Lo splendore di una città

Papa Francesco esorta più volte nella Evangelii Gaudium, ad avere uno sguardo contemplativo sulla città. Oggi siamo aiutati dalla seconda lettura, che ci descrive l’immagine meravigliosa della Gerusalemme Celeste, come se il frutto della fede dei discepoli sia la generazione di una città luminosa e fraterna.

Confessare il Signore risorto significa costruire uno stile della convivenza che valorizzi il bene di tutti e abbia a cuore ciascuno.

Questo è il dono della pace che il Signore ci lascia: una pace per nulla paragonabile a quella che sono in grado di costruire gli uomini, fatta di fragili accordi e di compromessi. Si tratta, invece, di una pace sincera, amorevole, legata all’esperienza di una vita piena e condivisa in maniera gioiosa.

Questa domenica sera c’è la conclusione dell’Ottavario di preghiera in onore della B.V. della Salute e faremo la processione per le strade della nostra parrocchia. La processione sembra un rito antico, quasi obsoleto. Magari in campagna possiamo ancora riconoscerle un valore folcloristico, ma in città ci pare il residuo archeologico di una fede che non c’è più, soprattutto quando qualche ragazzo con un bicchiere di birra in mano guarda il suo passaggio con l’occhio pallato di un pesce lesso.

Invece penso che possa essere ancora un evento tanto bello quanto prezioso, se la immaginiamo come quel gesto pacifico di cui parlavo poco sopra: l’idea di percorrere le strade della nostra città serenamente, ponendo qualche piccolo segno gioioso, e cercando di esprimere uno sguardo attento attraverso la preghiera alle grandi situazioni che ci interpellano.

La processione è un simbolo di riconoscimento di una comunità, è un appuntamento per dire che noi queste strade le abitiamo, senza presunzione di superiorità, senza ostilità, ma con la ferma determinazione di essere attivi protagonisti non solo tra di noi, entro le mura della parrocchia, ma cercando di edificare insieme a tutti.

Per fare ciò, porteremo dei segni: dei cartelli con le frasi più belle e significative di papa Francesco, fatti dai bimbi di II e IV elementare; dei palloncini, che diventeranno il simbolo della nostra preghiera, una preghiera che possa illuminare la notte, lanciati dai bimbi di III elementare; infine, dei lumini, con cui fare risplendere le vie che attraverseremo con il simbolo della pace.

Confido che questo brulicare nella notte, ci aiuti a contemplare lo splendore della città – non solo della nostra, ma più in generale della città “degli uomini” – quel luogo dove si vive insieme e si cerca di imparare la convivialità delle differenze.

E che la preghiera che si è prolungata per otto giorni, possa ottenere per intercessione di Maria, la guarigione del corpo e dei cuori e il dono dello Spirito di unità e di pace, come in una rinnovata Pentecoste.

Don Davide




Lo spirito della vita

Mentre continuano a giungere alle nostre orecchie tante notizie di ingiustizia, di violenza e di morte, viene rinnovata sulla Chiesa l’effusione dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste (sulla chiesa e su tutti gli uomini e le donne aperti ad accogliere questo dono, poiché lo Spirito Santo «soffia dove vuole» [Gv 3,8]).

In questa celebrazione è come se l’energia della resurrezione di Gesù si dispiegasse completamente. Nella notte di Pasqua abbiamo proclamato in un salmo: “Mandi il tuo Spirito, Signore, e tutta la terra si rinnova” (Sal 104); potremmo quasi dire che l’efficacia di questo rinnovamento opera a partire da oggi, e attraverso la conversione “alla vita” di tutte le persone che decidono di accogliere lo Spirito Santo e di fare spazio all’amore per la vita stessa. Si tratta di scelte concrete, con ricadute efficaci: i nostri stili di vita, il rispetto della creazione, la gentilezza nei confronti delle persone, la bontà, l’onestà, la dedizione ai più piccoli, gli sforzi per includere i poveri e gli esclusi, la gioia di esistere, l’entusiasmo e l’impegno di amare.

«Tutti furono pieni di Spirito Santo», dice il racconto di Pentecoste. Non si tratta – evidentemente –  di una pienezza quantitativa, come se lo Spirito Santo si potesse misurare, quanto di una pienezza qualitativa: si intende cioé una vita interamente animata e permeata dalla forza dello Spirito, che porta il suo frutto nelle famose nove manifestazioni che vale la pena di ricordare: gioia, pace, amore, bontà, pazienza, benevolenza, fedeltà, mitezza, dominio di sé.

Uno dei segni più efficaci di questa svolta che investe i discepoli è il cosiddetto “dono delle lingue”, ossia la possibilità di comprendersi, la grazia di una comunicazione efficace. Nel racconto degli Atti degli Apostoli sono due i miracoli che accadono: il primo è che i discepoli parlano più lingue, ispirate dallo Spirito; il secondo è che gli uditori sentono nella propria, come se lo Spirito avesse aperto a tutti la facoltà della comprensione. E’ un simbolo potentissimo che ci richiama al valore di una comunicazione che permetta una reale comprensione. Lo Spirito ci invita a metterci nei panni dell’altro (l’immagine di parlare più lingue) e di ascoltare come se parlasse esattamente la nostra (l’immagine dell’ascolto), perché solo questo ci permette di entrare in profonda empatia e condivisione e di fare sì che il dono supremo fatto all’uomo, la Parola, sia sorgente della nuova e vera comunione del mondo, contro tutte le forze disgregatrici della Morte.

Don Davide