Com’era quel giorno?

Chissà com’era il mattino del giorno di Pasqua, nei pressi del sepolcro di Gesù, poco fuori Gerusalemme.

Mi sono sempre chiesto se c’erano dei segnali, ai quali le donne non avevano prestato attenzione, o che non erano in grado di percepire a causa del turbamento che ancora agitava il loro animo.

C’era forse un silenzio surreale – quasi meravigliato – oppure gli uccellini volavano più festosi del solito e le rondini facevano le loro evoluzioni tra il porticato del Tempio?

Le persone che si svegliarono presto percepirono qualcosa di diverso? L’aria era frizzante o lieve?

Ci fu almeno un soldato rapito da un presagio di pace o un sacerdote ammansito dalla dolcezza del pentimento?

E l’alba com’era? Rossa come il fuoco, rosa come i fori di pesco, gialla come un campo di girasoli o azzurra come lo specchio del Mare di Galilea circondato dai colli?

Infine, la pietra rotolata era luminosa od oscura? La luce entrava nel sepolcro aperto, oppure usciva da esso un bagliore più chiaro del giorno, come l’acqua dolce quando si mescola con quella salata nell’estuario di un fiume?

A queste mie curiosità non c’è risposta.

In quel misterioso tempo intermedio, una cesura è avvenuta nella storia del mondo, il sepolcro è diventato una porta d’accesso tra l’uomo e il divino, una frattura nella crosta dura dell’esistenza, attraverso la quale Dio è entrato nel tempo.

Credo che tutto annunciasse la resurrezione, pur essendo tutto perfettamente uguale agli altri giorni.

Era una vibrazione improvvisa, inattesa, come un colore fuori dallo spettro visivo, come una melodia oltre il nostro campo uditivo.

Una sorpresa, che da allora in poi chiede di essere riconosciuta attraverso la fede.

È un senso spirituale, che si aggiunge ai nostri cinque sensi e che non è solo un sesto senso, ma una facoltà che va allenata, riconoscendo le ferite che diventano feritoie, come le piaghe di Gesù, e le porte chiuse che vengono aperte, ogni volta che l’amore trova un pertugio.

Celebriamo la Pasqua con la consapevolezza di questa sorpresa, che può sempre raggiungere la nostra vita, mentre ci chiede di allenare la fiducia che ci permette di accoglierla.

Don Davide




Correre al sepolcro

«Le parole delle donne parvero ai discepoli come un vaneggiamento, Pietro tuttavia corse al sepolcro…» (Lc 24,11).

È un annuncio così potente, quello della resurrezione, da sembrare incredibile. In esso riposano tutte le nostre speranze di vita e di salvezza, al punto che qualche filosofo ha ipotizzato che “la Resurrezione”, così come “l’essere di Dio”, fossero solo una proiezione dei desideri dell’uomo.

Certo, il mistero del Risorto ci spiazza: secondo la testimonianza dello sparuto gruppo dei suoi discepoli, Gesù risorto non si può trattenere – nonostante l’anelito di potere stare con lui – non si comprende fino in fondo, non possediamo la sua verità se non attraverso molteplici e comunque insondabili punti di vista.

Eppure balena come la scintilla di un fuoco di brace sotto la cenere un dubbio, o forse un’intuizione… E… se fosse?!

Un amico agricoltore mi ha raccontato che i covoni di grano, si possono incendiare perché la forza con cui sono compressi, può talvolta generare processi chimici di autocombustione al loro interno, se non sono perfettamente essiccati. La scintilla della resurrezione è come questa traccia di qualcosa di potenzialmente incendiario, che rimane nel nostro cuore. Pressati dalle mille cose da fare, dalle paure, dalle ansie, ormai assuefatti agli orrori e alla disillusione, qualcosa nel più intimo del nostro essere afferma un destino di vita.

Questa scintilla divampa quando l’annuncio di questa possibilità la raggiunge e la fa diventare desiderio, speranza, volontà di dare credito all’esistenza.

Dev’essere successo così, a Pietro, quando le donne sono arrivate a dirgli del sepolcro vuoto. Quelle parole gli sono parse come un vaneggiamento, nonostante ciò una potenza nascosta si è fatta strada da chissà dove – forse in nome dell’Amore – in mezzo al suo scetticismo. Il vangelo ci racconta di un meraviglioso: “tuttavia”: «Pietro tuttavia corse al sepolcro». In questo dubbio di Pietro che apre uno spiraglio, in questo desiderio di qualcosa d’altro, certamente anche di riscatto per il suo tradimento, in questo “tuttavia” c’è l’intero racconto di come la fede nel Risorto si fa strada tra gli uomini e nella storia del mondo.

Per questo dobbiamo ascoltare continuamente il Vangelo, e quando possiamo testimoniarlo con umiltà, perché quando scatterà un po’ di curiosità, quando qualcuno dirà “forse”, “magari”, “proviamo” oppure “tuttavia”, lo Spirito del Risorto avrà già creato la minuscola crepa che, prima o poi, farà crollare tutte le resistenze.

Come una caccia al tesoro, così è la resurrezione: quando hai trovato il primo indizio, non puoi fare a meno di arrivare alla meta.

Don Davide