Il privilegio di Dio

Tu sei magnifico e onnipotente, Signore. Nella tua dimora regale, seduto sul trono di gloria, come ogni sovrano, chissà quanti privilegi hai!

Eppure, sei sceso ad abitare in mezzo a noi e non hai scelto un hotel a 5 stelle, ma il retro di un’abitazione, e anche i cherubini e i serafini – che di solito popolano il tuo palazzo – non hanno disdegnato, come te, la compagnia di qualche animale: un asino, un bue – chissà – forse anche due conigli, una capretta, qualche gallina e tre pecorelle.

L’apostolo Paolo ha preso pezzi di una canzone orale del tempo e ne ha composto un inno, su questo viaggio che hai compiuto, Gesù, dall’alto al basso e poi di nuovo verso l’alto, in un livello intermedio tra la terra il cielo, quello della croce. Noi l’abbiamo un po’ ammansita questa meditazione, ma potremmo renderla così: “Pur essendo Dio, non ritenne un privilegio essere Dio, ma svuotò se stesso” (Fil 2,6-7).

Cosa si può pensare di più atroce della situazione degli uomini e donne che vengono venduti, ancora oggi, in molte parti del mondo?

La fine del tuo viaggio – di questa discesa dal trono del cielo, al pagliericcio della terra, fino al giaciglio della croce a mezz’aria – inizia proprio così: sei venduto, per farti morire. Come gli schiavi, come le vittime dei trafficanti di organi, come i giovani e inesperti soldati mandati al macello da chi ha le ville con la piscina.

Qual è dunque il privilegio di Dio?

Qual è il tuo privilegio, Gesù?

Che cosa ritieni degno, tu, dell’esistenza di Dio?

Per rispondere a questa domanda, i narratori del tuo ultimo tratto sulle nostre strade, elencano una serie di situazioni vertiginose.

Sentirsi ingiustamente motivo di scandalo, solo per essere stato testimone di un Dio libero, mite e amorevole; fare parte dei rinnegati, i dissidenti dalla loro patria, gli omosessuali dalle loro famiglie, gli inefficienti dalla società dei consumi, i malati e gli anziani lasciati soli, chi si sente cacciato e rifiutato dagli affetti più cari.

Inoltre, il privilegio che scegli per te è, Gesù, condividere la sorte di quelli che vengono bullizzati, sostituirti ai prigionieri e ai carcerati, giungere perfino ad affiancarti nel dolore di chi viene torturato.

Infine, fermare il braccio di chi usa la violenza nel nome Dio.

Tutto questo è il privilegio di cui ti fregi, proprio perché sei Dio.

Ed ora, camminare di nuovo in quello che era il Paradiso Terrestre deturpato dal peccato, senza più fare paura agli esseri umani, anzi, facendoti vicino ad ogni uomo e ogni donna soli, che soffrono in terra, in mare e in ogni luogo, per consolarli come una madre che prende in braccio il suo bambino, per alleviare il dolore, perché nessuno abbia più paura del buio e degli orchi.

Il privilegio che rivendichi, Gesù, è entrare in tutte le sofferenze e coccolarle d’amore.

Ma il privilegio di Dio è anche sedere a tavola con gli amici, benedire il pasto e i doni della terra, scoprire – meraviglia inattesa – che ci sono fratelli e sorelle sconosciuti, pronti ad asciugarti il sangue e il sudore dal volto, disposti ad aiutarti a portare la croce.

Alla fine di questa contemplazione, ti preghiamo Signore Gesù – noi che siamo guardinghi e prudenti, e magari un po’ timorosi – insegnaci ad essere “invidiosi” dei tuoi privilegi, anzi a “morire di invidia” per te, nella Settimana Santa.

Don Davide




La medicina del mondo

All’inizio del racconto evangelico di questa domenica, per cinque volte in sei versetti, si dice che Lazzaro era malato.

Lazzaro è figura del mondo, che è malato.

Se non si ridesta dal suo sonno, sprofonda nell’ombra della morte. Al contrario, Gesù lo richiama alla vita, perché si manifestino le opere di Dio.

L’opera di Dio è questa: richiamare alla vita il mondo.

Contrariamente al nostro corpo biologico che ha bisogno del riposo per guarire, il nostro corpo spirituale, per essere sanato, ha bisogno di ridestarsi.

La parola di Gesù è come un tuono in quest’ultima domenica, prima della Grande Settimana, la Settimana Santa: VOI togliete la pietra, e TU Lazzaro vieni fuori.

C’è un compito di tutti e una responsabilità personale.

LA PACE

Non bisogna mettere una pietra tombale sulla pace.

“Ma è già di quattro giorni!” dice Maria. “Questa guerra, queste guerre sono già durate così tanto! Ormai non ci si può fare più niente!” Ma proprio perché la guerra fa puzza bisogna togliere la pietra tombale sulla pace, e dare aria e sciogliere quelle bende da mummia che impediscono di percorrere la via della riconciliazione.

LA FEDE

“Se tu credi” (Gv 11,40) dice Gesù.

C’è bisogno di risvegliare la fede. Non è una cosa insensata, neppure di fronte alla morte, né impossibile.

Gesù, nella preghiera per Lazzaro ringrazia. Questo ringraziamento permette a Maria di “vedere le grandi opere di Dio”. Tu incomincia a ringraziare e scoprirai che la tua fede si risveglierà.

LE LACRIME

C’è troppa sofferenza nel mondo. Ci sono le atrocità, ma anche tanto dolore nascosto, calvari e croci che si ripetono sfrontatamente, per esempio la morte di un amico, un fratello. Anche Gesù piange. Le sue lacrime sono sorprendenti in questa situazione, in cui ha appena dichiarato di essere lì per la vita di Lazzaro, nonostante ciò si commuove nell’intimo.

Lasciamoci commuovere. Non abbiamo paura di essere sensibili.

Le lacrime somigliano tanto a quel lavacro di rigenerazione che è il Battesimo e preparano la Pasqua.

 

Così, il vangelo di Lazzaro è come il terzo tempo di una grande sinfonia in quattro movimenti. La samaritana (Gv 4), il cieco nato (Gv 9), Lazzaro (Gv 11) e la Settimana Santa.

La Settimana Santa è la grande medicina del mondo.

Essa ci offre l’ulivo della pace, la tenerezza dei gesti nella Cena di Gesù, la commozione di fronte alla sua morte, la fede che si accende nella notte della morte.

Allora potremo cantare con vera consapevolezza, nella notte di Pasqua: “Mandi il tuo Spirito Signore, e guarisci tutta la terra”.

Don Davide




Lamicizia (Under 20)

“Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi” (Lc 22,15).

Condividere qualcosa di importantissimo.

Anche Gesù ne ha bisogno nel momento più difficile della sua vita. E noi impariamo quanto sia importante stare insieme.

Stare insieme quando Gesù ci insegna l’amore. Stare insieme allo stesso modo in cui lui ha vissuto l’amicizia. Stare insieme ad affrontare la morte, quella di un amico, di un nonno o persino di un genitore.

La chiamerei Lamicizia, senza l’apostrofo, con l’iniziale maiuscola e tutta attaccata.

In questi giorni si celebra qualcosa di molto importante.

I tre giorni del “Triduo Pasquale” hanno al centro l’amicizia, l’amore e la vita, così come queste tre realtà possono essere illuminate da Dio.

Anche se fate fatica a credere, anche se in qualche occasione la Chiesa vi ha deluso, cogliete l’occasione di festeggiare e magari di celebrare qualcuno di questi momenti.

Sono certo che ne ricaverete qualcosa di buono.

Ci sono delle persone e una comunità che hanno voglia di festeggiare anche con voi.

 




La via della pace

Oggi, il cammino di Gesù nel Vangelo di Luca taglia il suo traguardo, struggente e doloroso. Gesù alla vista di Gerusalemme, aveva avuto come un presagio – un momento in cui gli era apparso chiaro che cosa il rifiuto della pace nel cuore, nelle relazioni e fra i popoli avrebbe generato – e aveva esclamato: “Se avessi compreso anche tu quello che porta alla pace!” (Lc 19,42).

Gli interpreti sostengono che l’esclamazione sia riferita a Gerusalemme, ma non è detto. Il racconto dice solo che al vedere la città, Gesù pianse su di essa – sono pochissime nel vangelo, le volte in cui Gesù piange – e pronunciò questa frase. E se, al vedere la città, avesse pensato invece a ciascuno di noi?

Se avessi compreso anche tu la via della pace…

La via della pace: nella sua passione Gesù la percorre così radicalmente da rifiutare, per se stesso, ogni forma di violenza, fino ad accettare la morte.

La via della pace la gusta con gli amici, nel clima affettuoso del cenacolo; la cerca nel Getsemani, anche nel turbamento più estremo, finché non si sente di nuovo consolato da un angelo; la ottiene per tutti coloro che incontra con la croce sulle spalle, fino all’ultimo amico imprevisto. La chiede per tutti, anche per quelli che lo crocifiggono.

Seguendo il racconto della Passione, riconosco tre passi per percorrere la via della pace. Sicuramente ce ne sono molti altri e potremo arricchirci a vicenda, condividendo le celebrazioni di questi giorni.

1)L’amicizia. Il racconto della Passione secondo Luca inizia così: “Ho desiderato ardentemente mangiare questa pasqua con voi, prima della mia passione” (Lc 22,14). In queste parole, Gesù esprime il senso dell’esistenza: l’affetto per gli amici, il bisogno di significato e di momenti veri, la voglia di celebrare la vita e la festa, la consapevolezza di dovere morire. Tra l’amicizia e il pensiero della morte, sento uno struggimento che non si riesce a colmare e non trovo altre parole. Mi affido a Gesù. Lo seguo nella sua passione. Spero di potere arrivare a dire con lui: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). Sì, nel momento della morte, con cui sentiamo di non riuscire mai a fare i conti, speriamo di potere sentire il Padre, e che stiamo consegnando a lui il nostro spirito.

2)Il disarmo. “Dobbiamo colpire con la spada?” chiedono i discepoli. Ma Gesù risponde: “Lasciate, basta così!” (Lc 22,49-51) e guarisce chi era stato ferito. Il disarmo nucleare. Radicale. Totale. Completo. Bisogna impedire in tutti i modi possibili che un governo e uno stato progettino di costruire un’arma capace di distruggere l’umanità. E chi le ha già deve smontarle, pezzo per pezzo. Ci vuole una commissione mondiale di uomini e donne dedicati a questo scopo. E bisogna introdurre nelle scuole, fin dal primo ciclo di studi una nuova materia: Storia della Pace. Il disarmo deve diventare cultura, come l’ovvia consapevolezza che non si fuma in posti chiusi. Di armi nucleari ne sono stimate 13.400 nel mondo. Se con quegli sforzi avessimo costruito ospedali, scuole e università, e progettato una rete di redistribuzione idrica e alimentare oggi non ci sarebbe nemmeno più bisogno di armi.

3)Il perdono. La vita di Gesù è la storia del Dio che scende dal trono del giudizio e sale su quello della misericordia. Delle ultime tre parole di Gesù, le prime due sono di perdono e la terza è di affidamento. Credo che Gesù sia morto sulla croce, perché era salito talmente “in alto” che non poteva semplicemente stare coi piedi sulla terra. Anche nel massimo della sua umanità, era un po’ più vicino al cielo, un po’ più in alto di tutti noi. Ma è bene che ci ricordiamo a vicenda che possiamo dire parole di misericordia e riconciliarci realmente. E che questo, per noi come per Gesù, è il traguardo più importante dell’esistenza: morire con il cuore occupato solo dal bene.

Don Davide

 




La Croce

La liturgia del Venerdì Santo è una celebrazione intima e di grande raccoglimento. Si inizia in silenzio, prostrandosi davanti all’altare e al presbiterio completamente spoglio. Anche la sede viene spostata davanti alle panche, nell’assemblea, perché tutti – chi presiede la celebrazione, i ministri e il resto del popolo di Dio – siano di fronte al mistero della Passione, in ascolto della Parola.

Segue, infatti, la liturgia della Parola e la proclamazione della Passione dal Vangelo secondo Giovanni. Ci sarà poi la grande preghiera universale, che si eleva in risposta alla parola di Dio e che viene come depositata davanti alla Croce. Il senso di questa lunga preghiera (sono ben dieci!) è proprio quello di essere una ricapitolazione di tutte le suppliche più indispensabili elevate al cielo davanti al grande mistero della redenzione.

Mi piacerebbe, in quest’occasione, fare un piccolo segno. Dieci persone diverse avranno una candela ciascuno. Ad ogni invocazione una candela verrà accesa, rimanendo sul posto. Poi, durante la processione per il bacio della Croce, che seguirà poco dopo, chi ha la candela la deporrà ai piedi della Croce a nome di tutti, come segno di collegamento tra la preghiera e l’adorazione della Croce.

È un gesto molto semplice, per cui chiedo il vostro aiuto. Se qualcuno è disponibile ad accendere e portare la candela, prego di farmelo sapere con anticipo, in modo da organizzarci. La partecipazione attiva di più persone alla liturgia è uno dei grandi auspici della riforma liturgica del Concilio Vaticano II.

Il momento culminante di questa celebrazione è l’adorazione della Croce. Avendo il grande Crocifisso che viene venerato quotidianamente, vogliamo valorizzarlo in questo giorno santo. La Croce che si leverà davanti ai nostri occhi e sulla nostra assemblea sarà proprio il grande crocifisso devozionale. Ovviamente non è possibile portarlo in processione, quindi faremo il rito sul posto.

La Croce verrà svelata per tre volte, dopo ciascuna ci sarà l’incensazione e l’invocazione: “Ecco il legno della croce, a cui fu appeso il Cristo, salvatore del mondo!”, a cui l’assemblea risponderà: “Venite adoriamo” e la luce che illumina la Croce aumenterà di intensità. Nel passaggio tra uno svelamento (e la corrispettiva invocazione) e l’altro, simmetricamente verrà velato un pezzo del trittico In memoria di me. Così si evidenzia il passaggio dalla adorazione dell’Eucaristia, a quella della Croce, che si ergerà in chiesa, fino alla Veglia di Pasqua.

Ancora una volta, l’incensazione riservata a questo momento ci richiamerà al significato forte della seconda manifestazione del sacrificio di Gesù: la sua morte in Croce per riscattare il peccato e per amore degli uomini.

La celebrazione termina con la preghiera del Padre nostro, ripetendo l’estremo atto di affidamento al Padre di Gesù crocifisso, e l’orazione finale. Ricordiamo che – per scelta della comunità parrocchiale e con lo scopo di concentrarsi sui momenti diversi del Triduo – non verrà distribuita la Comunione. La partecipazione al sacrificio di Gesù, infatti, nel Venerdì Santo viene espressa dall’adorazione e dal bacio della Croce.

 Don Davide




La Quaresima come cammino

Inizia la Quaresima, che è soprattutto un cammino spirituale.

La nostra parrocchia, rappresentata nel Consiglio Pastorale Parrocchiale, ha deciso di scandire questo cammino con alcune attenzioni, mirate specialmente a vivere bene la Settimana Santa.

Per questo, si è deciso – nei giorni della Settimana Santa – di impostare un percorso che, al termine della Quaresima, ne ricapitoli tutto l’itinerario e, allo stesso tempo, scandisca l’ultima preparazione. Lo indichiamo fin d’ora, perché possiamo esserne pienamente consapevoli.

Si tratterà, quindi, di privilegiare le tre principali celebrazioni eucaristiche (Palme, Cena del Signore, Pasqua) e di sostituire la messa serale del lunedì santo, martedì santo e mercoledì santo, con tre momenti di cammino spirituale a cui convocare tutta la comunità, sempre alle ore 19, in modo da permettere a tutti di partecipare.

Il primo, il lunedì santo, vivremo un momento di Lectio divina, sul vangelo dell’Unzione di Betania, che apre la preparazione alla Settimana Santa. L’intento è di dare spazio al raccoglimento e alla preghiera personale a partire dalla Parola di Dio, cosa che spesso nella liturgia eucaristica è un po’ sacrificata. Guiderà la Lectio Suor Chiara Cavazza, così da ascoltare una voce femminile che ci aiuti ad entrare nel grande gesto della donna che unse Gesù, trascinata dall’amore per lui.

Il secondo, il martedì santo, ci sarà la celebrazione penitenziale comunitaria. L’idea è che tutta la comunità cristiana entri nel clima della Pasqua in un atteggiamento penitenziale condiviso, che sia una cosa fatta insieme, e non un’impresa personale. Ascolteremo ancora il brano dell’Unzione di Betania, cercando di raccogliere dalla meditazione spirituale del giorno precedente, spunti per una revisione concreta di vita. Ci sarà anche la possibilità di confessarsi.

Il terzo passaggio – il più importante di tutti – il mercoledì santo, sarà un momento di preghiera nelle case della nostra parrocchia. Avete capito bene: nelle case; per essere più precisi: in tutte le case della nostra parrocchia. Vorremmo che ogni famiglia, ogni nucleo familiare e ogni gruppo di amici si riservasse mezz’ora prima di tutto per radunarsi, e poi per vivere insieme un momento di preghiera che sarà uguale per tutti. In quella settimana così ricca e impegnativa, dal punto di vista della richiesta di partecipazione, ci sarà così un momento in cui non si chiede alle persone di uscire di casa per andare in chiesa, ma di respirare un momento di pace nella propria casa, con gli affetti più cari: un incontro che, spesso, magari si dà per scontato e non ci si fa troppo attenzione.

Come nelle case degli antichi ebrei, prima della fuga dall’Egitto, così immaginiamo che quel giorno il Signore possa udire un brusio di preghiera da tutto il nostro territorio parrocchiale, per chiedergli di custodire i nostri legami più cari, di illuminarli con la luce della resurrezione di Gesù e di stringerli in una rete che sappia edificare la Comunità.

Dopo questo breve itinerario, ci auguriamo così di potere raccogliere tutta la ricchezza delle celebrazioni del Triduo Santo e che cresca il desiderio di non mancare a questo appuntamento, che è il più importante dell’anno.

Per vivere bene questi appuntamenti, soprattutto quello del mercoledì santo nelle nostre case, è quanto mai opportuno mettersi nell’ottica fin da adesso di riservare il momento. Talvolta, infatti, è difficile incontrarsi persino in famiglia. Stabilite fin d’ora la mezz’ora in cui trovarvi tutti, per fare questo momento di preghiera insieme. Stabilite fin d’ora chi invitare eventualmente nell’intimità della vostra casa. Guardate se nel vostro condominio c’è qualcuno che potrebbe rimanere solo e invitatelo, organizzatevi perché lo possa vivere con voi e non rimanga solo, affinché nella casa di ognuno possa essere preparata la Pasqua.

Don Davide




Le celebrazioni della Settimana Santa

Siamo ancora relativamente lontani da Pasqua, ma vorrei continuare a guardare alle celebrazioni di quei giorni, affinché la consapevolezza dei riti che andremo a celebrare ci aiuti a vivere tempo di Quaresima.

La Settimana Santa, chiamata Grande Settimana nella tradizione orientale, si apre con la Domenica della Passione di Gesù, più conosciuta come Domenica delle Palme. È l’unica domenica dell’anno liturgico in cui l’accento cade principalmente sulla contemplazione e la meditazione della passione e morte di Gesù, piuttosto che sulla sua resurrezione. L’idea – espressa qui in modo necessariamente semplificato – è che chi non partecipa alle celebrazioni del Triduo Pasquale, celebra la passione e morte di Gesù nella Domenica delle Palme e la sua resurrezione nella Domenica di Pasqua, in modo da vivere la celebrazione unitaria del mistero pasquale, che comprende la passione, morte e resurrezione di Gesù.

Questo, in realtà, avviene ad ogni messa: «Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione»; ma nelle due domeniche che includono la Settimana Santa in modo più evidente, e ancora di più nel Triduo Pasquale in cui, dopo il “Preludio” del Giovedì Santo, il ritmo della celebrazione diventa addirittura cronologico, scandendo giorno per giorno gli eventi.

Per questo, le celebrazioni della Settimana Santa hanno sempre una duplice connotazione. Da una parte sono giorni in cui si ricordano gli eventi dolorosi della passione e morte di Gesù, dall’altra sono giorni in cui celebriamo con grande entusiasmo (e persino gioia!), l’amore talmente grande e incondizionato di Gesù che ha dato la vita per noi e ci ha dato la vita attraverso la sua resurrezione.

Così la Domenica delle Palme ha sia il carattere festoso dei giorni della salvezza, sia il carattere di meditazione e di ascolto attento del racconto della Passione di Gesù, attraverso la lunga lettura dei Vangeli della Passione.

Il bel gesto della benedizione degli ulivi, con la conseguente processione, è il segno della nostra disponibilità ad accompagnare Gesù in questa settimana. L’ulivo benedetto è un gesto liturgico: indica che nella preghiera condivisa con il popolo di Dio, noi chiediamo la grazia di fare quello che nemmeno i discepoli furono capaci di fare: cioè seguire Gesù fin sotto la croce e poi essere resi partecipi della sua resurrezione. L’ulivo benedetto, quindi, non è un portafortuna, non “porta bene”, e considerarlo un talismano è un modo di profanarlo. Prenderlo al di fuori della celebrazione non conta niente: è come andare in un parco e strappare un ramoscello da un albero. L’ulivo benedetto, invece, può diventare un gesto di comunione, di riconciliazione e di pace, quando chi ha partecipato alla celebrazione ne porta un po’ a chi non ha potuto venire.

Per quanto riguarda la lettura della Passione, la liturgia prevede che ci possa essere molta partecipazione dei fedeli, e che le parti possano essere divise fra molti lettori, per riproporre l’intensità di quei momenti e la forza di quei racconti. La lettura “drammatizzata” diventa così una lettura “liturgica” e ci dice che siamo tutti invitati a entrare nello scenario di quei giorni in cui Gesù ci ha donato la vita.

Don Davide