La parola che svela Dio

Dopo la solennità di Pentecoste, l’anno liturgico propone ancora due feste, prima di riprendere effettivamente il ritmo delle domeniche del Tempo Ordinario: la SS. Trinità e il SS. Corpo e Sangue di Gesù (il Corpus Domini).

La Trinità è il mistero di Dio che si svela nella Pasqua di Gesù: un Dio che tutto insieme soffre e che tutto insieme si riappropria della vita e la rigenera.

Il Corpus Domini ci aiuta a ricordare che il sacramento dell’Eucaristia, inteso come celebrazione della comunità cristiana, è il gesto concreto con cui viviamo quella Pasqua nel tempo, è la celebrazione della Pasqua settimanale.

Queste due feste sono intese, quindi, come un compendio della vita cristiana: viviamo nell’amore di un Dio-comunione e facciamo esperienza di questo amore, per metterlo in pratica, nell’Eucaristia.

Nell’anno dedicato dal vescovo all’attenzione per la Parola di Dio, la festa della SS. Trinità, che arriva a conclusione dell’anno pastorale, ci richiama ancora una volta al dono di questa parola che ci viene rivolta, come la parola di una mamma e di un papà, che pian piano svegliano la coscienza della propria bambina.

Dio ci parla proprio così: come due giovani genitori, che parlano alla figlia appena nata, le chiedono le cose, la rassicurano quando piange… anche se sanno che lei (ancora) non può capirli. Non importa. Pian piano, di quelle parole la bimba riconoscerà la voce, il tono… forse anche il profumo che le accompagna, quel senso di essere rassicurati nell’esistenza che i bimbi percepiscono quando sono in braccio ai genitori.

Poi diventeranno parole di amore e di tenerezza, e anche comandi a cui obbedire, non perché la bimba cresciuta si senta schiava, ma perché ha imparato che nel rispetto di quelle parole è rincuorata e protetta e può esplorare la vita con confidenza.

Dopo viene il tempo della ribellione, il processo dell’autonomia, ma poi quando c’è una cosa difficile, o un bisogno di aiuto, o una cosa che fa paura… anche i ragazzi e le ragazze più ribelli si rivolgono a mamma e papà. Tipicamente, gli adolescenti si muovono dentro a questo contrasto: il desiderio di indipendenza e il bisogno che papà e mamma siano lì sempre, a loro servizio. Dio che è padre e madre, lo Spirito Santo che in ebraico è un nome di genere femminile (tipo: “la Forza”) e Gesù, che è maschio, ma soprattutto “uomo” nel senso di modello per ogni persona del genere umano, non disdegnano nemmeno questa posizione nei confronti della propria figlia divenuta adolescente: accettano che si faccia strada da sola e, quando chiama, ci sono.

Infine, la parola che i genitori hanno a lungo rivolto e scambiato diventerà per la figlia il punto di riferimento del proprio sistema valoriale ed emotivo; sarà strumento di dialogo e confronto… e poi anche cura nei confronti dei genitori divenuti anziani, quando si arriva a quell’età in cui si invertono le parti, e mentre non cessa la premura dei genitori, in realtà sono i figli che si prendono cura di loro. Allo stesso modo, arriva anche un’età umana e spirituale in cui “ci si prende cura di Dio”, con una sapienza della vita e una maturità del rapporto che permette di trasmetterne l’esperienza anche alle nuove generazioni.

È la parola accompagnata dai gesti concreti che la realizzano, che anima tutto questo sviluppo.

Il mistero insondabile e vertiginoso della Trinità si fa conoscere così: “si è mai udita una cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio?” (1° lett.). Questa parola risveglia in noi la Forza spirituale che ci fa dire “Papà” ma anche “Mamma” (2° lett.), e agisce con essa. Infine, ci spinge a trasmettere l’amore di Dio, divenuti adulti nella fede, insegnando a conoscere questa parola, dimorare in essa, amarla e sentirsene custoditi.

Don Davide




La Trinità

Ho provato a immaginare molte volte come dev’essere la vita di Dio nell’intimità della sua casa. Padre, Figlio e Spirito Santo. Se il paragone non risultasse irriverente, me li immagino come tre amici giocatori di poker nel vecchio West, che sembrano concentrati al loro tavolo, ma sono pronti a intervenire se accade qualche guaio nel saloon. Oppure come tre persone importanti, il presidente, il vice-presidente e il capo delle operazioni che seguono da uno schermo in una stanza segreta il corso degli eventi con la responsabilità di orientarli. Sono solo paragoni, un po’ scherzosi. Come recita un principio della teologia: “Quanto più si afferma una somiglianza, tanto maggiore è la differenza”.

Immagino Dio Padre commuoversi per le sorti del mondo, commuoversi di stima e benevola tenerezza per tutto il bene che gli uomini fanno, e commuoversi di un dispiacere da torcersi le budella, per tutto il male che sanno compiere. Vedo Gesù, imprimere, come uno stampatore, il suo volto su tutti gli uomini e le donne, specialmente su coloro che la cui dignità è violata, su quelli che soffrono da soli, sulle vittime che sono disprezzate dagli altri. Infine, non lo vedo, ma lo sento, lo Spirito Santo che dà vita dove non ce lo aspetteremmo. Lo Spirito che quando qualcuno dice: “Si stava meglio quando si stava peggio” suscita sogni nei giovani e nuovi entusiasmi negli anziani; lo Spirito che fa amare, anche quando è difficile; lo Spirito che insegna a disprezzare le ricchezze e a prediligere la condivisione; lo Spirito che suscita uomini e donne pacifici e giusti, in mezzo alla violenza e alle guerre. Lo Spirito che ti fa incantare di fronte a un panorama di montagna, al mare sconfinato, a un fiore in primavera. Lo Spirito che fa sorridere una persona malata e gli fa amare la vita, nonostante tutto.

Oggi non celebriamo le formule complicate che parlano di un’unica sostanza in tre ipostasi (o persone): questo lo lasciamo ai filosofi e ai teologi.

Oggi celebriamo il Dio della storia, che si rimbocca le anime, che ama e che agisce in comunione, che interviene attivamente non a modificare il corso della storia, ma a toccare il cuore degli uomini e delle donne disponibili, per cambiare il mondo.

Quando i ragazzi si innamorano dicono che “hanno una storia”: ecco, noi auguriamo anche ai ragazzi che oggi completano l’iniziazione cristiana con il Sacramento della Cresima, di essere animati dallo Spirito d’amore e non solo di “avere una storia” con questo Dio della storia, ma di “fare la storia” con lui.

Don Davide




Lo spirito della comunione

La solennità della SS. Trinità ci ricorda innanzitutto la vicinanza di Dio (Deuteronomio, I lettura). Dio non “era” solo. Lui è un’esistenza di comunione e di relazione: non aveva bisogno di creare il mondo, né tantomeno di scegliere un popolo con cui iniziare una storia.

Invece Dio ha scelto, con una decisione eterna, di espandere il suo amore e coinvolgere tutta la creazione in questo amore, e di scegliere un popolo per fare sentire piano piano a tutta l’umanità la sua vicinanza.

Lo Spirito Santo è la realtà di questa presenza di Dio in mezzo a noi, prima discreta e ora, nel tempo della Chiesa, manifesta.

Gesù risorto invia i suoi discepoli a battezzare e a coinvolgere nell’esperienza della fede tutti gli uomini, incaricandoli di farlo “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, cioè nel “nome” della Trinità.

Il “nome”, nella cultura ebraica, indica l’identità nel senso più profondo che si possa immaginare: esprime l’essere profondo di una persona, le sue caratteristiche, la sua natura, la sua capacità e il suo modo specifico di relazionarsi.

L’invito di Gesù, quindi, è un mandato a coinvolgere tutti gli uomini in questa comunione di amore e con lo stile di questa comunione. Non si tratta di una conquista, né di un allargare le fila della chiesa… ma di un testimoniare la Chiesa per quella che è realmente, ossia una comunità modellata dall’amore di Dio e che lo esprime fedelmente: una comunità che fa spazio al diverso, come il Dio Trinità; una comunità che coinvolge nell’amore chi ne è escluso, come il Dio Trinità; una comunità che, come il Dio Trinità, pazientemente si mette accanto agli uomini e alle donne, e cammina con loro, anche mille anni, per educarli a lasciarsi coinvolgere in questa gioia.

La solennità della Trinità, non è dunque una festa di concetti metafisici complessi e di distinzioni sottili, ma è la festa che invita ogni piccola comunità che costruisce la chiesa a realizzarsi in uno scambio di amore e di amicizia, e a condividere questa gioia con tutti.

Don Davide