante l’anno si legge il Vangelo di Matteo, ha la caratteristica che dalla terza domenica di Quaresima si ascoltano i lunghi racconti della Samaritana (Gv 4), del Cieco Nato (Gv 9) e di Lazzaro (Gv 11), che accompagnano l’ultima preparazione ai Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana degli adulti.

L’icona biblica di Marta e Maria (Lc 10,38-42) ha abbondantemente accompagnato la riflessione della Chiesa italiana in questo anno.

In occasione della Pasqua, centro dell’anno liturgico e sorgente di ogni scelta pastorale, possiamo rileggere il testo di Marta e Maria in filigrana ai racconti quaresimali.

Quando arrivano ospiti a casa, prima di tutto si chiede loro se vogliono qualcosa da bere, oppure si fa un bell’aperitivo. È un’attenzione al bisogno più immediato, la sete, oppure il desiderio di fare stare bene le persone accolte fin dall’inizio con qualcosa di buono, magari delle bollicine prelibate.

Come la sollecitudine di Marta nell’accogliere Gesù, e come fa Gesù stesso, che svela la sete della Samaritana.

Dopo bisogna stare attenti a non perdere di vista i nostri ospiti. Spesso, per fare bella figura, ci si arrabatta in cucina e in mille servizi, godendosi poco la compagnia degli amici.

Gesù che ridona la vista al cieco è lo stesso che nella casa di Marta e Maria insegna a non perdere di vista l’essenziale.

Infine, quando abbiamo ospiti a casa, non è la cena succulenta o la perfetta osservanza del galateo a farci sperimentare un senso di pienezza e di gioia, ma la presenza degli amici, la mutua e affettuosa vicinanza gli uni degli altri.

Nella scena di Lazzaro, incontriamo lo stesso Gesù che dice qual è la parte migliore, quella che dà la vita.

Iniziamo dalla sete di cose buone, che è una sete vera, molto concreta anche per i nostri giorni. Se pensiamo a questo itinerario, sentiamo ancora più lacerante il dramma del naufragio a Cutro e di tutti i naufragi. Ci sono persone che hanno sete, e non dobbiamo perdere di vista l’essenziale, che è sempre salvare la vita.

Non c’è una parte migliore, nel mondo, che quella di sconfiggere le guerre, di invertire completamente questa cultura del nemico, dell’impossibilità di vivere insieme, che dà la morte, invece che la vita.

Abbiamo sete di cose buone per le ragazze e ragazzi, per la loro formazione, per l’amore nelle famiglie e tra le persone, per chi si sente discriminato, solo ed escluso.

Tutto questo ci chiede di fare maturare il Battesimo come un frutto d’estate. La Quaresima è il variegato cammino, attraverso il quale possiamo dare vigore a questo processo di maturazione.

Facciamo ogni sforzo per ospitare Gesù, eppure siamo ospitati da lui.

Vorremmo dissetarlo con il nostro amore, ma siamo noi che ci dissetiamo con i suoi sacramenti.

Teniamo gli occhi fissi su di lui e ogni volta lui ci mostra come vederlo e scoprirlo di nuovo.

Infine, desideriamo vivere e vivere bene, attingendo al suo amore l’energia per questa vita.

Quest’anno, avremo il Battesimo di due bimbe e un bimbo durante la Veglia di Pasqua. È un’occasione speciale.

Possiamo riscoprire il nostro Battesimo, cioè la bellezza della nostra vita cristiana.

Don Davide




La domenica dei battezzati

Siamo felici, in questa domenica, di celebrare il Battesimo di due bimbe del catechismo, insieme a un’amichetta più piccolina.

Il Battesimo, infatti, ha sempre due sfumature, ed è bene che siano entrambe presenti nella comunità cristiana.

La prima è quella del dono incondizionato, tanto incondizionato da non richiedere nemmeno la consapevolezza: è il caso dei bimbi che vengono battezzati appena nati, o ancora infanti… come la nostra piccola amica Caterina oggi. Il Battesimo, in questo caso, mette in luce l’amore di Dio totalmente gratis che ci precede, non ci chiede nulla e ci avvolge di un affetto e di una premura molto più grandi di quelle che ci potremmo mai immaginare: quelle di una famiglia e di una comunità cristiana.

La seconda sfumatura, invece, è quella di una scelta accolta dopo essere maturata. È il caso di Eva e Victoria, che hanno fatto un po’ di percorso del catechismo e insieme alle loro famiglie hanno deciso di ricevere anche loro il sacramento del Battesimo.

Entrambi questi aspetti ci aiutano a ricordare e scoprire il vero significato del sacramento più importante di tutti: esso è un dono e anche una scelta; una grazia e un impegno; la cosa che sta all’inizio della nostra vita cristiana, che segna l’inizio del nostro apprendimento, ma anche il valore più grande, che dice che nella Chiesa noi siamo già sufficientemente autorevoli per annunciare il Vangelo e prenderci cura dei nostri fratelli e sorelle.

Lo dico sempre: il Battesimo è l’unica vera e la più grande dignità di ogni cristiano. E il nostro vero orgoglio. Per questo, in realtà, ciascuna delle due sfumature di cui ho parlato sopra, prevede anche l’altra. Non c’è dono che non vada custodito, fatto crescere e reso sempre più consapevole. Non c’è scelta che non sia preceduta dall’amore di Dio che si dona gratuitamente a noi e che, proprio grazie a questa scoperta sorprendente, ci sostiene nel nostro cammino.

Ringraziamo Eva e Victoria, così come anche Daniel Steven nella notte di Pasqua, e anche le famiglie dei bimbi più piccoli, perché il Battesimo è anche il segno di una comunità materna e fraterna, che sa ancora generare alla fede, e questo ci dà speranza.

 Don Davide




Riscoprire il nostro Battesimo, per generare la Chiesa

Battesimo

In questo anno il vescovo ci ha affidato l’immagine della Pentecoste, come guida del cammino pastorale della diocesi, per richiamarci all’effusione dello Spirito Santo che genera la Chiesa.

Tale effusione si realizza per la Chiesa nel giorno di Pentecoste e, in modo particolare, ogni volta che si raduna per celebrare l’Eucaristia. Per ogni credente, invece, si realizza nel modo più alto possibile nel Battesimo.

Il battesimo (con la “b” minuscola) di Gesù al Giordano richiama il Battesimo sacramento (con la “B” maiuscola) proprio per questa discesa dello Spirito Santo: lo Spirito discende su Gesù in forma di colomba, come discende e impregna ciascuno di noi nel sacro rito dell’immersione nell’acqua battesimale.

Non c’è modo più adatto, per entrare in sintonia con l’invito del vescovo, che riscoprire, in questo giorno il nostro personale Battesimo: il giorno in cui il grembo della Chiesa ci ha generato alla Vita nuova e in cui lo Spirito Santo ha incominciato ad animare la nostra esistenza cristiana.

Ma cosa significa riscoprire il nostro Battesimo?

Quando avevo quindici anni, nel 1993, il Cardinale Biffi indisse il “Biennio della fede” in cui l’obiettivo era la riscoperta del nostro Battesimo, per poter considerare la nostra fede cristiana una cosa preziosa, un dono.

Per due anni sentivo parlare in tutte le salse – quando andavo in parrocchia, ai gruppi e ai ritiri – del bisogno di riscoprire il proprio Battesimo.

Ero positivamente disposto, e volevo riscoprire il mio Battesimo, ma non sapevo davvero che cosa significasse, o come si facesse.

Poi il “Biennio della fede” passò, come tutte le cose ecclesiali e io non pensai più all’urgenza di riscoprire il mio Battesimo. C’erano altre ansie nella mia vita… (Ancora oggi, il ricordo di questa esperienza mi fa pensare a quanto effetto abbiano alcuni nostri slogan ecclesiali… ma questa è un’altra storia…).

Fatto sta, che quando entrai in seminario e iniziai il corso di ecclesiologia (una “parolaccia” che vuol dire: teologia della chiesa) un professore illuminato che adesso è il vescovo di Modena cominciò a insegnarci che il Battesimo è il sacramento della nostra dignità, che un battezzato ha la stessa dignità del vescovo e del papa, e che riscoprire il proprio Battesimo significava sapere che io sono protagonista della vita della Chiesa e che non ho bisogno dell’autorizzazione o del mandato di nessuno per darmi da fare, per costruire la Chiesa, per essere annunciatore del Vangelo e testimone del Risorto.

Insomma, in pochi mesi diventai consapevole che la fede era una cosa di cui essere orgoglioso, e che era messa nelle mie mani – o meglio, nel mio cuore – perché io fossi protagonista della Chiesa che volevo generare.

Erano passati cinque anni da quando avevo sentito parlare dell’importanza di riscoprire il nostro Battesimo. “Ecco, cosa significava! – pensai – Potevano dirmelo prima!”.

Don Davide




Battesimo di Gesù. Desiderio di comunione

Tre sono i misteri che si celebrano legati alla manifestazione di Gesù: l’adorazione dei Magi; il battesimo ricevuto da parte di Giovanni Battista al Giordano; la trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana.

In questi eventi si svela che Gesù è il Messia che chiama tutti i popoli a conoscere il Dio d’Israele; che il messia è presente, confermato e indicato da un nuovo profeta: Giovanni Battista e, infine, che Gesù dona la gioia che tutti attendiamo, nel simbolo del vino buono.

Per questo, la celebrazione del Tempo di Natale giunge fino al giorno del battesimo di Gesù, quando Gesù è ormai adulto: il bimbo che è nato, ora inizia la sua opera di salvezza rivelandosi al mondo.

In tutto questo Gesù compie un palese atto di umiltà: si mette in fila con i peccatori, lui che non lo è affatto, e anche di fronte all’obiezione di Giovanni Battista, risponde che si compia ogni giustizia.

La giustizia di cui parla Gesù è quella di una grande condivisione, di un senso di comunione che oserei dire universale, con tutti quelli che sono segnati dal peccato e che non sono dispiaciuti. Non con quelli che sono assuefatti dal potere e stanno nei palazzi dei re, e che non si sognano nemmeno di andare da Giovanni Battista, in quella regione polverosa, con tutti quei poveri disgraziati! Quelli non sono dispiaciuti, non soffrono e invece fanno soffrire! Invece Gesù si mette con tutti quelli che sono dispiaciuti, che soffrono (soprattutto per causa di chi ha più potere di loro), che hanno un desiderio autentico di cambiare, che attendono la pace del Messia e la speranza operosa di un mondo migliore.

Un atto simile a quello di Gesù lo avevamo già visto nell’inchino umile con cui i Magi adorarono il bambino Gesù. Un gesto assolutamente gratuito, di un grande nei confronti di un piccolo, e per questo un gesto veramente maestoso.

Il giorno dell’Epifania ho ricordato una frase dell’autrice Chiara Gamberale: “La speranza di un noi, in generale, nel mondo”. Un pensiero bellissimo, che esprime il clima di questi giorni, potremmo dire “il sogno di Dio”: il suo desiderio di fare una realtà affatto nuova rispetto a tutte le esperienze degli uomini, dove si possa dire con piena pace e piena verità: “noi”, senza che nessuno sia nemico, antagonista o escluso.

Ma questo sogno nasce dalla nostra volontà di metterci in questo cammino umile, come Gesù e al seguito di lui. Chiediamo la sua autenticità, la sua libertà di cuore, il suo intimo rapporto con il Padre, la sua capacità di entrare in sintonia con il cuore e il vissuto delle persone.

Ricomincia il Tempo Ordinario dell’anno liturgico e noi, con nuova fiducia e nuovo slancio, ci mettiamo nuovamente in cammino verso questo obiettivo.

 Don Davide




Il Battesimo di Gesù e la vittoria della fede

La festa del Battesimo di Gesù è una domenica particolare nel calendario liturgico, perché si pone come cerniera tra il Tempo di Natale e il Tempo Ordinario. Essa infatti chiude le festività natalizie, con il clima peculiare che accompagna le letture di questo periodo, ma allo stesso tempo conta come I domenica del Tempo Ordinario.

Dopo avere contemplato l’umiltà di Dio, che si fa uomo in Gesù bambino nel piccolo paese di Betlemme e nelle condizioni più ordinarie, ora contempliamo l’umiltà di Gesù uomo adulto, che inaugura il suo “ministero pubblico” mettendosi in fila con gli uomini peccatori, condividendone – non per finta – la loro condizione e il loro destino.

È un momento di altissima rivelazione di Dio: così, infatti, Gesù mostra che il Padre si compiace nell’amare gli uomini e stare loro vicino proprio nella loro condizione di peccatori bisognosi di conversione e aperti al cambiamento.

Il battesimo di Gesù è anche una promessa: il gesto di purificazione, che compie Giovanni con l’acqua, sarà compiuto in maniera definitiva ed efficace dal dono dello Spirito Santo.

La liturgia, dunque, ci invita a meditare l’inizio di questo cammino stupendo e umanissimo di Gesù in mezzo alle nostre vite reali e concrete. Di qui il senso di riascoltare l’invito del profeta Isaia, nella prima lettura: “Cercate il Signore mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino!”. Ora il Signore è vicino! Adesso cammina in mezzo a noi! Questo è il momento in cui, chiunque desideri scoprirlo in un modo rinnovato, può capitalizzare il suo desiderio!

Risuona un grande invito, per mezzo del profeta Isaia, all’inizio di questo anno liturgico: “O voi tutti, assetati, venite all’acqua; voi che non avete denaro, venite ugualmente! Comprate e mangiate senza denaro e senza spesa vino e latte!”.

E questo invito è sostenuto da una certezza stupenda: che nessuna delle parole del Signore tornerà indietro senza essere stata efficace, senza avere operato ciò che è nell’intenzione benevola di Dio.

Vorrei davvero, perciò, che tutti sentissimo questo tempo che ci è dato – il cammino dell’anno liturgico – come l’occasione preziosa per dare spazio a quell’intimo desiderio di avere un’amicizia personale e viva con Gesù, o riscoprirla, certi che lui non mancherà di farci sentire la sua presenza.

“Questa è la vittoria della nostra fede”, dice l’apostolo Giovanni nella seconda lettura: “quella che vince il mondo”. Qui, con mondo, si intende l’accezione negativa, le forze di peccato e di disgregazione presenti in esso, il mondo inteso come ciò che si oppone alla Nuova Creazione di Dio.

In questa settimana, tristemente, abbiamo visto in più forme questa realtà negativa, basti pensare ai tragici fatti di Parigi o della Nigeria. La liturgia ci propone un cammino di conversione, di incontro con Gesù e di autenticità cristiana, proprio come “arma pacifica della fede” che, però, è l’unica in grado di vincere queste forze disgregatrici che tutti gli uomini di buona volontà, vogliono vedere sconfitte.

Don Davide