Oltre (Under 20)

Ricordo perfettamente il giorno in cui per la prima volta ho letto di Mosè.

Prima era il nipote del Faraone, ma nella parte iniziale del racconto, non gli viene dato nessun risalto. A un certo punto uccide un egiziano, la sua famiglia gli si ritorce contro e lui scappa.

Torna ad essere uno qualunque. Trova moglie, fa il pastore.

Pensate: dalla famiglia del Faraone a pecoraio nel deserto.

Tutto ha inizio dal suo osare di guardare di nuovo “oltre”.

Cosa c’è ancora da scoprire? Come va avanti la storia?

Non ve lo dico, spero che la andiate a leggere (Esodo 3, per i lettori) o che veniate a messa (trucchetti da prete).

Forse l’avevo ascoltato mille volte e quel giorno l’ho solo focalizzato. Ricordo l’anno, il mese, il giorno della settimana, l’orario del mattino, i luoghi, la luce, i profumi, gli amici con cui ero.

Ma voi direte: “Ok, don Davide…” e perché, di preciso, me ne dovrebbe fregare qualcosa?

Perché è importante il fatto che possa accadere: che una cosa, all’improvviso, ti possa cambiare la vita, senza che tu te ne stia rendendo conto.

Se me ne fossi reso conto, quel giorno, ne avrei avuto una paura pazzesca; invece, adesso ne sono grato.

Spesso, quando noi adulti parliamo su di voi e non con voi, diciamo che il futuro vi fa paura.

Non so se sia vero del tutto. Secondo me, siete molto più coraggiosi di noi.

Ma la cosa che mi interessa è questa: da lì in poi, il racconto di Mosè rivela il vero nome di Dio, per ciascuno che ingaggia l’avventura della vita con lui. Lui si chiama: IO CI SONO CON TE.

 




Un passo in più (Under 20)

Il gesto di quella povera vedova che getta nell’offerta per il Tempio due monetine di poco valore, ma viene elogiata da Gesù, ci piace tantissimo, perché lei è autentica, mentre tutti gli altri ricconi facevano i gradassi, ma la loro offerta non era per nulla sentita o sincera.

Tuttavia, quell’autenticità ci sembra difficile, perché è un gesto estremo, una roba alla San Francesco, per intenderci.

Sono convinto, però, che quello che elogia Gesù, sia prima di tutto un simbolo: è il simbolo di chi nella vita ci si mette senza risparmiarsi.

È il simbolo di chi fa un passo in più.

Quel passo in più ti fa sperimentare l’amore, ti fa toccare il cielo con un dito, ti fa andare sulla Luna.

È una cosa che possiamo fare anche noi e che vale per tutte le età, da bambini, da adolescenti e da adulti.

Vi propongo allora questo video, che ha molti significati, che si intitola: Un piccolo passo




Il tempo con voi (per gli Under 20)

Care amici, care amiche,

in questa settimana ricorre il diciottesimo anniversario del giorno in cui sono diventato prete: era il 13/09/2003.

Ho voglia di condividere alcune convinzioni che ho maturato in questi anni stando molto con voi, anche se mai abbastanza.

1.È prezioso il tempo condiviso. Non si può chiedere o proporre quasi nulla, senza la disponibilità a trascorrere del tempo insieme.

2.Tempo è sinonimo di vita. Sostituisci “vita” a “tempo” nella frase precedente e il significato è ancora più vero.

3.Il vostro corpo è un tempio nel vero senso della parola. È una gran cosa che vi esprimiate con il corpo, e anche che lo custodiate da chiunque, in qualunque modo, voglia farvi del male.

4.Libertà, coscienza e spirito sono tre parole magiche: conviene stare vicino a chi vi aiuta a conoscerle meglio.

5.È importante avere un amico adulto o un’amica adulta. Sì, lo so… sembra una cosa da pazzi, fuori moda, da vergognarsi con i coetanei… ma chi ce l’ha diventa un uomo e una donna migliore.




La salvezza di Dio comprende tutto

Due figure femminili accomunate da un particolare
La pagina del Vangelo di questa settimana (Marco 5, 21-43) non lascia spazio a dubbi sull’Amore che Dio nutre per noi, perché qui esso è espresso da suo figlio Gesù di Nazaret, attraverso due guarigioni di due donne molto diverse, ma accomunate da qualcosa di interessante.

Il numero 12 (1+2= 3)
Nel racconto, entrambe hanno a che fare col numero 12: la donna è malata da tempo e questo dato ci viene fornito chiaramente: “una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici”;
La figlia di Giairo, il quale implora l’aiuto di Gesù perché lei sta morendo ha un’età precisa la fanciulla (…) aveva infatti dodici anni 

Il dodici indica la pienezza dell’anno, composto di dodici mesi, ma anche e soprattutto perché rappresenta il numero dell’elezione, quello del popolo di Dio. “

Dodici i figli d’Israele-Giacobbe; Dodici quindi le tribù d’Israele; Dodici gli apostoli: esso è un numero simbolico che rappresenta la totalità della vita, la ricomposizione di qualcosa che in origine era perfetto e armonico e finalmente, dopo aver superato mille difficoltà, ritorna Uno, Sano, Integro.

Il sangue e la tenacia
Una volta mi capitò di avere un’emorragia dal naso, improvvisa e violenta: ero nel chiostro della mia università ospitata da un ex convento, dove noi studenti ci fermavamo a chiacchierare, a mangiare un panino. C’era gente, ma nessuno si avvicinò per aiutarmi, mentre tiravo fuori fazzoletti dalla borsa tentando di bloccare il sangue.
Lo capii: erano gli anni dei primi sieropositivi all’HIV e il sangue faceva paura così come calpestare una delle innumerevoli siringhe lasciate a terra nei parchi dai tossicodipendenti.
Me la cavai, ma pensai che se fossi svenuta avrei avuto tutti attorno, mentre la sola vista del sangue, aveva scoraggiato anche i più solerti “samaritani”.

La donna di questo brano ha attraversato difficoltà infinitamente più gravi delle mie: ha subito molte sofferenze e delusioni e la sua vita si è completamente identificata con una condizione di malattia e rifiuto sociale: ma per guarire, è disposta a rischiare.
Questa donna si sente impura, ma si getta nella folla per raggiungere un contatto diretto con Gesù: non basterà vederlo, chiamarlo, ma dovrà toccarlo. Quando noi usiamo l’espressione “toccare con mano”, vogliamo dire che abbiamo fatto un’esperienza reale di quella condizione: ebbene questa donna ci riesce: “e sentì nel suo corpo che era guarita dal male”. E Gesù infatti “essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?”. Vuole guardare negli occhi chi è riuscito a ricevere per sé, parte di quel principio che ridona vita laddove sembra regnare solo morte e sofferenza. Non c’è salvezza senza incontro reale: solo quando può dirle, direttamente guardandola negli occhi: “Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”, la donna può davvero riprendere in mano la sua vita.
Gesù le dà atto di non essersi arresa, di aver avuto fiducia pur vivendo una condizione in cui l’istinto ti porterebbe a metterti in un angolo e bloccarti. Anche solo camminare perdendo continuamente sangue, ti dà la netta sensazione di essere in difetto: ti senti svenire, ti senti sporca, senti che tutti potrebbero accorgersi dei tuoi vestiti macchiati. E allora osare di voler guarire è un atto di fede che Gesù apprezza talmente tanto da dire alla donna che è salva: e mi viene da pensare che la salvi non solo dalla malattia del corpo, ma anche da tutte quelle dell’anima, in modo che finalmente possa dedicarsi a costruire il Regno di Dio su questa terra a volte polverosa ed arida, all’interno di una comunità ritrovata.

La giovinezza e la fragilità
La seconda figura femminile è giovanissima e viene descritta come senza vita, esanime, esangue. Potrebbe rappresentare l’esplosione della vita (a dodici anni, spesso si diventa donne) che viene bloccata da un qualsiasi evento improvviso e grave: qualcosa sta rubando ad una ragazza che invece dovrebbe avere tutta la vita davanti, ogni possibile futuro.
Qui Gesù su comporta come un marziano: non si scompone, dice al padre «Non temere, soltanto abbi fede!» e quando arriva a casa di Giairo e gli dicono che la bambina è morta risponde: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Ovviamente viene deriso, ma questa volta invece di agire nella folla, sceglie pochissime persone da portare con sé nella stanza della figlioletta di Giairo e la guarisce con una frase chiara e decisa: «Talità kum». E il linguaggio cambia: scopriamo che non è più una bambina, ma una fanciulla che, come dicevamo all’inizio, ha dodici anni. Anche qui c’è un passaggio avvenuto: la bambina potrebbe aver avuto paura di crescere, oppure potrebbe essersi arresa al primo pericolo che l’ha sorpresa e non ha lottato: si è abbandonata, molto presto all’altra sorella della vita, la morte. Gesù però fa sentire forte la sua voce, per risvegliare quelle parti di noi che hanno paura di crescere, di cambiare, di lanciarsi nell’imprevedibilità della vita e donare loro nuovo vigore. Quando accogliamo la voce di Dio, diventiamo più grandi, più completi proprio perché abbiamo superato uno snodo critico della nostra crescita.

È quando superiamo le prove (e la pandemia lo è sicuramente) che produciamo finalmente una trasformazione. Le prove difficili sono le uniche che portano ad una vera crescita. In molte culture i riti iniziatici si compiono all’età di 12 anni, dopo di che si entra in un’età adulta. Quindi quando le prove si presentano, non fuggiamo, non anestetizziamoci: superiamole per diventare grandi e completi. Ricordando che all’orizzonte, come leggiamo nell’Apocalisse c’è una Donna vestita di sole ha in capo una corona di dodici stelle, vale a dire un’umanità scelta da Dio per realizzare un mondo in cui pace ed armonia regnino per tutti e per sempre.

Anna Maria