Chi e come vogliamo amare?(Under 20)

Parlare della morte a voi, che siete giovani o addirittura giovanissimi, risulta quasi oltraggioso.
Eppure, anche se cerchiamo di rimuoverla in ogni modo, tutti in qualche circostanza ci abbiamo avuto a che fare.

A tutti è capitato di dover salutare qualcuno dei nonni, o un genitore morto prematuramente, o un amico molto giovane, o di stare vicino a una persona che ha vissuto questa sofferenza terribile.
In questi casi, ci si trova in una bruttissima situazione, divisi tra il desiderio di guardare avanti, di non soffrire a causa di quel ricordo, e la paura che il fatto di non pensarci per non stare male significhi dimenticarsi di quella persona che è morta, magari importantissima.

Sapendo questo e conoscendo quanto sia difficile, la Chiesa fa memoria in una giornata di tutte le persone defunte che ci sono care, così possiamo farlo insieme senza sentire ancora il dolore acuto, anzi rincuorandoci a vicenda. Questo giorno dell’anno è il 2 novembre.

Perciò, in questa settimana, ricordiamo tutti i vostri nonni, il papà o la mamma morti prematuramente, gli amici che ci hanno lasciato. Lo facciamo il giorno dopo della Festa di Tutti i Santi, perché sappiamo che insieme a loro sono vivi di una vita che non finisce.
Il fatto che da lì sono sempre vicini ci aiuta a scegliere come vogliamo vivere, chi e come vogliamo amare, come nella scena del film che vi lascio: Elogio funebre di Hazel Grace

Se non l’avete visto ve lo consiglio.

Se non avete letto il libro, vi consiglio anche quello.




Lo sguardo oltre l’orizzonte (per gli Under 20)

Oggi si celebra la Giornata Missionaria Mondiale.

Questa ricorrenza ci ricorda che, a dispetto delle apparenze e forse per voi in maniera incredibile, ci sono luoghi in cui la Chiesa è vivace, piena di giovani e molto all’avanguardia nei temi che vi sono più cari.

Proprio in questi giorni, ad esempio, in Brasile, la Chiesa è oggetto di pesantissime persecuzioni, perché ha preso apertamente posizione sia con i suoi vescovi che in tantissime comunità di base contro il Presidente Jair Bolsonaro, non per “ingerire” nella politica, ma per denunciare la peggiore gestione mondiale della pandemia, la distruzione sistematica e colpevole dell’Amazzonia e il genocidio dei popoli indigeni. Si tratta di responsabilità colpevoli del governo che ormai sono sotto gli occhi di tutti, con dati e prove evidenti, ma che vanno avanti con la connivenza e la corruzione delle istituzioni deputate a fare giustizia.

Il Vangelo di oggi ci parla di un cieco che chiede tenacemente a Gesù di riavere la vista.

Oggi, Gesù che ridà la vista ai ciechi è incarnato in quelle tante chiese fatte di giovani, che tengono gli occhi bene aperti sul mondo e cercano di guardare verso il futuro.

Vale per voi, un verso folgorante di Paul Celan:

“Nei fiumi a nord del futuro io getto la rete / che tu / esitante / aggravi con ombre scritte da pietre.”

Quell’io che getta le reti più in là del futuro potete essere voi, ragazzi e ragazze, mentre qualcuno vorrebbe appesantire questo lancio riempiendo le reti con pietre.

Ma voi impediteglielo.

Guardate alle giovani chiese del mondo e tenete lo sguardo oltre l’orizzonte!




Che cos’è la felicità? (per gli Under 20)

Il giovane “se ne andò rattristato” dopo la proposta di Gesù.

Mi ha sempre affascinato questo enigma. Quel giovane uomo aveva cercato Gesù di sua spontanea volontà: se decide di andarsene e di non accettare l’invito di Gesù, perché allora è triste?
Perché non accoglie una cosa che lo avrebbe fatto felice?
E viceversa: perché fa una scelta che lo rende triste?

È un mistero a cui è complicato rispondere.
Provo a indagare quando sono felice o lo sono stato in passato.

Sono stato felice la prima volta che, da ragazzo, mi sono innamorato; e poi quando ho sentito una voce amorevole che mi sembrava più forte di tutte, quella di Gesù. Ricordo il luogo, i colori, il profumo e l’ora.
Sono felice quando percepisco lo scorrere della mia vita come importante nell’armonia complessiva del mondo: in una parola, quando quello che faccio ha un senso buono.
Sono felice quando voglio bene; ancora di più insieme a coloro a cui voglio bene.
Sono felice quando riesco a semplificare le cose, anche quelle che possiedo.
Sono felice sulle Dolomiti, molto meglio in compagnia degli amici.

Forse, abituandosi a frequentare la felicità come se fosse un’amica, impareremmo a distinguere i sentimenti che durano da quelli che svaniscono, le emozioni che ci rendono belli o belle da quelle che ci imbruttiscono, e a non lasciarci fregare quando i bivi sono difficili da scegliere.

Don Davide




“Running in the rain” (per gli Under 20)

Ovvero: credere nell’impossibile

Oggi Gesù ci parla di una di quelle cose che sembrano impossibili: l’amore autentico e fedele, l’amore eterno.

L’amore ci piace tanto, perché è l’emozione più forte che proviamo.

Lo sogniamo tutti e tutte, poi diventa difficile, la cultura circostante lo svilisce, il pensiero dominante ci convince che sia impraticabile e, alla fine, ci si persuade che sia un’utopia, che fosse un’illusione. Una cosa troppo grande e troppo bella per essere vera.

Come la scorsa domenica, vi propongo un video sportivo: https://youtu.be/ffggPf8Impk

Ambra Sabatini aveva 17 anni quando, a causa di un incidente di cui è stata solo vittima, nel giugno del 2019 le è stata amputata la gamba sinistra sopra il ginocchio. Due anni dopo esatti è in pista per la finale olimpica; la pioggia battente ci fa ricordare cosa abbia significato: quanto tempo ci voglia a riprendersi dall’amputazione di un arto, ad abituarsi all’uso delle protesi anche più semplici, figurarsi quelle da gara, e a imparare a correrci sopra come un leopardo.

Anche la corsa di Ambra sembrava impossibile. E invece eccola qui: sotto i nostri occhi e sotto la pioggia che la rende ancora più meravigliosa. Guardatela e credete all’amore fedele, rispettoso, pieno di dolcezza e che dura.

Guardatela e credete alle cose… possibili.

Guardatevela e riguardatevela: dura solo 14”11, il tempo di fare il record del mondo.




Come nelle favole (vere) (per gli Under 20)

È iniziata la scuola da un paio di settimane, e oggi vi parlo di impegno a superare gli ostacoli e di determinazione per raggiungere i propri obiettivi, come fanno i protagonisti delle favole.

Le favole ci piacciono perché ci fanno emozionare.

Nelle favole di un tempo, però, le protagoniste erano delle povere ragazze in attesa del riscatto portato dal principe azzurro. Con la sensibilità di oggi sull’uguaglianza di genere erano modelli “vomitevoli”. Poi sono venute Mulan, Merida (Rebel), Elsa (Frozen), Oana (Oceania) e Raya, figure tenaci e determinate in modi diversi ad essere artefici della loro libertà e del loro destino… Infine Emma.

Emma ha 18 anni. Essendo inglese, è stata invitata al torneo di Wimbledon dove ha giocato le prime 4 partite della sua carriera nel circuito “maggiore”. Dopo è tornata a casa e ha dato gli esami, perché doveva finire la scuola.

Poi è andata a giocare le qualificazioni per il torneo di New York, uno dei 4 più importanti del mondo. Era la sua quinta partita. Da lì ne ha vinte 10 di fila, ha sconfitto tutte le sue avversarie senza perdere un set, ha conquistato il trofeo, stabilendo tutti i record possibili in un solo torneo alla seconda partecipazione, la prima che si era dovuta “meritare”.

Il video che vi propongo si intitola: “La favola di New York”(link),  ma sarebbe più corretto chiamarlo: “La favola di Emma” perché questo è il punto: le cose non accadono da sole, siete voi i protagonisti e le protagoniste. Nel nostro modo di pensare e di parlare, per esempio, diciamo: “La prossima volta andrà meglio…”, ma è un’affermazione imprecisa, che non ci allena alla verità. Dovremmo dire: “La prossima volta tu potrai farlo andare meglio…”

Emma era una tennista esordiente, ma ha stabilito una progressione impressionante migliorando partita dopo partita, come se ogni match le fosse valso un anno di esperienza. Questo significa: imparare.

Il video dura 13’, ma non c’è bisogno di guardarlo tutto. Io vi consiglio di guardare i primi 2 minuti e dal 9 all’11, dove si vede che ha iniziato a giocare nei campi laterali, vuoti, e dopo si trova sul centrale, davanti a 10.000 tifosi.

E non perdetevi per nulla al mondo il rovescio al minuto 6’19” – 6’20”. Se si potesse materializzare la perfezione è in quel colpo. Quel timing, quella sfrontatezza buona, quella risolutezza, quel di più indescrivibile che rappresenta quel gesto, è quanto di meglio potrei augurarvi nella vita e che vi auspico di imparare.

Don Davide




Una catenina…pesante!

Prepariamo le Prime Comunioni, che celebreremo sabato 9 ottobre in due turni, e proviamo a riprendere oltre al catechismo, anche i gruppi giovanili.

Gesù parla di una macina da mulino appesa al collo a chi scandalizza i suoi piccoli che credono in lui… Una macina da mulino… non è esattamente come indossare un gioiello di Pandora o una catenina al collo!

Sento la grande responsabilità di non “disperdere” la fede dei credenti di qualunque età, e di avere una preoccupazione speciale per quella dei ragazzi e delle ragazze, che deve ancora maturare, trovare le motivazioni, fondarsi.

Dobbiamo provare ad essere una comunità che non arresta il loro percorso, ma lo favorisce, in percorsi belli, anche impegnativi, ma senza trabocchetti o inganni: questi sono gli scandali che Gesù menziona nel vangelo.

Gesù insegna, metaforicamente, a togliere quello che è di intralcio, ciò che porta a un’esperienza negativa, che è logoro. Tagliare e potare: nel Vangelo sono spesso immagini per fare spazio, presupposti a quella rinascita dall’alto che apprendiamo dal dialogo tra Gesù e Nicodemo.

Perciò, invito tutti noi a un impegno: focalizziamoci sulla fede essenziale, su quelle scelte che sono veramente evangeliche e che sono animate dallo Spirito del Signore, giudicate degne, decise insieme ed essenzializziamo i nostri comportamenti personali su ciò che rende testimonianza di Gesù.

Scopriremo tanti compagni e compagne di viaggio, che come noi testimoniano l’amore di Dio nel suo nome.

Don Davide




Come in famiglia (per gli Under 20)

Mi sono ripromesso di scrivere ogni domenica poche righe per voi. So che dovrei usare Instagram, o addirittura Tik Tok, ma non voglio essere ridicolo, e questo dello scrivere è lo strumento che so usare meglio.

In questi giorni è morta una persona cara a me e a tutta la parrocchia. In questi ultimi anni abbiamo salutato molte persone deliziose che nel corso del tempo hanno letteralmente edificato la nostra parrocchia, la nostra chiesa e la nostra comunità.

Sono un po’ triste, anche se credo nella resurrezione. Lo sono tutte le volte che saluto qualcuno a cui ho voluto bene, o un mio parrocchiano o una mia parrocchiana. È un’emozione più forte di più di quando sento parlare di morti lontane, perché le relazioni contano.

Lo condivido con voi perché in una famiglia si fa così: ci si dicono le cose e poi sta ai grandi sostenere i pesi e ai più giovani, sapere che ci sono, ma anche portare quella spensieratezza e serenità che fa bene a tutti.

È ripresa la scuola e spero che sia stato un buon inizio per ciascuno e ciascuna di voi. La prossima settimana vorrei scrivervi una cosa in proposito. Un caro saluto.

Don Davide




Il tempo con voi (per gli Under 20)

Care amici, care amiche,

in questa settimana ricorre il diciottesimo anniversario del giorno in cui sono diventato prete: era il 13/09/2003.

Ho voglia di condividere alcune convinzioni che ho maturato in questi anni stando molto con voi, anche se mai abbastanza.

1.È prezioso il tempo condiviso. Non si può chiedere o proporre quasi nulla, senza la disponibilità a trascorrere del tempo insieme.

2.Tempo è sinonimo di vita. Sostituisci “vita” a “tempo” nella frase precedente e il significato è ancora più vero.

3.Il vostro corpo è un tempio nel vero senso della parola. È una gran cosa che vi esprimiate con il corpo, e anche che lo custodiate da chiunque, in qualunque modo, voglia farvi del male.

4.Libertà, coscienza e spirito sono tre parole magiche: conviene stare vicino a chi vi aiuta a conoscerle meglio.

5.È importante avere un amico adulto o un’amica adulta. Sì, lo so… sembra una cosa da pazzi, fuori moda, da vergognarsi con i coetanei… ma chi ce l’ha diventa un uomo e una donna migliore.




Notti magiche

Si è appena conclusa una bella messa, all’aperto, nell’appennino bolognese. È un tardo pomeriggio di inizio settembre rischiarato dalla luce calda e brillante del crepuscolo, è fresco e non c’è più il frinire assordante delle cicale. L’unico suono che si sente, armonioso, è quello di trenta ragazzi che scherzano, ridono, si abbracciano. L’atmosfera è elettrizzata: si capisce che c’è qualcosa nell’aria. Quel tipo di esperienza è l’esatta descrizione del passaggio dello Spirito Santo, per chi ha avuto la grazia di sperimentarlo, almeno una volta, nella vita.

Le ragazze e i ragazzi sono di seconda e terza media, qualcuna inizia la prima superiore. Sono venuti al campo lasciando a casa il cellulare (avete capito bene: lasciando a casa il cellulare per otto giorni!), sottoponendosi al tampone prima di partire e tenendo nei giorni iniziali la mascherina in ogni momento, anche quando giocavano.

Uno degli educatori ha ancora la chitarra in mano e strimpella qualcosa mentre rientra in casa. Un paio di ragazze si uniscono a cantare. Una nota tira l’altra: “Facciamo questa!”, “Cantiamo quest’altra…”. L’educatore si appoggia a suonare sul pianerottolo a metà delle scale e le due ragazze gli siedono a fianco. In breve tempo, tutti i ragazzi si sistemano sui gradini e cantano insieme a squarciagola per quarantacinque minuti. Una scena d’altri tempi. Un momento di magia interminabile… finché le cambusiere non li attraggono con motivazioni più che convincenti.

Mentre questo prodigio stava prendendo forma, ero stato raggiunto dal programma del G20 delle Religioni, che si svolge proprio a Bologna in questi giorni (dal 12 al 14). Un evento importantissimo di dialogo tre le religioni e le istituzioni e con appuntamenti di alto livello: scorrendo il nome dei relatori, oltre a quelli di alcuni leader religiosi, si trovano quelli del Presidente Draghi e del Presidente Mattarella; pensavo: “Wow! Dev’essere interessantissimo andarci!”.

Poi sentivo i canti provenire dalla tromba delle scale e – come con la Madeleine di Proust, ma con l’emozione del suono, invece che del gusto – in un baleno ho rievocato tutti i momenti belli del campo, i sorrisi soprattutto e le condivisioni della loro vita, e ho pensato: “Io non farei cambio con questa esperienza per nulla al mondo! Non c’è G20 che tenga: io non vorrei essere, in questo momento, in nessun altro posto che qui.”.

Lunedì 13 festeggio diciotto anni dalla mia ordinazione presbiterale – divento maggiorenne – e d’ora in poi posso firmarmi le giustificazioni da solo per fare fughino dagli incontri diocesani noiosi! Scherzi a parte, ritengo che un simbolo efficace di questi anni di ministero sia proprio la possibilità di condividere con la mia parrocchia questo apice meraviglioso del campo estivo, con la stessa confidenza con cui lo farei con la mia famiglia a tavola.

Trovo un riscontro, abbastanza preciso nel racconto degli Atti degli Apostoli. Anche gli apostoli, infatti, hanno dovuto testimoniare la fede davanti ai capi del popolo, Paolo addirittura al cospetto del Re, del Governatore e dell’Imperatore stesso… ma le comunità più belle (e con esse le pagine migliori) sono nate da piccoli rapporti semplici e veri, da comunità molto curate nella genesi e nella crescita della fede.

Al termine dell’ultima serata del campo, io ho dovuto salutare, perché il giorno successivo avevo il Battesimo della mia nipotina. Sono uscito fuori insieme ai ragazzi, che andavano ad ammirare le stelle. Mentre percorrevo in auto il viottolo per uscire, una ragazza mi dice al finestrino (cito testualmente): “A proposito don, volevo dirti che è stato fantastico! Volevo che tutte le cose che facevamo, non finissero mai!”.

Quest’estate, tra gli Europei e le Olimpiadi, abbiamo cantato le notti magiche, ma – a dirla tutta – non c’è una notte più magica di così.

Lo tengo come il biglietto di auguri per la maggiore età del mio ministero.

Don Davide




Il potere delle parole (per gli Under 20)

Quanti sordi e muti ci sono nel nostro mondo! Non le persone che hanno difficoltà fisiologiche, che spesso comunicano addirittura meglio degli altri. A loro va tutto il rispetto dovuto.

Ci sono tanti muti di fronte alle ingiustizie, giovani che non difendono i loro amici e le loro amiche, responsabili che non parlano della crisi climatica o, peggio, ne distorcono la percezioni, presunte autorità le cui parole sono così insulse che anche il loro suono risulta vuoto oppure stonato.

E poi ci sono i sordi che non vogliono ascoltare, chi non fa lo sforzo di mettersi in relazione, i peggiori sono quelli che non si meravigliano più e che non vogliono imparare.

Ma voi no, ragazze e ragazzi! Cogliete oggi l’invito di Gesù che guarisce un sordomuto dicendo: “Apriti!”. Doveva avere risuonato con un tale carisma, quel comando, che i narratori lo riportano ancora nella lingua originale: “Effatá”, come quando una parola è talmente forte che ti rimane in mente per sempre.

Io vi dico: leggete libri, guardate film e serie tv, ascoltate la musica, non rinunciate mai a parlare dopo avere pensato con un po’ di saggezza cosa comunicare. E se la gente si stupirà, come accadeva con Gesù, meglio così! Scoprirà che siete recettivi e sarà costretta a riconoscere che avete qualcosa da dire.

Don Davide