Dentro il cuore di Gesù

Il Signore ci ha fatto una grazia speciale lasciandoci salutare per un anno la Chiesa di S. Maria della Carità celebrando la solennità del Sacro Cuore di Gesù.

Non contano infatti le mura di pietra, anche se ci siamo legati, anche se sono prestigiose, anche se sono piene di arte e di splendore: quello che conta è essere dentro il cuore di Gesù.

Il cuore di Gesù è la nostra cattedrale.

È una comunità tutta raccolta nel suo amore che testimonia il Vangelo e – spingendoci a cambiare luogo celebrativo e rompendo le abitudini – ci aiuta a rinnovarci e ad essere ancora più aperti alle novità di Dio che ce lo dona.

Il primo segno della provvidenza è la Chiesa di S. Valentino, che è deliziosa.

È solo più piccola di quella della Carità, ma per il tempo estivo andrà più che bene.

In ogni caso, ho pensato a lungo, in questi giorni, alle parole di Gesù rivolte alla Samaritana: “Né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete Dio. Adorerete Dio in Spirito e Verità” (Gv 4,21.24).

Lo Spirito ci dà un’indicazione molto precisa in questa domenica. Gesù vede le folle ed è preoccupato che possano ricevere l’annuncio del Vangelo. Costituisce quindi una comunità, inizialmente piccola, fatta del numero dei Dodici, ma poi destinata a crescere a vari livelli.

Dobbiamo, quindi, solo preoccuparci di essere una comunità ancora più unita, partecipe e accogliente.

Si tratta di cogliere questo evento così raro qual è il restauro di una chiesa importante e il trasloco della celebrazione, come uno stimolo per rimetterci in gioco umilmente e provando ad ascoltare cosa il Signore ci vorrà dire.

Perché il mondo, la chiesa e tutti noi abbiamo bisogno di essere guariti dalle ferite del male e purificati dagli sfregi dell’egoismo e di quelle forze negative che rovinano la vita delle persone; in una parola, abbiamo bisogno di sentire la vicinanza di Dio.

E non importa da quale campanile si parta, ma che si cominci dal cuore di Gesù e dalla sua missione.

Don Davide




L’allenamento abbia inizio

In questa domenica che precede l’inizio della Quaresima, ascoltiamo il mandato di Dio a Mosé:

“Parla a tutta la comunità, dicendo loro: Siate santi, come io sono santo.” (Lv 19,17).

La santità viene declinata da Gesù in un amore che va oltre i confini della logica, della giustizia compensativa e persino del buon senso, e per questo diventa un atto di suprema libertà.

Essere liberi di amare, questa è la santità.

L’itinerario quaresimale, che inizia il Mercoledì delle Ceneri, è un allenamento intensivo per raggiungere questo obiettivo. I propositi che vorremo fare, i fioretti e una maggiore attenzione alla preghiera saranno autentici, se avranno come scopo di aiutarci a raggiungere questa libertà interiore e di orientarla al bene.

Caratteristica del Mercoledì delle Ceneri è una grande convocazione.

Il profeta Gioele, nel testo molto suggestivo che viene proclamato nella liturgia, invita tutti a un’adunanza solenne, proprio tutti: ragazzi, giovani, adulti anziani e persino lattanti, e deve essere proprio così.

I bambini del catechismo e anche i gruppi dell’Azione Cattolica dei ragazzi, infatti, hanno proprio questo motto: “Ragazzi, che squadra!”, che richiama il senso di un’impresa comunitaria.

Qualcuno si stupisce quando arriva una giovane mamma con in braccio un bimbo o una bimba piccolissima, che il ministro imponga anche su di loro la cenere, perché sembra che faccia paura e che stoni con una giovane vita che ha tutta l’esistenza davanti; invece, è l’indice che tutti dobbiamo essere rinnovati dall’amore del Signore che tocchiamo concretamente, in questi giorni.

Per questo, il Mercoledì delle Ceneri, facciamo ben tre celebrazioni, la messa alle 8 e alle 19 e la celebrazione per i bimbi alle 17.30, perché tutti abbiano la possibilità di partecipare, nessuno escluso.

Porte aperte, dunque, alla gara dell’amore. L’allenamento abbia inizio.

Don Davide




Sulle rive

Gli uni gettano le reti, gli altri le stanno riassettando.

I primi stanno pescando, gli altri hanno finito.

Gesù parla, ti chiama.

Che tu sia nel pieno della tua attività, oppure abbia staccato e ti prepari a riposare, lui vuole avere a che fare con te. Se sei giovane, ha bisogno di te. Se sei adulto, ha bisogno di te. Se sei anziano, ha bisogno di te.

Non importa quello che stai facendo, se sei occupato: ci sono amici da prendere, uomini e donne che devono sentire l’amore, persone che hanno bisogno di molte salvezze.

Non c’è una parte migliore di questa: ascoltare la parola del Maestro, che ti chiama.

Senza, le cose diventano affanni.

Solo che tu ascolti la sua parola come una chiamata per te, ed è un profumo che viene diffuso e conquista tutti.

Per due volte la liturgia di oggi ci propone l’immagine di questo cambiamento radicale: tenebra e luce. L’una non può esistere con l’altra. Quando si accende la luce della presenza di Gesù nella nostra vita, al risuonare della sua parola, come la voce dell’amato che chiama la sua amata nel Cantico dei Cantici, allora le tenebre si diradano. È il Sole da oriente, una lampada nella notte.

Per questo Paolo se la prende tanto con le divisioni nella comunità cristiana. Perché non siamo né di Paolo, né di Apollo, né di Pietro… ma siamo conquistati da Gesù.

Non desideriamo essere sopra gli altri, o essere di qualcuno, ma vivere il Vangelo, realizzare quella parola di bene che ci ha conquistato, per la prima volta, sulle rive del Lago di Galilea.

E servire, come regnare.

Servire gli amati, servire i poveri, avvicinare gli esclusi, consolare gli afflitti, custodire la creazione, guarire le ferite del mondo.

Questo ci affascina.

Meglio se fatto con qualche fratello e sorella, e altri che il Signore vorrà chiamare: una comunità di cui avere cura, e che voglio tenere il più possibile unita e affettuosa.

Don Davide




Un tempo stra-ordinario

Con il battesimo di Gesù, riprende il Tempo Ordinario: incominciamo a seguire il Maestro come i suoi discepoli, dagli inizi della sua predicazione.

Tuttavia, per la nostra comunità, quest’anno, non c’è nulla di “ordinario” nei due mesi che precedono la Quaresima.

Ci prepariamo, infatti, all’ordinazione diaconale di uno dei ministri della nostra parrocchia: Francesco Paolo Monaco. Non siamo abituati alla presenza di un diacono permanente all’interno della comunità. C’era Luigi Morara nella Parrocchia di S. Valentino, ma dalla sua morte il 30 giugno 2010, le nostre due parrocchie unite non hanno più avuto un diacono.

Il diacono è un cristiano che ha risposto ha una vocazione specifica, ha fatto un cammino di formazione nella sua chiesa diocesana e riceve il Sacramento dell’Ordine nel suo primo grado, quello del Diaconato, appunto. Il secondo grado è quello del presbiterato. Il terzo è quello dell’Episcopato.

Diaconato “permanente” significa che il sacramento viene conferito a una persona sposata, e che quindi non è inteso come una tappa verso il presbiterato, ma si configura come un ministero specifico all’interno della comunità: in primo luogo, un ministero di comunione.

Il diacono, cioè, deve essere più di ogni altro tessitore di legami e mediatore di comunione e di armonia.

Per fare questo, il diacono usa soprattutto il servizio della predicazione (proclama il Vangelo nella messa e in qualche occasione può e deve fare anche l’omelia) e il servizio della carità, con uno sguardo sempre teso all’amore fraterno, all’incontro delle generazioni e ad avvicinare e accogliere chi è lontano o inesperto della vita della Chiesa.

È chiaro, quindi, che la presenza di un diacono è un grande dono per la parrocchia e per la diocesi, a cui i diaconi fanno sempre riferimento, essendo anch’essi, come i preti, al servizio diretto della Chiesa locale e del vescovo.

Perciò è opportuno che ci prepariamo bene e con partecipazione a questo momento.

Nella lettera del vescovo in cui è stato confermato il discernimento favorevole all’ordinazione, ci è stato chiesto esplicitamente di compiere un cammino di preparazione insieme, anche per accompagnare Francesco Paolo e la sua famiglia.

L’impegno pastorale di tutti, quindi, fino al 12 febbraio si concentra sugli appuntamenti che prevedono un incontro con don Angelo Baldassarri, Vicario Episcopale e responsabile della formazione dei diaconi, e un incontro in stile di testimonianza con un diacono permanente e la sua famiglia, per dialogare su come si configura la presenza di un diacono nella comunità.

Ci sarà poi un momento di preghiera, a ridosso dell’ordinazione, per invocare lo Spirito e affidare all’intercessione di Maria il ministero di Francesco Paolo.

Come detto, ci concentriamo su queste occasioni di formazione e di preghiera, senza aggiungere altre iniziative alle attività ordinarie.

Infine, siamo davvero tutti invitati all’Ordinazione Diaconale in Cattedrale, il 12 febbraio, alle ore 17.30, dando la precedenza, chi può, alla partecipazione a quella messa invece di quelle che si celebrano in parrocchia in quella domenica.

Don Davide




Gratitudine, nonostante tutto

Naaman, della Siria, vuole a tutti i costi ringraziare Eliseo, il profeta di Israele, per essere guarito dalla lebbra. Allo stesso modo Gesù elogia il lebbroso samaritano che, guarito, ha scelto di tornare a ringraziare e di riconoscere il Signore.

Ormai è persino banale ricordarlo, tuttavia rimane necessario: viviamo tempi di una difficoltà imprevista, e forse impensabile fino a pochi anni fa. Le crisi che c’erano state prima del Covid sembravano grandissime, ma quelle di oggi le fanno impallidire.

C’è il linguaggio scellerato delle armi nucleari, che dovrebbe essere proibito – persino la parola – più che una offesa diretta o una bestemmia; c’è la crisi energetica; ci sono i problemi ecologici e una violenza orrenda e oscena in molte parti del mondo, che spesso non stanno sotto i riflettori… Senza andare lontano dai confini o negli scenari catastrofici c’è, infine, anche una buona dose di meschinità nel nostro vivere insieme e nella nostra vita individuale che esige urgentemente la nostra conversione.

Tuttavia, celebriamo l’Eucaristia, il Ringraziamento.

La comunità cristiana si raduna ogni domenica per celebrare nella fede la messa, come offerta ed espressione di gratitudine per il dono della vita, della fraternità, dell’amore condiviso e impegnato nei confronti del prossimo, e della speranza.

Con questa domenica riprendiamo le celebrazioni con le famiglie del catechismo alle 10 e la messa domenicale delle 11.30 che, viene curata con particolare attenzione, essendo la messa al centro del Giorno del Signore.

È una gioia vedere i bimbi e le bimbe, i ragazzi e le ragazze, le famiglie e gli anziani insieme, e sentire il sapore genuino, pur in mezzo ai nostri tantissimi limiti, della comunità, e impegnarci e avere la speranza di edificare un mondo dove le più ardite utopie impallidiscano.

Sì, noi ti ringraziamo, nostro Signore Gesù.

Ti ringraziamo per il dono della fede cristiana che custodiamo assieme; per le persone che amiamo e per le quali siamo ispirati a impegnarci; perché con la tua parola siamo incoraggiati e non ci rassegniamo alle ombre cupe che rabbuiano il mondo, ma possiamo portare la luce della saggezza, della sapienza e della pace.

Ti ringraziamo, perché quando portiamo la nostra vita concreta sull’altare della domenica, anche le cose più piccole diventano un dono e persino le nostre incapacità vengono trasfigurate. Tutto viene purificato e diventa più buono, pacifico e sereno.

Don Davide




Autunno

Spensierati, proprio no!

La prima lettura di questa domenica inizia con parole molto severe del profeta Amos che rimprovera chi è spensierato e a chi si considera sicuro sulle proprie ricchezze.

Queste parole potrebbero turbarci, invece ci fanno sentire in sintonia con la preoccupazione di Dio per il suo popolo. Spensierati, in questo periodo storico, non lo siamo davvero!

È iniziato l’autunno e tutte le comunità cristiane sono angosciate dalla preoccupazione di non fare fronte al pagamento delle utenze. È un problema serissimo, perché va molto oltre la questione economica: riguarda, per il terzo anno di fila, una difficoltà concreta a radunare la comunità e a trovarsi per le attività in una condizione non disagiata.

Almeno, ascoltando queste parole, siamo sicuri di avere quella santa inquietudine di cui parla il profeta.

Sicuramente non ce ne possiamo stare in panciolle e dobbiamo cercare le strade per una nuova sobrietà.

La parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro ci aiuta a ricordare che, in questa circostanza drammatica, non siamo noi contro altri, ma le comunità cristiane insieme a tante persone che ugualmente soffrono di una situazione sociale divenuta quasi insostenibile.

Dalla parabola di Gesù impariamo che è necessario accorgerci delle sofferenze, essere solidali e condividere i pesi gli uni degli altri.

La realtà di questo periodo, quindi, può essere letta come un modo per vivere il Vangelo più radicalmente e vogliamo focalizzare lo sguardo su questo stimolo buono.

Don Davide




Preghiera piccola

Spirito Santo,

donaci una fede piccola non nel senso di poca, ma nel senso di semplice, umile. Quella fede così piccola da sradicare le montagne. Una fede “minore” come avrebbe detto San Francesco, che non vuole essere “superiore” agli uomini, ma sotto la luce di Dio.

Una fede così aderente alla tua manifestazione, da essere franca nella sua pacatezza, tale da non avere preoccupazioni né pretese di sorta nemmeno davanti a un governatore romano o a un sommo sacerdote: “Se sia giusto, davanti a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,19-20).

Una fede che cerchi l’intelligenza nella sapienza e la ragionevolezza nella matrice della Croce.

Una fede che non voglia avere ragione, ma sentimento; e che alla rassicurazione protettiva del dogma, cerchi preferibilmente l’emozione e l’inquietudine dell’incontro vivo con Cristo. Una fede che riconosca la Verità, che è Gesù Risorto, e la rispetti nella sua autenticità sempre inaccessibile alle nostre parziali e imperfette verità, piene di egoismo.

Spirito Santo,

che ci lasci la Croce come memoria del Risorto, donaci un ancoraggio essenziale non ai fondali degli abissi, ma al cielo, perché tu non sei etereo, sei concreto come un osso, sei l’essenziale di tutte le cose, spogliate da volontà di potenza, spogliate da trionfalismi, spogliate da rivendicazioni, rivalse e competizioni.

Tu, Spirito Santo,

sei la fede pura, perfetta come l’oro, limpida come un diamante e semplice come un granello di roccia; fede che si realizza quando ci affidiamo all’amore e riconosciamo che Dio è più grande di tutto e possiamo consegnarci a voi, Santissima Trinità, e custodire l’amicizia, l’affetto e il dono della Parola che illumina il nostro cammino.

Spirito Santo,

in questo giorno di Pentecoste, ti supplichiamo il dono della pace non come la dà il mondo, che sono sempre piccole ancorché utili paci, ma come la dà il Risorto, che la crea, laddove noi non siamo capaci di farla.

Infine, Spirito Santo,

ti chiediamo una fede essenziale, non affannata, ma piena di cura e di sorrisi, di legami rispettati e di alleanze mantenute o ritrovate, anche grazie al perdono.

Una fede non competitiva, né tra noi né col mondo, ma trasformante, sia di noi che del mondo.

Una fede buona e amorevole come una nonna con i suoi nipoti.

Don Davide




Nella responsabilità

Mentre Gesù ascende, c’è sempre un richiamo a rimanere coi piedi per terra e ad essere suoi testimoni.

Così, il salire “al cielo” di Gesù, il fatto che lui non sia più concretamente presente su questa terra, incarica noi suoi discepoli e discepole ad essere ben presenti a questo mondo, a questa nostra storia, come lo è stato lui, che si è spogliato della sua potenza divina per farci conoscere il Vangelo e cosa sia la vicinanza di Dio.

Per qualche motivo assai misterioso, dobbiamo essere noi i testimoni del Risorto.

Questo è meraviglioso e tremendo allo stesso tempo.

Non so cosa darei, per sapere cosa hanno provato i discepoli e le discepole di Gesù dopo la sua ascensione e prima della Pentecoste, in quel tempo intermedio in cui avevano sperimentato la pazza gioia di riscoprirlo vivo, ma ora si ritrovavano a doversi assumere la responsabilità di questo.

C’era tutta la storia della comunità del Risorto da incominciare. C’era tutta la storia della Chiesa da scrivere. Quante pagine luminose e quante che avrebbero dovuto non esserci!

Alla conclusione di questo anno pastorale e in vista di quello che si prepara, sento la medesima sensazione: quella di trovarsi nella gestazione di nuovo inizio e di avere chiara la responsabilità che comporta per tutti noi.

La Beata Vergine di S. Luca, in un certo senso, ascende insieme a Gesù, per essere sempre accanto a lui e vigilarci dall’alto. A lei, che è stata in mezzo a noi, affidiamo questa premura, mentre attendiamo, invocanti, umili e supplici, lo Spirito del Risorto.

Don Davide




Rinascere dall’alto

Pochi versetti nel vangelo di oggi per esprimere un grande senso di appartenenza.

Gesù vivo è una guida alla quale avremmo tutti bisogno di modellarci: è potente, ma di quel “potere” non violento, che genera vita e aiuta a scoprire il significato misterioso dell’esistenza; non il potere che toglie la vita e distrugge. Gesù è premuroso, consegnando spazi di libertà e riavvicinando continuamente a sé chi è finito in pericolo. Gesù è protettivo contro le insidie e le tentazioni del male.

Sabato scorso abbiamo passato un bellissimo pomeriggio con i bimbi e le bimbe di seconda e terza elementare e le loro famiglie. C’era il sole, camminavo nel campetto che brulicava di attività e ho pensato: di più, di più! Voglio che il campetto torni come quella sera che abbiamo festeggiato il 50° anniversario di ordinazione di don Valeriano, che c’eravamo tutti ed eravamo tantissimi!

Ci vuole ancora più vita.

Abbiamo abbandonato le ultime restrizioni dello stato di emergenza e ci affacciamo a un tentativo di vera normalità.

Speriamo di lasciarci presto alle spalle l’aggressione della Russia all’Ucraina e di maturare, da questa bruttissima esperienza storica, una sensibilità ancora più acuta per la pace.

Sogniamo un’Europa con una consapevolezza storica ispirata all’inclusione, alla comunione e all’integrazione delle diversità, come stile di una vera cultura per il futuro.

In questa domenica abbiamo l’ultimo incontro del cammino spirituale che abbiamo iniziato in Quaresima, guidati dall’Azione Cattolica parrocchiale, e concludiamo la preghiera affettuosa a Maria dell’annuale Ottavario.

Sento crescere e rinnovarsi, da tutto questo, un grandissimo senso della comunità.

Mi auguro (e mi impegno) perché prendiamo lo slancio per riconvocarci davvero tutti e tutte; perché sappiamo ridire il Vangelo anche per i più giovani e perché possiamo offrire una testimonianza profetica e ispirata a questi tempi, in cui abbiamo bisogno di rinascere “dall’alto” (Gv 3,7).

Don Davide




Camminare in campo aperto

C’è una forte consolazione insita nel fatto di iniziare un cammino con la sensazione di potere percorrere un campo aperto o un bel sentiero di montagna.

Non si sa mai cosa riserva il futuro, ma c’è un modo minaccioso o un modo fiducioso di percepirlo.

Oggi lo guardiamo pieni di speranza.

Lo facciamo perché veniamo dalla celebrazione della presenza di Gesù in mezzo a noi.

Lo facciamo perché non guardiamo a un futuro vago, indefinito e lontano: nel momento in cui muoviamo con gratitudine e coraggio il primo piccolo passo, quel futuro è già il presente che viviamo, è il dono concreto che ci viene consegnato.

Giovanni Battista parla di un battesimo più decisivo, che ci immergerà nel fuoco d’amore dello Spirito Santo. (Lc 3,16). Gesù dirà: “Vedrai cose più grandi di queste!” (Gv 1,50).

Tutto dipende dal riscoprire con un orgoglio buono il nostro Battesimo: siamo figli e figlie di Dio, ci è stato fatto il dono della conoscenza di Gesù e, ad un certo punto nella nostra vita, abbiamo scelto la nostra vita cristiana.

Si apre un periodo nuovo e allo stesso tempo sobrio per la vita della nostra parrocchia: siamo chiamati a dare un’entusiasmante testimonianza ai giovani, perché anche loro possano apprezzare l’incontro con Gesù e a cercare di vivere la fede in condivisione con tutti.

C’è una comunità cristiana da edificare.

Tutti abbiamo la responsabilità di farlo, tutti con il proprio dono e il proprio compito.