Preghiera piccola

Spirito Santo,

donaci una fede piccola non nel senso di poca, ma nel senso di semplice, umile. Quella fede così piccola da sradicare le montagne. Una fede “minore” come avrebbe detto San Francesco, che non vuole essere “superiore” agli uomini, ma sotto la luce di Dio.

Una fede così aderente alla tua manifestazione, da essere franca nella sua pacatezza, tale da non avere preoccupazioni né pretese di sorta nemmeno davanti a un governatore romano o a un sommo sacerdote: “Se sia giusto, davanti a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,19-20).

Una fede che cerchi l’intelligenza nella sapienza e la ragionevolezza nella matrice della Croce.

Una fede che non voglia avere ragione, ma sentimento; e che alla rassicurazione protettiva del dogma, cerchi preferibilmente l’emozione e l’inquietudine dell’incontro vivo con Cristo. Una fede che riconosca la Verità, che è Gesù Risorto, e la rispetti nella sua autenticità sempre inaccessibile alle nostre parziali e imperfette verità, piene di egoismo.

Spirito Santo,

che ci lasci la Croce come memoria del Risorto, donaci un ancoraggio essenziale non ai fondali degli abissi, ma al cielo, perché tu non sei etereo, sei concreto come un osso, sei l’essenziale di tutte le cose, spogliate da volontà di potenza, spogliate da trionfalismi, spogliate da rivendicazioni, rivalse e competizioni.

Tu, Spirito Santo,

sei la fede pura, perfetta come l’oro, limpida come un diamante e semplice come un granello di roccia; fede che si realizza quando ci affidiamo all’amore e riconosciamo che Dio è più grande di tutto e possiamo consegnarci a voi, Santissima Trinità, e custodire l’amicizia, l’affetto e il dono della Parola che illumina il nostro cammino.

Spirito Santo,

in questo giorno di Pentecoste, ti supplichiamo il dono della pace non come la dà il mondo, che sono sempre piccole ancorché utili paci, ma come la dà il Risorto, che la crea, laddove noi non siamo capaci di farla.

Infine, Spirito Santo,

ti chiediamo una fede essenziale, non affannata, ma piena di cura e di sorrisi, di legami rispettati e di alleanze mantenute o ritrovate, anche grazie al perdono.

Una fede non competitiva, né tra noi né col mondo, ma trasformante, sia di noi che del mondo.

Una fede buona e amorevole come una nonna con i suoi nipoti.

Don Davide




A metà dell’Avvento

Dilatare il cuore

Tutti gioiamo e ognuno gioisce per cose anche molto diverse.

Bisognerebbe imparare a gioire con chi gioisce, e ad accogliere il pianto di chi piange.

Quando riusciamo ad attivare questa circolarità virtuosa, dilatiamo il nostro cuore, ci apriamo anche a cose che prima non ci interessavano e non conoscevamo,

la nostra esistenza si espande, siamo più capaci di accogliere e comprendere la vita.

Rallegratevi

Di motivi di rallegrarci, questo Avvento, ne ha regalati parecchi alla nostra comunità.

Abbiamo celebrato una bella festa per l’anniversario del mio ingresso in parrocchia (ricordo che data la vicinanza del compleanno di don Valeriano, festeggiamo sempre in quell’occasione anche la sua permanenza tra noi da ormai molti anni); vediamo tanti bimbi contenti e tante famiglie del catechismo che partecipano con entusiasmo alla messa delle 10 loro riservata, nonostante i numeri ci travolgano rispetto alle nostre possibilità e ai nostri spazi; inoltre, la Provvidenza – che ha molti nomi concreti – ha permesso di attivarci per rilanciare alcuni gruppi dell’ACR e dei giovanissimi che per vari motivi avevano avuto una battuta d’arresto; i giovani della Zona Pastorale stanno realizzando un bel percorso e l’impegno caritativo della nostra comunità, grazie a persone speciali, è encomiabile.

Infine, io personalmente ho avuto alcuni incontri preziosi, che arricchiscono senz’altro anche la vita di tutta la Parrocchia.

Non angustiatevi

San Paolo, nella seconda lettura, dice anche di “non angustiarsi per nulla” (cf. Fil 4,5).

In realtà, non mancano le angustie. Sono preoccupato per le persone ammalate, che ci mancano e vorremmo che fossero di nuovo presto non solo insieme con noi spiritualmente, ma anche fisicamente. Vogliamo che non si sentano sole e che siano confortate e curate.

Sono inquieto anche perché nella frenesia delle incombenze, non riusciamo a realizzare nemmeno le più necessarie,

come ad esempio rieleggere il Consiglio Pastorale Parrocchiale.

Da ultimo, non nascondo qualche motivo di apprensione per la gestione economico-amministrativa della Parrocchia, che nonostante la competenza e l’aiuto totale del Consiglio Pastorale per gli Affari Economici, rappresenta un pensiero sempre costante.

Regali di Natale

Ho scritto queste cose in condivisione,

perché la Parrocchia è di tutti, è davvero la nostra casa comune.

Tuttavia, mi rendo perfettamente conto che gli stessi motivi per rallegrarsi e le medesime preoccupazioni le ha anche ciascuno e ciascuna di voi, e che tutti potremmo pensare che già è faticoso stare dietro alle nostre cose, non riusciamo a caricarci i pesi gli uni degli altri.

Invece

è proprio a questa reciprocità che penso.

Voglio condividere le vostre gioie e farmi carico delle vostre angustie, e pregare al Signore per ciascuna di esse e per ogni vostra necessità. Desidero che la comunità parrocchiale viva questo in maniera circolare.

In questo modo espanderemo il bene e ce ne sarà in abbondanza per tutti, come se quei famosi cinque pani e due pesci fossero i nostri regali di Natale.

Don Davide




Il passo della gioia

Nel percorso verso l’avvento, questa domenica batte il passo della gioia. Anche la candela della corona cambia colore e diventa rosa. Tra le quattro dell’Avvento, questa è una domenica che si distingue. Gioite, rallegratevi sempre, il Signore viene (Fil 4,4), recita l’antifona della liturgia odierna.

Come sempre la Parola proposta è ricca; iniziamo col soffermarci su alcune espressioni, della lettura di Isaia (61, 1-2.10-11), sottolineando tre passaggi che soggiacciono a questo invito alla gioia.

Primo passaggio. Come battezzati siamo consacrati, siamo parte di Dio e, come tali, siamo chiamati all’annuncio e alla carità. Questa è la nostra gioia. Portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, … perché appartengo, apparteniamo a Dio, tutti. Non esiste condizione che ci privi e privi nessuno del suo abbraccio amorevole.

Secondo Passaggio. Egli mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, mi ha nobilitato con i suoi gioielli. Così come ha impreziosito me, Dio desidera che l’umanità sia ugualmente impreziosita riconoscendo lo Spirito nel suo essere, anche mediante l’azione di ogni singolo consacrato.

Terzo Passaggio. Solo così, germoglierà la giustizia e tutti potremmo dire le meraviglie di Dio. Poiché come un giardino fa germogliare i suoi semi, anche la terra di ciascun essere umano può essere fertile e fruttuosa. Come sempre si intreccia il rapporto personale con Dio anche attraverso la relazione con chi mi è vicino.

C’è di che essere gioiosi. Il Signore per primo è vicino. Come possiamo riconoscerlo? Giovanni il battista nel Vangelo odierno rappresenta la figura che ognuno di noi può avere come modello per un percorso che renda visibile la presenza di Cristo nelle nostre giornate verso il Natale, e non solo. A noi tocca ‘ritrarre’ il nostro ego per lasciare spazio al Messia, al Consacrato; noi siamo voce nel deserto, Egli è Parola del Giardino, seme che germoglia. C’è una distanza tra divino e umano che grazie al Natale viene colmata, per l’abbondante misericordia di Dio.

Ecco, il nostro Dio viene anche così: riconoscendo di essere sua parte, consacrati e inviati alle donne e agli uomini che ci sono vicini.

Senza timore alcuno poiché siamo rivestiti della sua splendida bellezza; a noi tocca solo di lasciare che sia lui a prendere spazio e la vita cambierà, sarà Natale vero.

Rallegratevi dunque, Rallegratevi nel Signore, sempre.

Anna Maria e Francesco Paolo




Sì, Signore, sei davvero tu!

In un mondo che non crea posto alla speranza, non crede che ci sia Qualcuno che sa e può donarla, e quindi la considera solo un’utopia, la Chiesa, oggi, terza domenica di Avvento, ci invita alla Gioia:

“Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi!
Il Signore è vicino.” (Fil. 4,4).

Del resto quale valore può essere dato alla vita se si esclude o ignora il grande dono che Dio ci dà con Gesù? Si può fare a meno di Gesù?
L’arcivescovo Montini (futuro papa Paolo VI) era convinto di no, quando ancora nel lontano 1955 scriveva: “Oggi l’ansia di Cristo pervade anche il mondo dei lontani quando in essi vibra qualche autentico movimento spirituale. Il mondo, dopo avere dimenticato e negato Cristo, Lo cerca. Ma non lo vuole cercare quale è e dove è. Lo cerca tra gli uomini mortali: ricusa di adorare il Dio che si è fatto uomo, e non teme di prostrarsi servilmente davanti all’uomo che si fa Dio…. È una strana sinfonia di nostalgici che sospirano a Cristo perduto; di pensosi, che intravedono qualche evanescenza di Cristo; di generosi, che da Lui imparano il vero eroismo; di sofferenti, che sentono la simpatia per l’Uomo dei dolori; di delusi, che cercano una parola ferma, una pace sicura; di onesti, che riconoscono la saggezza del vero Maestro; di convertiti, che confidano la loro avventura spirituale e dicono la loro felicità per averlo trovato.”.
E forse in questa lunga categoria di cercatori o indifferenti a Gesù ci siamo noi, anche noi.
Forse anche noi cerchiamo conferme, come Giovanni Battista. Ha detto Papa Francesco in un’udienza generale “Il Battista attendeva con ansia il Messia e nella sua predicazione lo aveva descritto a tinte forti, come un giudice che finalmente avrebbe instaurato il regno di Dio e purificato il suo popolo, premiando i buoni e castigando i cattivi… Ora che Gesù ha iniziato la sua missione pubblica con uno stile diverso; Giovanni soffre perché si trova in un doppio buio: nel buio del carcere e di una cella, e nel buio del cuore. Non capisce questo stile di Gesù e vuole sapere se è proprio lui il Messia, oppure se si deve aspettare un altro.”.
E Gesù lo conferma: il suo agire è la rivelazione del Padre, Dio misericordioso che dà inizio alla manifestazione del suo regno.
Scrive Papa Francesco: “Il messaggio che la Chiesa riceve da questo racconto della vita di Cristo è molto chiaro. Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per punire i peccatori né per annientare i malvagi. A loro è invece rivolto l’invito alla conversione affinché, vedendo i segni della bontà divina, possano ritrovare la strada del ritorno… La giustizia che il Battista poneva al centro della sua predicazione, in Gesù si manifesta in primo luogo come misericordia. E i dubbi del Precursore non fanno che anticipare lo sconcerto che Gesù susciterà in seguito con le sue azioni e con le sue parole.”.
Poi Gesù chiede a chi lo ascolta quale sia la verità di un profeta, che nulla ha a che fare con le mode e stravaganze o la speculazione sul bisogno umano di sicurezza di tanti… anche oggi. Non è facile voltare le spalle alle tante sirene, alle cose di “quaggiù”, cioè alle cose che non hanno uno slancio verso l’amore di Dio. Come ha detto spesso Papa Francesco, dobbiamo infatti mettere in conto che i profeti “sono tutti perseguitati o non compresi, lasciati da parte. Non gli danno posto!”. Solo in quella ‘via stretta’ possiamo capire come il Natale sia una grande gioia e pace, che sorge da una povertà-libertà dalle cose e che noi vediamo invece realizzata nei segni che manifestano ogni giorno, l’amore del Padre per le sue creature, per ciascuno di noi.

(mons. A. Riboldi)




Siate sempre lieti….ma proprio sempre!

La liturgia di oggi, quasi sfidando le nostre fatiche, ci invita alla gioia. «State sempre lieti» (Fil 4,4) incoraggia San Paolo e, come se anticipasse le nostre obiezioni, insiste: «Ve lo ripeto ancora: state lieti! Non angustiatevi per nulla!» (Fil 4,4.6).

Non angustiarsi per nulla?! Ma come si fa?!

Ecco il regalo di questo Natale: la possibilità della gioia. Una gioia che non è legata alle circostanze esterne, ma a una fiducia che prende dimora in una zona molto profonda di noi stessi.

Qual è questa fiducia? È la fiducia di un cammino. Alle folle che chiedono a Giovanni Battista come si debbano preparare ad accogliere il regno di Dio imminente, il Battista risponde semplicemente di mettersi nella disposizione di migliorare il loro vivere. Non è una né una proposta impraticabile, né una richiesta volontaristica: si tratta, per Giovanni, di riconoscere il piccolo passo che ci sta davanti e farlo senza indugio, con determinazione.

La grazia di questo umile cammino è che ci dispone alla purificazione dei nostri atteggiamenti e delle nostre vite, e quindi alla conversione. L’immagine del ventilabro richiama infatti l’azione dello Spirito, che soffia per togliere dalle nostre esistenze tutto ciò che non porta un frutto buono.

Perciò, possiamo ascoltare ancora con rinnovata gratitudine l’invito del profeta Sofonia: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore in mezzo a te è un salvatore potente!» (Sof 3,17).

Noi possiamo gioire perché siamo sicuri che il Signore ci tiene in cammino. Nessuno ci chiede di essere perfetti, neanche Dio. Lui vuole che non stiamo fermi, che non demordiamo, e che non perdiamo la fiducia che la nostra vita è guidata da lui.

L’unica perfezione che ci viene chiesta è questa tensione del desiderio, questa speranza di essere come Dio Padre, compassionevoli, teneri, capaci di raccogliere nel nostro il cuore dell’altro. Una grande poetessa polacca, W. Szymborska, ha scritto una volta un verso perfetto per esprimere l’empatia, il sentire con il cuore dell’altro: «Senti come mi batte forte il tuo cuore». Ecco, questa è la perfezione che dobbiamo cercare. Per il resto, possiamo gioire e avere la fiducia di camminare, senza paura, solo con la preoccupazione di continuare a muoverci verso Gesù che ci chiama e che, prima ancora, ci viene incontro.

In questa domenica, la prima con il nostro nuovo vescovo Matteo, chiediamo di poter essere una chiesa capace di questi sentimenti, gli stessi che impariamo da Cristo, e di poter essere noi stessi una comunità gioiosa e di fare gioire per questo il nostro pastore.

Don Davide




Tutti santi + 1

Chi ha letto la fortunata e bellissima saga di Harry Potter, di J. K Rowling, sa che i dolcetti preferiti dei giovani protagonisti sono le “Caramelle Tutti i Gusti + 1”: tra le quali si trovano sapori bizzarri che riservano sempre delle sorprese. Di fronte alla festa di Tutti i Santi, non ho potuto fare a meno di pensare a questa associazione. Anche tra i santi, infatti, si trovano personaggi singolari, come ad esempio San Filippo Neri, che era pazzerello e giocherellone; oppure San Girolamo, insuperato conoscitore delle Scritture, ma che aveva un tale caratteraccio da rimproverare Sant’Agostino per il fatto di predicare senza conoscere perfettamente l’ebraico.

In questa festa, però, non si ricordano solo i santi ufficiali, quelli saliti agli onori degli altari, ma anche tutti quei fedeli che – magari sconosciuti – hanno condotto una vita santa nell’amore. Sono loro quel +1 sorprendente! Gente che forse non è stata riconosciuta da chi era vicino, ma che ha vissuto uno straordinario eroismo di virtù, o di pazienza, o di carità che solo a Dio era noto.

Tutti i Santi: una comitiva sensazionale di amici che oggi festeggiamo e ringraziamo perché ci accompagnano e ci proteggono.

Se però leggiamo bene il titolo che ho dato a queste riflessioni – a dire il vero un po’ pazzerelle anch’esse – ci accorgeremo che non ho scritto “Tutti i Santi”, bensì “TUTTI SANTI”, senza l’articolo. Non è solo la festa che celebra quelli che santi lo sono già diventati, ma è un invito molto forte a percorrere il cammino della santità. Anche in questo caso vale il simpatico riferimento alla storia di Harry Potter: “TUTTI SANTI +1!”. Magari il +1 è quel tuo collega di cui sai poco, e che in pausa pranzo sparisce per qualche minuto: nella prima parrocchia dove sono stato, c’era un signore che veniva in chiesa sempre dalle 13.30 alle 14.00, nella sua pausa pranzo e stava lì immobile, ad adorare il Signore. Oppure è quel tuo compagno di università, che senza farsi pubblicità, va tutte le settimane a trovare i malati in ospedale. O quella mamma, che anche se non ci pensi – perché non fa nulla di straordinario – ama suo marito e si prende cura di lui e dei suoi figli consumando il suo tempo.

In realtà, però, quell’ “UNO IN PIÙ” sei anche tu, sì proprio tu che stai leggendo! È la chiamata sorprendente di Dio che coinvolge anche te, e allo stesso tempo ti ricorda che tu stesso sei una gioia in più e originale per questo gruppo di persone meravigliose.

Mi chiedi: «Ma come si diventa santi?» Ai più grandi rispondo: 1) ama le persone che hai scelto; 2) compi il tuo dovere (se possibile con gioia); 3) sii benevolo, misericordioso e paziente. Ai più giovani, invece, sento di lasciare il consiglio insuperato di San Giovanni Bosco: 1) prega un po’ ogni giorno; 2) compi sempre il tuo dovere; 3) stai allegro e custodisci la gioia.

E allora coraggio! Tutti santi +1! Sì anche tu che pensi che sia impossibile! Chissà che non sia proprio tu, invece, il gusto +1 in questa grande assemblea di Dio!

Don Davide