Sulla pietra, per te (Under 20)

Voglio scrivere per te sulla pietra
del Tempio,
che rimanga inciso in eterno
il ricordo.

Voglio scrivere
della tua giovinezza pulita,
deturpata da quelli
che osano giudicarti.

Scrivo per terra
che non sono questi i passi.

Che non bisogna umiliare
nessuno.

Vorrei scolpire sulle mura
un voto
per la tua fioritura
di appartenuta bellezza.

Che male ti faccia
nessuno.

Scrivo ancora su questo cortile:
è luogo santo,
che tu possa abitarne gli spazi
felice.

Del Tempio
rammenta le pietre deposte
sulla pietra
l’amore impresso
nel tuo giovane corpo.




Cammino di Nicodemo, cammino della Chiesa

Il Maestro e il discepolo

 

Il nome Nicodemo è un nome greco composto da ‘vittoria’ e ‘popolo’. Dal greco in italiano si può declinare il suo significato traducendo: 

‘Vincitore del popolo’ 

‘Vincitore fra il popolo’ 

‘Vittoria del popolo’. 

È chiara l’idea di Giovanni che, nel percorso di Nicodemo, vuole rappresentare una vittoria: quella del popolo, della gente comune. 

Il dialogo con Gesù non è solo l’inizio di un percorso; le ragioni di Gesù sono ‘con-vincenti’. Si vince insieme; non io sì e tu no, o viceversa. Con Gesù vincono tutti, anche chi vuole distinguersi dalla gente comune, ma è pur sempre del popolo. 

Il Vangelo ci aiuta a riflettere anche su questi tempi avversi, dove si possono contare almeno 18 guerre nel mondo (secondo altre stime 34), una ora anche in Europa: in queste guerre perdono tutti, anche se nella contrapposizione finale dovesse apparire un vincitore.  

Nella trasformazione che Nicodemo compie al seguito di Gesù, il Maestro indica la via per essere vincenti tutti.

Maestro e discepolo ci fanno strada, noi li seguiremo ancora.




Quattro filari

La storia dei lavoratori nella vigna ci parla di quattro filari, dove si coltivano uve diverse, da cui produrre altrettanti vini pregiati.

È una storia in cui Gesù, nascosto nelle pieghe di un racconto, vuole parlarci di un risveglio. Il risveglio della nostra vita. Il dono di mettersi all’opera per servire l’amore del Padre.

Ecco questi quattro filari da percorrere, con l’uva da assaggiare e da lavorare perché ci allieti un vino sublime, “il vino che rallegra il cuore dell’uomo” (Sal 103/104,15).

Il Signore è in cerca

Il Diavolo va in giro come leone ruggente, cercando chi divorare (1Pt 5,8). Il Signore va in giro come agnello mansueto, cercando chi assumere. Sappi che il Signore è in cerca; che il “regno di Dio” passa e ripassa dalla tua vita, è prossimo, non è lontano. È così poco distante che è a suono di voce, che le occasioni non ti mancano. “Cercate il Signore mentre si fa trovare – ci ricorda Isaia – invocatelo mentre è vicino!” (Is 55,6).

Ascolta la chiamata

Ascolta la sua chiamata, senti che qualcuno ti sta parlando: “cosa fai lì?”. Dedicati all’ascolto di una guida, di un punto di riferimento, di qualcuno che ti ispiri e ti illumini.

Ricorda la vigna

Non sei chiamato ad andare in un posto indefinito, poco piacevole, dove non sai cosa fare. Sei chiamato nella sua vigna, dove ci sono tanti operai e dove il Signore vuole tutti. Non importa che tu sia il primo o l’ultimo, la prima o l’ultima, conta che sei invitato. Chiama altri! Aiuta qualcuno a sentirsi coinvolto, non ragionare solo in termini di “giustizia”, di “cosa ci guadagno”, di “chi se lo merita”, ma pensa al regno di Dio: un grande spazio di bene, in cui siano coinvolti tutti.

A giornata

Non c’è l’assunzione a tempo indeterminato e non si vive di rendita. La chiamata con cui il Signore ti risveglia dal tuo torpore è un lavoro “a giornata”. Ti devi dedicare tutti i giorni, quotidianamente, anche poco, ma sempre. A che cosa?! A quello che ti serve per “risvegliarti”. Vuoi crescere nella fede? Inizia a lavorare “a giornata”. Vuoi raggiungere risultati nello studio? Inizia oggi. Vuoi migliorare la tua relazione? Fai qualcosa di meglio a partire da adesso. Rammenta che uno dei drammi della nostra società e della maturità umana di questi tempi è che c’è una grandissima superficialità proprio su questo punto. Non si prende sul serio che bisogna lavorare quotidianamente, se si vuole “ricevere” in dono il “regno”. E non ti scoraggiare: le piccole vittorie contano. Anche se hai fatto ancora pochissimo, hai incominciato. Il traguardo non mancherà.

Don Davide




Avrete forza dallo Spirito Santo

“Finalmente, Signore! È questo il tempo in cui rimetti a posto le cose? In cui si torna a messa senza mascherina, il catechismo riprende con migliaia di bambini, facciamo l’ER e i campi… ci abbracciamo e ci baciamo!”

“Ma, veramente… – obietta il Signore – io non ho detto questo!

Delusione dei discepoli. “Cavoli, ci avevamo sperato!” esclamano schioccando le dita.

“Quello che vi posso dire – dice il Risorto – è che vi sarà data la forza: sì avrete forza dallo Spirito Santo che vi sosterrà e vi aiuterà ad essere miei discepoli e testimoni anche in questa situazione che continua ad essere complicata.”

Ho riadattato questo dialogo tra i discepoli e Gesù, prima della sua ascensione, immaginandolo contemporaneo.

È un giorno di festa, questo, e strano, perché torniamo a celebrare insieme la Pasqua della settimana dopo quasi tre mesi. Non ci rendiamo mai abbastanza conto di cosa questo abbia significato e di cosa comporterà per il futuro. Basti pensare che dal tempo delle persecuzioni in poi, non era mai accaduto che non si potesse celebrate l’Eucaristia insieme.

È inutile fare finta di niente. Le nostre comunità ne escono e ne usciranno ferite. Al di là della retorica di una certa resilienza, questo fatto avrà conseguenze sulla vita della chiesa nei prossimi anni.

Il grande impianto della chiesa in occidente, che già scricchiolava in molti modi, è parso crollare da un giorno all’altro insieme a quello del mondo.

Tutto chiuso.

E anche adesso che qualcosa sta riaprendo… Come faremo? Le assemblee, le feste, gli incontri, gli abbracci, la vita insieme… Che ne sarà?

Spirito“Tranquilli! – siamo tentati di dire noi, come i discepoli – Ecco è passato! È questo il tempo in cui il Signore ricostituirà il suo regno!”. Il suo regno, che in realtà è il nostro regno, il nostro modo di pensare, sono le sicurezze dei discepoli.

Ma Gesù ci dice: “Tranquilli sì, non perché sarete confermati nelle vostre certezze rassicuranti, ma perché se scegliete di aprirvi allo Spirito, allora scoprirete orizzonti più ampi. Io intanto vin garantisco di esservi vicino, di stare con voi, anche di consolarvi, quando ne avrete bisogno. Per il resto, forse, bisogna accettare che appaiano altre urgenze, altri bisogni su cui riedificare la chiesa e ricostruire la nostra pastorale.”

Oggi abbiamo ripreso o riprenderemo a celebrare la Domenica insieme. Considerato questo sconquassamento, ho sentito l’esigenza di intervenire in modo vistoso sulla liturgia, soprattutto perché i testi possano esprimere il vissuto. Questo non è stato un tradimento della sublimità liturgica, ma lo sforzo di prendere sul serio la presenza concreta del popolo nella celebrazione. Come dirò anche a messa, per adesso vorrei esservi vicino e dirvi una parola affettuosa e di incoraggiamento, come fanno un papà o una mamma, semplicemente, dopo che i figli hanno passato un brutto spavento.

Il peggio magari è alle spalle, ma c’è come un’ombra lunga di quell’inquietudine, e quindi il bisogno di sentirsi garantiti in uno spazio dove si possa tornare sereni.

Don Davide




L’Assemblea di Zona

Zona PastoraleGesù sa che a lui e ai discepoli spetta un lungo cammino per poter sperimentare la Pasqua, perciò – attratto dall’amore del Padre – sale sul monte, per essere il più possibile in sintonia con lui. La trasfigurazione è un regalo di Dio, un anticipo della resurrezione offerto ai discepoli, perché siano istruiti su quale sia il traguardo e si sentano incoraggiati nella fede.

Mi piacerebbe che potessimo pensare alla prima Assemblea di Zona, che si terrà questa Domenica pomeriggio (17 marzo, ore 16, presso la Parrocchia S. Caterina di Saragozza) come a una piccola esperienza di trasfigurazione “pastorale”.

È l’amore del Padre che ci chiama a metterci in ascolto della voce dello Spirito Santo e gli uni gli altri, perché vuole che la Chiesa viva del contributo di tutti. In questo momento di partecipazione condivisa, preparato fra le varie parrocchie con semplicità, ma soprattutto con tanta amicizia ed entusiasmo, abbiamo un piccolo anticipo di cosa sarà – e dovrà essere – la Chiesa del futuro. Siamo certamente anche istruiti su quale sia la meta del nostro cammino: quella comunione che permetta di trovare un modo adeguato di vivere la fede anche per gli anni a venire e così di essere più autentici testimoni del Risorto.

Nell’invitare alla partecipazione, quindi, mi rivolgo soprattutto ai giovani. Ciò che è in gioco, a partire dall’Assemblea di Zona, non è qualcosa che riguardi solo i prossimi cinque anni, tale da fare pensare che interessi quella popolazione anziana che ormai costituisce quasi esclusivamente la presenza ecclesiale. In realtà, qui si iniziano a porre le basi e le premesse della Chiesa del futuro, dell’assetto delle parrocchie, del territorio ecclesiale e della pastorale per i prossimi venti/trent’anni, forse anche di più. Qui c’è in gioco la Chiesa che voi ragazzi e giovani di oggi, abiterete da adulti protagonisti, forse da genitori; in ogni caso sarà la vostra Chiesa.

Bisogna essere consapevoli di questo: se ci sarete voi, giovani, nella Chiesa del futuro, la Chiesa esisterà. Altrimenti potrebbe anche scomparire.

Dall’Assemblea di Zona di questa domenica, idealmente tracciamo un ponte verso l’appuntamento della Festa dell’Incontro di domenica prossima: l’occasione di stare insieme in amicizia e condivisione con le persone e le famiglie che come parrocchia aiutiamo stabilmente, attraverso la preziosissima opera della San Vincenzo e della Caritas.

Anche in questo capiamo il significato della trasfigurazione: un momento di rivelazione in cui la Chiesa appare per quello che è: il corpo di Cristo, al quale partecipano tutti, senza esclusi.

In questo itinerario quaresimale, che condividiamo con la nostra comunità parrocchiale e con le altre parrocchie, il Signore ci guida, ci purifica e ci istruisce perché ogni nostro passo sia un avvicinarci ad aprire il cuore alla resurrezione di Gesù e ad esserne autentici testimoni con il nostro Battesimo.

Don Davide




Sì, Signore, sei davvero tu!

In un mondo che non crea posto alla speranza, non crede che ci sia Qualcuno che sa e può donarla, e quindi la considera solo un’utopia, la Chiesa, oggi, terza domenica di Avvento, ci invita alla Gioia:

“Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi!
Il Signore è vicino.” (Fil. 4,4).

Del resto quale valore può essere dato alla vita se si esclude o ignora il grande dono che Dio ci dà con Gesù? Si può fare a meno di Gesù?
L’arcivescovo Montini (futuro papa Paolo VI) era convinto di no, quando ancora nel lontano 1955 scriveva: “Oggi l’ansia di Cristo pervade anche il mondo dei lontani quando in essi vibra qualche autentico movimento spirituale. Il mondo, dopo avere dimenticato e negato Cristo, Lo cerca. Ma non lo vuole cercare quale è e dove è. Lo cerca tra gli uomini mortali: ricusa di adorare il Dio che si è fatto uomo, e non teme di prostrarsi servilmente davanti all’uomo che si fa Dio…. È una strana sinfonia di nostalgici che sospirano a Cristo perduto; di pensosi, che intravedono qualche evanescenza di Cristo; di generosi, che da Lui imparano il vero eroismo; di sofferenti, che sentono la simpatia per l’Uomo dei dolori; di delusi, che cercano una parola ferma, una pace sicura; di onesti, che riconoscono la saggezza del vero Maestro; di convertiti, che confidano la loro avventura spirituale e dicono la loro felicità per averlo trovato.”.
E forse in questa lunga categoria di cercatori o indifferenti a Gesù ci siamo noi, anche noi.
Forse anche noi cerchiamo conferme, come Giovanni Battista. Ha detto Papa Francesco in un’udienza generale “Il Battista attendeva con ansia il Messia e nella sua predicazione lo aveva descritto a tinte forti, come un giudice che finalmente avrebbe instaurato il regno di Dio e purificato il suo popolo, premiando i buoni e castigando i cattivi… Ora che Gesù ha iniziato la sua missione pubblica con uno stile diverso; Giovanni soffre perché si trova in un doppio buio: nel buio del carcere e di una cella, e nel buio del cuore. Non capisce questo stile di Gesù e vuole sapere se è proprio lui il Messia, oppure se si deve aspettare un altro.”.
E Gesù lo conferma: il suo agire è la rivelazione del Padre, Dio misericordioso che dà inizio alla manifestazione del suo regno.
Scrive Papa Francesco: “Il messaggio che la Chiesa riceve da questo racconto della vita di Cristo è molto chiaro. Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per punire i peccatori né per annientare i malvagi. A loro è invece rivolto l’invito alla conversione affinché, vedendo i segni della bontà divina, possano ritrovare la strada del ritorno… La giustizia che il Battista poneva al centro della sua predicazione, in Gesù si manifesta in primo luogo come misericordia. E i dubbi del Precursore non fanno che anticipare lo sconcerto che Gesù susciterà in seguito con le sue azioni e con le sue parole.”.
Poi Gesù chiede a chi lo ascolta quale sia la verità di un profeta, che nulla ha a che fare con le mode e stravaganze o la speculazione sul bisogno umano di sicurezza di tanti… anche oggi. Non è facile voltare le spalle alle tante sirene, alle cose di “quaggiù”, cioè alle cose che non hanno uno slancio verso l’amore di Dio. Come ha detto spesso Papa Francesco, dobbiamo infatti mettere in conto che i profeti “sono tutti perseguitati o non compresi, lasciati da parte. Non gli danno posto!”. Solo in quella ‘via stretta’ possiamo capire come il Natale sia una grande gioia e pace, che sorge da una povertà-libertà dalle cose e che noi vediamo invece realizzata nei segni che manifestano ogni giorno, l’amore del Padre per le sue creature, per ciascuno di noi.

(mons. A. Riboldi)