La Parola di Dio

In questa terza domenica del Tempo Ordinario, siamo stati invitati da Papa Francesco a porre un’attenzione particolare alla Parola di Dio, scritta, letta e proclamata, che rende presente il Signore Gesù, sia nella preghiera personale che – in maniera perfetta – nella liturgia.

La Parola di Dio ci ricorda che la nostra azione pastorale è un seme.

Ma perché cresca il seme, dobbiamo preoccuparci di avere il sacchettino giusto, la riserva appropriata. Dobbiamo prima di tutto sentirla rivolta a noi, la Parola.

Come anche le api che impollinano i fiori, è necessario che la trasportiamo noi. Sappiamo anche che la Parola di Dio ha una sua forza intrinseca, ma noi non possiamo sottrarci alla nostra responsabilità.

Tutta l’efficacia o la tiepidezza pastorale e la ricchezza spirituale o la poca fecondità della Chiesa dipendono dalla misura in cui accogliamo la Parola di Dio in noi.

Si può fare in molti modi e con diverse intensità, dall’ascoltare attentamente la liturgia della Parola e l’omelia e trasformarla in vita vissuta, alla meditazione quotidiana della Bibbia o la preghiera personale attraverso i Salmi e il Vangelo. L’importante è che non manchi.

Ci aiutiamo a custodire la chiarezza di quanto sia preziosa la Parola di Dio con due bei testi, presi uno dalla tradizione ebraica e uno da quella cristiana.

“Volgila e rivolgila perché in essa c’è tutto. Rimirala, invecchia e consumatici sopra. Non te ne allontanare mai, perché non vi è parte per te migliore di essa.” (Mishnà Avòt V,24)

“Non senti il Signore che dice: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro»? (Mt 18, 20). E non sarà presente là dove si trova un popolo così numeroso, unito dai vincoli della carità? Mi appoggio forse sulle mie forze? No, perché ho il suo pegno, ho con me la sua parola: questa è il mio bastone, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Anche se tutto il mondo è sconvolto, ho tra le mani la sua Scrittura, leggo la sua parola. Essa è la mia sicurezza e la mia difesa. Egli dice: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).” (San Giovanni Crisostomo)

Don Davide




Tempo ordinario, tempo da vivere

Un cammino spirituale

Per una specie di parallelismo misterioso, il ritorno a un a certa normalità (se così si può davvero chiamare) è avvenuto in corrispondenza con le feste conclusive del Tempo Pasquale, l’Ascensione e la Pentecoste, in modo che l’esperienza più acuta di battaglia contro il Coronavirus, i giorni drammatici della Quarantena e i primi passi della ripresa hanno coinciso con il periodo quaresimale e pasquale.

In un modo davvero inaspettato, abbiamo vissuto forse più realmente di tutte le altre volte la passione dell’umanità e la lotta per la vita.

Ora, nella progressione dell’anno liturgico, viviamo il Tempo Ordinario.

Andando per le strade, in questi giorni, si apprezza il ritorno all’ordinarietà, ancorché non completa: ai tavoli dei bar si incontra qualcuno; negozi e ristoranti sono aperti pur con le misure di sicurezza; è tornato il traffico nelle strade; nelle chiese si celebra quotidianamente.

Ancora una volta riscopriamo che il tempo ordinario non è un tempo minore, ma un tempo da vivere. Un tempo in cui riscoprire le cose importanti per noi non più per mancanza, ma per consapevolezza; non perché le rimpiangiamo, ma perché sappiamo custodirle e goderne: le persone a cui non possiamo rinunciare, le comunità a cui apparteniamo, i riti che ci fanno vivere, le cose che dicono chi siamo.

Per i cristiani e la Chiesa, che vivono nel mondo e ne condividono i travagli, la grazia di questo tempo con un’ordinarietà parzialmente ritrovata e verso cui tendiamo pienamente è quella di riconoscere ancora, nei compagni di viaggio che si fanno presenti, il volto nascosto e misterioso di Gesù risorto che cammina con noi. Lui è la nostra sorgente spirituale, rallegra il nostro cuore e ci fa vivere.




Il raccolto e la semina

Un ciclo di gioia, per portare molto frutto

La ripresa delle attività in parrocchia è sempre fonte di trepidazione e di gioia. Le preoccupazioni per gli impegni e i dubbi se si riuscirà a fare bene, si mischiano con l’entusiasmo dell’incontro con le persone e lo scoprire ancora una volta una realtà viva e vivace.

Viene in mente il passo di Isaia 9,2: “Gioiscono come si gioisce quando si miete”, perché la consapevolezza di un ciclo che porta frutto è incoraggiante.

In realtà, come nell’agricoltura anche nella pastorale la stagione dell’autunno è piuttosto il tempo della semina, del lavoro instancabile e della preparazione. Tuttavia, questo lavoro si fa guardando sempre alla gioia della mietitura appena passata: la fede è stata ancora trasmessa, i giovani sono cresciuti, nuove famiglie sono nate, traguardi sono stati raggiunti e altri obiettivi, così, si possono coltivare.

La nostra comunità parrocchiale di S. Maria della Carità e di S. Valentino della Grada, si trova quest’anno di fronte a tre sfide che la metteranno in gioco.

La prima è l’avvio dell’esperienza delle zone pastorali, con l’assemblea di zona che ci attende e il tentativo di avviare almeno la collaborazione per i gruppi giovanili.

La seconda è il desiderio di allargare notevolmente il coinvolgimento e la sensibilità della Caritas a tutta la parrocchia e ai parrocchiani, in modo che la Caritas non rimanga faccenda di pochi cuori generosi, ma tutti si sentano chiamati in causa. Un segno concreto per corrispondere a questa sfida sarà il tentativo di celebrare una giornata di amicizia con le persone più bisognose, alla cui organizzazione la Caritas e tutti i parrocchiani disponibili, lavoreranno nei prossimi mesi.

La terza sfida è una riforma radicale dell’esperienza delle cosiddette benedizioni pasquali, che verranno sostituite in fase sperimentale da una visita del parroco alle famiglie, non più circoscritta alla Quaresima, ma che potrà avvenire in ogni momento dell’anno.

Oltre a queste novità, continua la proposta formativa della Scuola di Formazione Teologica nella nostra parrocchia: appuntamento da non perdere per tutti quelli che desiderano curare più seriamente la propria formazione pastorale e catechetica.

Naturalmente, continueremo ad accompagnare la formazione dei bimbi e dei ragazzi, lasciandoci coinvolgere dal loro entusiasmo e seguendo tutti quanti il motto dell’Azione Cattolica che anima il loro cammino di quest’anno: “Ci prendo gusto!”. È il grido di una partecipazione attiva, contenta: il corrispettivo aggiornato dell’ I CARE di don Lorenzo Milani. Da alcuni anni, nella formazione dei bimbi e dei ragazzi, lo spirito che ci anima è “Chi viene ci guadagna!”, senza obblighi o costrizioni, ma solo con la gioia di sentirsi a casa in parrocchia, di scoprire tanti amici e di avere gli adulti come alleati per il bene. Ci auguriamo perciò che tutti i bimbi e i ragazzi dell’ACR possano davvero giungere a dire: “Ci prendo gusto!” e con loro anche tutta la comunità educante, tutti coloro cioè maggiormente impegnati nell’educazione e nella formazione.

Che il Signore, in questo tempo di semina con davanti agli occhi la gioia del raccolto, ci doni di dissodare prima di tutto il nostro cuore, perché il seme buono della disponibilità e della fiducia vi trovi casa, per produrre molto frutto.

Il raccolto e la semina




Tempo ordinario

Per elevare lo spirito

“Ordinario” sembra essere un termine dispregiativo nel linguaggio comune: è ordinario ciò che non ha particolari qualità. Ma non è così nel tempo liturgico della Chiesa: il Tempo Ordinario è il periodo che non è caratterizzato dalle grandi solennità e, proprio per questo motivo, ha tanto più valore perché celebra il fatto che la resurrezione agisce la sua potenza non solo nelle grandi occasioni, ma anche nella ferialità delle nostre vite.

C’è un’energia straordinaria che opera nella vita ordinaria.

L’amore di Gesù ci accompagna in ogni passo e, come credenti, noi sappiamo che le nostre case, le nostre scuole, i nostri uffici, le strade che percorriamo in mezzo al traffico, i rumori della città sono per noi il luogo della nostra santità. Come scriveva Madeleine Delbrél in un’intuizione folgorante: “Noi crediamo che per la nostra santità nessuna cosa ci manchi, perché se ci mancasse Dio ce l’avrebbe già data.”

Così questo tempo che ci è dato di vivere con la Chiesa e nella Chiesa è come l’alzarsi in volo delle mongolfiere. Non un’accelerazione fantasmagorica come quella degli aerei o dei razzi, né un frastuono assordante come quello degli elicotteri, ma un lento elevarsi verso il cielo, scaldati e riempiti dal fuoco dello Spirito. Non tutto quello che c’è è necessario e utile, perciò per vivere la santità nel quotidiano sarà indispensabile liberarsi di qualche zavorra, essere più leggeri per lasciarci condurre senza resistenze dal vento dello Spirito Santo. Questo processo, però, avviene con gradualità.

La liturgia domenicale e la nostra preghiera quotidiana agiscono così: ci fanno piano piano cambiare l’orizzonte, ci aiutano a guardare le cose dall’alto e a cogliere il mistero di Dio che attira ed eleva i nostri cuori, e che agisce non solo nei nostri, ma anche in quelli di amici e conoscenti, come quando si vedono tante mongolfiere nel cielo.

E là, più in alto, il sole di Dio. Guardiamo a lui con una nostalgia non meglio definita nel cuore, lo desideriamo come meta della nostra pace. Mentre ci pare di avvicinarci, chiediamo che sia lui stesso a colmare la distanza e ad entrare nel nostro luogo sacro interiore, affinché nel desiderio di elevarci, non dimentichiamo la base di tutte le nostre partenze.

Tempo ordinario