Pregare i Salmi a Gerusalemme

Ho avuto in questi giorni l’occasione di pregare i salmi davanti al “Muro del Pianto” – o Muro Occidentale – a Gerusalemme. Opportunità che, tra l’altro, si intona perfettamente con la mostra di ArtCity che ospitiamo in questi giorni nella chiesa di S. Valentino.

Tra i tanti, ho pregato questo versetto: “Si dirà di Sion, l’uno e l’altro è nato in essa, e l’Altissimo la tiene salda.”

Eppure, se c’è una città divisa, è Gerusalemme.

Il vangelo di questa domenica ci dice che uno degli effetti maturi dell’esperienza spirituale della resurrezione è quello di abitare le contraddizioni, anzi di superarle. Dalla liturgia, ci viene riproposto il momento in cui Giuda abbandona il gruppo, per tradire Gesù. Nel momento in cui Giuda esce dal Cenacolo, Gesù parla dell’azione di Dio.

Ma come?!

Gesù è tradito e il Padre glorificato? Gli uomini si dividono e l’amore si fa spazio? L’uomo fallisce e Dio trionfa?

In tutti i salmi composti per avvicinarsi al Tempio si invocava e si augurava la pace su Gerusalemme. E una volta raggiunto il Tempio, si cantava l’Alleluia.

Così, pregare i salmi davanti al Muro Occidentale, dove una volta sorgeva il Tempio e ora due moschee, circondato dai luoghi cristiani, mi ha reso più consapevole che, sicuramente, noi uomini non siamo in grado di governare le nostre contraddizioni, ma il Signore sì.

Non è un’affermazione per non assumere le nostre responsabilità, ma un aprirsi alla fiducia.

Gesù sa trasformare persino un tradimento; e Dio ricompone le frammentazioni e le distonie che generano gli uomini, in una preghiera corale e armonica per la pace.

Così, la Pasqua che penetra nelle nostre vite, spinge anche noi non a guardare al passato, in nessun caso, ma a riconoscere cosa sta nascendo, cosa si sta generando di nuovo.

Don Davide




Dal Santo Sepolcro (Under 20)

Vi scrivo dal Santo Sepolcro, a Gerusalemme, anche per dirvi che vi ho pensato e ho pregato per voi.

Sapete, questo posto è una confusione inimmaginabile. Si pensa che debba essere il luogo più mistico della Terra, ma apparentemente è tutto il contrario.

Nelle pietre si mischiano due millenni di costruzioni, distruzioni e ricostruzioni, ci sono le comunità cristiane divise ed è impossibile mantenere il raccoglimento.

Le prime volte che venivo mi dava fastidio e mi ribellavo.

Poi ho riflettuto che nelle nostre vite, come nella nostra storia, non c’è nulla di stabile, unito, raccolto e ordinato.

Così, il Santo Sepolcro è uno specchio perfetto dell’esistenza e del nostro mondo.

Da qui si è sprigionata un’energia che è la vibrazione della vita, nascosta, spesso offesa, ma presente in mezzo al caos.

Gesù non è più in un luogo fisico, ma la sua resurrezione è la forza che tiene coeso il tutto, nonostante tutto.

Il segreto sta nel riuscire a percepirlo e sentire questa energia di vita che, silenziosa e tanto discreta, tiene acceso il mondo.




Connessioni

“Apparvero lingue come di fuoco, che si dividevano e si posavano su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo” (At 2,3-4).

Perdonate la precisazione, che sembra sottile, ma il testo non ci riferisce di un fuoco (unico) che si divideva in lingue, ma di lingue (molte) che a loro volta si dividevano e si posavano su ciascuno di loro.

Se rappresentiamo visivamente questa immagine, ne viene come una mappa neuronale e questo mi fa pensare che il dono dello Spirito Santo sia come la rete di connessioni del nostro cervello, un prodigio ineguagliabile di perfezione e complessità divina.

Dunque, che cosa significa essere colmati di Spirito Santo?

Non significa essere ripieni come i tortelloni, o con la pancia gonfia perché facciamo una gran mangiata come a Pasqua e a Natale, le altre due solennità più importanti del Cristianesimo.

Significa che siamo connessi con Dio, con gli altri, con la Sorgente dell’Esistenza e il Mistero della Vita che si svela. Siamo connessi come se tutto fosse un grande organismo che respira, prova emozioni, si accende, pensa, compie cose semplici e complessissime all’unisono e con la stessa rapidità con cui noi muoviamo un braccio prima di pensare di farlo.

Il dono dello Spirito Santo è la pienezza delle facoltà di ogni persona nella ricchezza dell’esistenza, per questo chi vive nello Spirito ama, è intimamente felice, è in armonia con il Creato e lo custodisce, e vive legami significativi con le persone.

Il punto di partenza è certamente un regalo, che peraltro non è lasciato all’arbitrio divino, ma ci viene garantito dalla bontà amorevole di Dio: questo dono è precisamente ciò che celebriamo nel giorno di Pentecoste.

Dopo è nostro compito allenarlo, come si allena anche il nostro cervello, imparando l’intelligenza della fede, attivando continuamente gli impulsi dell’amore e costruendo le migliori abitudini per la nostra vita.

Con la celebrazione della Pentecoste nessuna energia spirituale necessaria più ci manca: ora sta a noi procedere speditamente nel nostro cammino.

Don Davide




Pasqua

Il divino che squarcia la storia

Pasqua è l’irruzione della luce nel buio, il divino che squarcia il mistero ed entra nella storia disillusa, affaticata, spesso incredula. È una sorpresa impossibile da prevedere, del tutto inattesa, ancorché sperata.

Nelle pagine buie della nostra vita, nella routine opaca e sopra a tutti i nostri tentennamenti si posa la visita di Dio, come il volo di una farfalla colorata su un fiore.

Ma

la luce che sfolgora è così intensa da illuminare anche la gioia più grande, come in uno stadio coi fari accesi sopra cui sorgesse la luce del Sole.

Che cos’è dunque, questo tocco di Dio capace di fare risplendere il buio e di superare la luce?

Non si può definire: è una stella cadente nelle sere d’estate. Bisogna stare appostati e attenti. Esso lascia una traccia tutte le volte che la vita si manifesta con il suo profumo di vittoria sulla morte e svela i suoi mille sapori, come un calice del vino rosso migliore e bene accompagnato.

Il nostro gusto si attiva di fronte a un gesto di amore autentico, alla gratitudine espressa senza finzioni, agli atti di eroismo di chi si prende delle responsabilità per il bene, spesso senza suonare la tromba davanti a sé.

Quando qualcuno consola, quando si reagisce alla grettezza con gesti di umanità, quando la convinzione del nostro valore e della preziosità della nostra esistenza si fa largo, quasi per intuizione, nella nostra coscienza…

È allora che Gesù ci chiama per nome, come Maria nel giardino, e si svela Risorto.