Chiesa missionaria ed Ecologia Integrale

Il vangelo di oggi ci parla di un cieco che vuole insistentemente riavere la vista, nel giorno in cui si celebra la Giornata Missionaria Mondiale.

Nella nostra parrocchia, caratterizziamo questa ricorrenza, con un’attenzione alla questione ecologica, che lega le chiese nel mondo in un’attenzione che ormai è in prima linea, specialmente in zone dove questo problema è acutissimo, come l’immensa regione dell’Amazzonia, le regioni centrali dell’Africa dove le persone e il suolo sono sfruttate per l’accaparramento dei minerali più preziosi.

Papa Francesco nella Laudato si’, in realtà, non parla solo di “ecologia”, ma di “ecologia integrale”: un sistema complesso che articola la spiritualità più squisitamente evangelica della sequela di Gesù, con le questioni sociali, la consapevolezza scientifica e le conseguenze pratiche.

Infatti, a dispetto delle apparenze e fuori da una narrazione che ha pochissimo di vero, soprattutto le piccole comunità di cristiani che sono sparse nel mondo (dalle parrocchie, alle comunità di base fino alle tante famiglie religiose) sono in prima linea su una marea di fronti caldissimi, spesso a costo della loro stessa vita: potremmo citare l’opposizione alla tragedia del narcotraffico in America Latina, la lotta contro lo sfruttamento sessuale in moltissime parti del mondo, il lavoro per l’istruzione, la sanità o addirittura per il semplice approvvigionamento dell’acqua e del cibo nelle zone più povere. Se c’è qualcuno che ha un contatto con le 3 miliardi di persone che non hanno accesso alla dignità di base del vivere, sono queste piccole comunità di cristiani, spesso virtuosamente insieme a tante altre organizzazioni laiche, e tutte insieme costituiscono come una lotta di Davide contro Golia. Ricordiamoci che contro ogni pronostico ha vinto Davide.

Dobbiamo tutti, indipendentemente da ogni latitudine e longitudine, chiedere tenacemente di vedere questi problemi insieme all’aspetto bello della chiesa diffusa nel mondo. Possiamo pregare di riavere la vista, di vedere in senso “assoluto” la realtà delle cose, come nella celeberrima scena del film Matrix, quando davanti a Neo, il protagonista, cadono i veli e vede tutto, il codice della finzione e quale sia la vera realtà.

Questo desiderare di non essere più ciechi, di fronte alla consistenza complessa del mondo, al suo respiro e alle sue ferite, il fatto soprattutto di chiederlo a Gesù è un gesto altamente profetico, ci dice la prima lettura. Ci ricorda che possiamo raddrizzare le strade storte (come, ad esempio, il logoramento del nostro pianeta), trasformare i pianti in consolazione e riscoprire che Dio è il Padre davvero di tutti, di una popolazione immensa di uomini e donne che sono nostri fratelli e sorelle e di cui dobbiamo avere premura e cura.

Come iniziativa concreta, in questo giorno distribuiamo in parrocchia la Piccola guida a nuovi Stili di Vita per la Custodia del Creato, pubblicata dalla Diocesi di Bologna e proposta alle parrocchie e alle comunità, come strumento per cominciare a riflettere su questi temi. La guida sarà disponibile sul tavolo all’ingresso della chiesa, ma chiediamo 1 € di contributo, per permetterne la ristampa quando sarà esaurita.

Don Davide




Nella Passione

Nella Passione secondo Marco, proclamata in questa Domenica delle Palme, si trovano dei versetti inusuali (Mc 14,13-16), in risposta alla domanda dei discepoli che dà inizio agli eventi: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?» (Mc 14,12).

“Pasqua” – che in ebraico significa “passaggio” – diventa anche il termine tecnico dell’agnello che si mangia nella cena pasquale. La Pasqua si “prepara” e si “mangia” con le persone care, quelle che si possono chiamare famiglia, in un senso più esteso di quello dei legami di sangue.

Tuttavia, Gesù dà delle indicazioni enigmatiche. I discepoli, bramosi di compiacere il Maestro, sono invitati a seguire una specie di Caccia al Tesoro o di Gioco dell’Oca, per scoprire che non devono fare proprio niente. C’è inoltre un elemento contradditorio: Gesù dice che sarà loro mostrata «al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta» (Mc 14,15) e che lì dovranno “preparare”. Loro «trovarono come aveva detto e prepararono la Pasqua» (Mc 14,16). Ma cosa prepararono, esattamente, se era tutto già predisposto?!

Sappiamo che i discepoli non faranno bella figura: Giuda ha già deciso di tradirlo, gli altri useranno violenza laddove Gesù si consegnerà con un’arrendevolezza sorprendente e, alla fine, anche il più tenace fuggirà via nudo; Pietro lo rinnegherà; sotto la croce, a usare compassione per il suo cadavere ci saranno altre e altri, ma non loro.

Cosa vuole dirci, allora, l’evangelista, riportando queste direttive così misteriose di Gesù? Esse si rifanno a un gesto profetico delle storie dell’Antico Testamento, che Gesù conosceva bene; sono, cioè, non tanto un’indicazione che Gesù dà ai suoi discepoli, ma un’istruzione spirituale che l’evangelista offre ai suoi lettori, a noi, per capire il presente e sapere come vivere quello che sta per accadere.

Nessuno può presumere di entrare nella Passione.

Dentro la Pasqua puoi solo lasciarti condurre.

Il mistero di quello che accade in questi giorni è talmente grande che puoi accoglierlo solo facendoti guidare, seguendo le tracce di una Presenza che si mostra in maniera evidente, ma ti precede e ti sfugge sempre.

In questi giorni, e in queste celebrazioni, possiamo vedere tutto di quello che viviamo: dagli slanci più belli, ai dolori più grandi, passando per le emozioni più intense. Se siamo sensibili, questa densità ci sovrasta.

La Pasqua, in realtà, non dipende da noi.

La “sala” è a un piano superiore – bisogna salire di livello spirituale – è immensa ed è già pronta.

A ciascuno di noi questi giorni regaleranno una scintilla, quella giusta per la nostra vita di oggi. Ci saranno vari incontri che ci condurranno: qualcuno “previsto”, come i riti; qualcuno sorprendente, come un evento inatteso, una coincidenza, una telefonata, una sorpresa.

L’importante è lasciarsi condurre.

Lì, anche se tutto è già pronto, potremo preparar-ci e cenare con lui, il nostro Maestro e Signore: prima della sua morte e dopo la sua resurrezione.

Don Davide




Dove abiti tu?

Dimorare
Abbiamo tutti bisogno di trovare un luogo dove stare, in cui sentirci a casa.

Gli innamorati quando si innamorano, gli sposi quando edificano la loro casa, i ragazzi che cercano un gruppo di appartenenza, chi segue le mode, chi condivide o mette “mi piace” a una playlist su Spotify, chi si iscrive a un canale YouTube… tutti cercano un “posto” non solo fisico e non immateriale da cui attingere un tratto di vita.

È la ricerca di una dimensione “spirituale”, che faccia sintesi delle esperienze del corpo, dell’anima, dei sentimenti e delle emozioni, per farci trovare senso e bellezza nelle cose, e riconoscere che questa esistenza merita di essere vissuta.

«Dove abiti?» 
Chiunque cerca una guida, un mentore, un compagno di viaggio e una persona da amare, o anche semplicemente un gruppo di lavoro o una comunità dove stare, porta questa domanda nel cuore.

La domanda che i discepoli di Giovanni Battista rivolgono a Gesù, dunque, esprime almeno due sfumature:

1) Dove abiti perché ti possiamo seguire, perché possiamo abitare lì anche noi?! Sei affascinante per me? Sei in grado di farmi sentire vivo?
2) Dove abiti TU. Che cos’è che fa vivere te, Gesù? Cos’è decisivo per te, Maestro?

Entrambe le domande sono importanti, ma la prima è più inflazionata. Per me la seconda è molto più interessante: cos’è, Gesù, che ti ispira? Qual è il segreto tuo?

Colui che dirada le tenebre
Avete presente quando si incontra un “guru” in qualche ambito (uso la parola “guru” nel suo significato originale di “colui che dirada le tenebre”)? Ecco, quando si incontra uno che ti chiarifica o ti illumina a partire dalla sua chiarezza, ci si chiede sempre quali siano le sue sorgenti, chi siano stati i suoi maestri, come abbia percorso quel cammino che l’ha portato ad essere così.

Ecco, i discepoli di Giovanni Battista dovevano avere pensato questo del loro (primo) maestro. Giovanni era un uomo “pazzesco”, straordinario. Secondo le fonti ha lasciato il segno nella comunità di Gesù ancora per più di un secolo. Gesù stesso lo avrebbe definito «il più grande tra i nati di donna». Loro, i suoi seguaci più stretti, dovevano avere pensato che la loro ricerca più profonda era compiuta, come lo sportivo che fosse certo di avere trovato il miglior allenatore possibile.

Invece lui, il Battista, indica Gesù.

Da qui quella domanda lapidaria, piena di aspettative, di curiosità e di ricerca: «Maestro, dove dimori?».

Gesù
Quello che aveva da dire Gesù era sproporzionato per una sola risposta. A quel punto, egli non può che ribattere: “Venite e vedrete.” Ti introduco in qualcosa di talmente sorprendente, che non vorrai più rinunciarci.

I discepoli lo avrebbero capito ben presto… e anche noi lo capiamo nella nostra esperienza cristiana. Al seguito di Gesù siamo istruiti in uno stile e una vita delle relazioni, con gli uomini e con Dio, che non finiamo mai di imparare. La sua vicinanza, il suo affetto, la sua autenticità superano sempre quello che pensiamo di avere potuto ammirare. La sua onestà di fronte alla “serietà” e bellezza della vita, e allo stesso tempo la sua capacità di vivere cose vere e di farci capire come la vita andrebbe vissuta, non cessano di affascinarci e di attrarci.

Un giorno nuovo
Giovanni, l’evangelista, ricorderà quel giorno per tutta la vita. Quando scriverà il Vangelo, da uomo molto anziano lui, che era stato il discepolo più giovane, non mancherà di appuntare: «Erano circa le quattro del pomeriggio». La nota non è solo la testimonianza commovente della bellezza di quell’incontro, ma molto di più. Nel conteggio ebraico del tempo che conta i giorni non a partire dal mattino come noi, ma dal crepuscolo, quel ricordo indica l’inizio di un giorno nuovo.

Don Davide

tramonto