L’allenamento abbia inizio

In questa domenica che precede l’inizio della Quaresima, ascoltiamo il mandato di Dio a Mosé:

“Parla a tutta la comunità, dicendo loro: Siate santi, come io sono santo.” (Lv 19,17).

La santità viene declinata da Gesù in un amore che va oltre i confini della logica, della giustizia compensativa e persino del buon senso, e per questo diventa un atto di suprema libertà.

Essere liberi di amare, questa è la santità.

L’itinerario quaresimale, che inizia il Mercoledì delle Ceneri, è un allenamento intensivo per raggiungere questo obiettivo. I propositi che vorremo fare, i fioretti e una maggiore attenzione alla preghiera saranno autentici, se avranno come scopo di aiutarci a raggiungere questa libertà interiore e di orientarla al bene.

Caratteristica del Mercoledì delle Ceneri è una grande convocazione.

Il profeta Gioele, nel testo molto suggestivo che viene proclamato nella liturgia, invita tutti a un’adunanza solenne, proprio tutti: ragazzi, giovani, adulti anziani e persino lattanti, e deve essere proprio così.

I bambini del catechismo e anche i gruppi dell’Azione Cattolica dei ragazzi, infatti, hanno proprio questo motto: “Ragazzi, che squadra!”, che richiama il senso di un’impresa comunitaria.

Qualcuno si stupisce quando arriva una giovane mamma con in braccio un bimbo o una bimba piccolissima, che il ministro imponga anche su di loro la cenere, perché sembra che faccia paura e che stoni con una giovane vita che ha tutta l’esistenza davanti; invece, è l’indice che tutti dobbiamo essere rinnovati dall’amore del Signore che tocchiamo concretamente, in questi giorni.

Per questo, il Mercoledì delle Ceneri, facciamo ben tre celebrazioni, la messa alle 8 e alle 19 e la celebrazione per i bimbi alle 17.30, perché tutti abbiano la possibilità di partecipare, nessuno escluso.

Porte aperte, dunque, alla gara dell’amore. L’allenamento abbia inizio.

Don Davide




Celebrare i funerali, onorare i morti

Nella celebre tragedia di Sofocle, Antigone va incontro alla morte perché decide di dare sepoltura al fratello Polinice, contro il parere del re Creonte. In uno dei passaggi Antigone afferma che questa cosa è così buona e giusta che sarà valsa la pena farla e morirne.

La vicenda di Antigone ha un omologo anche nella storia di Tobia, uno dei libri della Bibbia, dove tutta la vicenda narrativa ha inizio proprio dalla decisione di Tobi (il padre di Tobia) di andare a seppellire i morti contro l’editto del re.

In entrambi i casi, i re volevano impedire la sepoltura in spregio all’umanità dei loro nemici, al contrario Antigone e Tobi risultano i grandi difensori della dignità di ogni individuo.

Fin dalle radici della nostra cultura, dunque, è iscritta nell’animo umano la consapevolezza della necessità di dare dignitosa sepoltura ai morti. È un obbligo morale che non dipende nemmeno dalle leggi esteriori; direbbe il grande filosofo Kant che è un imperativo categorico, qualcosa che decide se un atto è umano oppure no.

La scorsa estate sono andato a visitare il sacrario militare dei tedeschi al Passo della Futa. Concettualmente, è una cosa sbalorditiva. Agli inizi degli anni ’60 (quindi ad appena quindici anni dalla guerra) il governo tedesco e quello italiano trovarono un accordo, affinché la Germania potesse dare dignitosa sepoltura a tutti i propri morti in queste terre, e l’Italia, così facendo, esprimesse uno dei più grandi gesti di pace immaginabile, affermando la dignità anche del nemico, con le ferite aperte che la situazione degli ultimi anni di guerra avevano e hanno ancora lasciato.

Io vedo uno dei segnali più evidenti e gravi di declino della nostra cultura (almeno qui in Italia nell’orizzonte che riesco a prendere in considerazione) proprio nella trascuratezza con cui si affronta il tema del saluto a una persona cara defunta, della celebrazione del funerale e della sepoltura dei morti.

Ultimamente, in occasione della celebrazione dei funerali, mi è capitato più volte che qualcuno tirasse dritto sotto il portico passando tra me e il carro funebre, mentre io dicevo le preghiere di accoglienza o di congedo del defunto, disinteressandosi di quello che si stava facendo e in spregio al rispetto per il defunto stesso (e i suoi famigliari).

Il rispetto della morte, evidentemente, vale meno che deviare il proprio tragitto e allungarlo di dieci metri.

Dopo avere pazientato in un paio di occasioni, una volta mi sono permesso di chiedere a una signora di passare dall’altra parte. Questa donna mi ha risposto: “Con calma, eh! Basta dirlo!”. Ma proprio in questa risposta io ravviso il segno della rovina: non ci dovrebbe nemmeno essere il bisogno di dirlo!

Inoltre, sempre più frequentemente, in parrocchia dobbiamo registrare con grande tristezza che i parenti dei defunti non organizzano loro il funerale. Le frasi ricorrenti sono: “Facciamo una cosa veloce…” o “Diamo solo una benedizione in camera mortuaria…”

Accade anche che la parrocchia non sia avvisata nella circostanza della morte di qualche persona che è stata molto vicina alla comunità e che ha amato la chiesa.

In occasione della Commemorazione dei fedeli defunti spero che ci aiutiamo a recuperare il senso della dignità della morte e del rispetto dei defunti, e che possiamo essere un piccolo segno per invertire queste tendenze abominevoli e barbariche. Ci vuole l’impegno di tutti e una luminosa testimonianza della fede nel Signore Risorto!

Don Davide




La Croce di San Valentino

Segno di fede e devozione.

La Croce di San Valentino è un segno di fede e di devozione molto speciale, legato alla chiesa santuario di S. Valentino della Grada.

Gesù ci invita a prendere su di noi il suo giogo (Mt 11,28-30) come il Cireneo (Mt 27,32), ma in realtà non siamo noi ad aiutare lui, è lui che sostiene noi. Il giogo, portato così assieme con lui, diventa leggero e noi troviamo sorprendentemente consolazione e riposo. È l’esperienza della grazia.

La Croce di San Valentino è il segno di questa grazia. È una croce con un unico asse verticale, ma due assi orizzontali, a indicare che la nostra croce è unita a quella di Gesù.

È la grazia che ha provato prima di tutto il sacerdote Valentino, nella sofferenza del martirio. Affidandoci alla sua intercessione, siamo sempre aiutati a trovare in Gesù coraggio, consolazione e sollievo.

Signore Gesù,
unisci la mia croce alla tua
affinché anche la mia sofferenza
sia trasfigurata,
come quella di San Valentino,
in un’offerta d’amore a te
per la salvezza del mondo
e per il bene di coloro che amo.

Amen.

Calendario delle Celebrazioni nella Chiesa di S. Valentino