L’equazione della vita

Che cosa può fare di decisivo una comunità cristiana nel mondo di oggi?

Vincere le paure.

Le paure caratterizzano gli scenari geopolitici, la percezione del futuro e l’interpretazione della vita personale, e culminano nella grande illusione di rimuovere la morte, per paura.

Il grande testimone di Gesù risorto, nel Vangelo di Pasqua, esorta a non avere paura.

Le donne, apprendiste discepole ancora sul margine della resurrezione, sono invitate a non avere paura.

Al centro l’annuncio: Gesù il crocifisso, è risorto (Mc 16,6).

Questo contrasto tra la crocifissione e la vita, tra il pungiglione della morte e il suo più grande antidoto, è la ragione sufficiente per non avere paura.

Ma qual è il cammino per non essere più schiacciati dalle paure?

Il punto di partenza è esprimere una cura concreta per Gesù, non in senso molto spirituale, ma pensando al suo corpo, a una relazione vera con lui: volevano andare a ungerlo (Mc 16,1).

In maniera sorprendente, quando diamo seguito a questo proposito, la strada si spiana sotto i nostri passi: la pietra era già stata rotolata via. Non c’è ostacolo che ci possa bloccare, benché molto grande (Mc 16,3).

Qui, però, accade qualcosa di strano: Gesù non si palesa.

La resurrezione è annunciata da un testimone orale, e noi stessi siamo invitati a diventarne testimoni.

Non è tanto una questione di vedere fisicamente Gesù, quanto il fatto di seguire le sue tracce e scoprire che si fa esperienza della resurrezione per la testimonianza autorevole e piena di fiducia di qualcuno, che poi facciamo nostra.

Tuttavia, il timore non passa.

La versione liturgica del vangelo non lo riporta, ma il racconto finisce con la nota enigmatica delle donne che “non dissero niente a nessuno perché avevano paura” (Mc 16,8).

Sembra, dunque, che non sia vinta quella maledetta, atavica paura e risulta straziante che il racconto del mattino della resurrezione concluda così. Invece è un bellissimo finale aperto. La testimonianza della resurrezione è giunta fino a noi. Quelle donne, a un certo punto, sono state trasformate e hanno annunciato Gesù.

Dalle parole di un giovane, dunque, inizia il processo di erosione della paura, che è anche un occupare spazio della fiducia.

Lì, piano piano, sorge la fede, così che vale l’equazione: V = +F -p (Vita uguale: più Fede, meno paura).

Possiamo allora fare un fagotto delle nostre paure, e buttarcele alle spalle.

Sentiremo così dilatarsi, simultaneamente, la verità della resurrezione.

Voglio invitare, pertanto, la mia comunità parrocchiale a non avere paura. Preoccupiamoci di essere buoni testimoni di Gesù, con le parole e l’esempio, lui farà germogliare la fede, come, dove e quando vuole.

Invito i giovani a non avere paura. Cercate in modo sincero Gesù, gli ostacoli saranno rimossi lungo il cammino, nel mondo ci saranno cose nuove e potrete cercare una vita piena e realizzata nel vostro cammino.

Dico a me stesso e a tutti gli adulti di non avere paura. Il mondo si rinnova sempre. Il dono dello Spirito lo rinnova. A noi essere tramiti dello Spirito del Risorto, senza pensare alle cose vecchie, che sono passate, mentre ne nascono di nuove.

Infine, vorrei invitare la chiesa e il mondo a non avere paura.

La chiesa a non avere paura di aprirsi: non si tratta di adattarsi allo spirito del mondo e del tempo, ma di scoprire che il vangelo può dire cose originali e ancora inedite, che ci danno una migliore comprensione della realtà.

Il mondo a non avere paura di rovesciare le pietre tombali. Se solo avessimo il coraggio di farlo, scopriremmo un’altra prospettiva. Capiremmo che l’unico nemico è la morte e che per il resto possiamo vivere da fratelli e in pace.

Don Davide




Avvento: adorare Dio in spirito e verità

Nel dialogo tra Gesù e la donna samaritana, che ispira l’anno pastorale della Chiesa bolognese, c’è lo scambio famoso in cui Gesù invita ad adorare Dio in spirito e verità.

Questo insegnamento cruciale, può ispirare anche il cammino dell’Avvento.

Adorare Dio

Ci prepariamo alla fesa dell’Incarnazione, caratterizzata da una dimensione umana intensissima: la nascita di un bambino, un’affettuosa scena familiare, la tenerezza, gli affetti più cari, la vicinanza. Nelle dimensioni più umane e proprio attraverso di esse, siamo spinti a riscoprire l’adorazione di Dio. L’Avvento è un tempo umano che ci fa adorare Dio.

Forse, addirittura di più che in Quaresima (in cui l’impegno alla conversione alcune volte ci spinge erroneamente a essere troppo concentrati su noi stessi), in Avvento possiamo esercitarci a orientare l’attenzione su Dio. Lo facciamo fissando un bambino e degli uomini, una stella… e… più in “alto”… Dio. Anche se “il più alto dei cieli” in realtà è proprio sceso qui sulla Terra, nella nostra umanità.

In spirito

Lo spirito richiama la dimensione di un’interiorità bella. In questo tempo di Avvento adoriamo Dio, attraverso lo splendore di cose umanissime, e lo facciamo riscoprendo l’importanza di una sorgente interiore, che significa sosta, raccoglimento e riflessione.

L’invito a prepararci al Natale “in spirito” può essere un argine alla nostra dissipazione e bulimia di cose da fare, che si riflette anche nella pastorale. Nonostante sembri impossibile, per il pensare comune, proprio in questi giorni possiamo vivere più quieti e sereni, più in contatto con noi stessi, assaporando la grazia di Dio che scintilla ovunque.

E in verità

La verità è un argine al nostro eccessivo protagonismo e individualismo. Adorare Dio in spirito e in verità, significa riconoscere che c’è un cammino che non riguarda solo noi, ma che è condiviso e ha dei tratti oggettivi. I più sensibili si preoccupano di prepararsi dignitosamente alla grande festa, ma la Chiesa, nella sua saggezza, offre percorso valido ed efficace per tutti.

La liturgia dell’Avvento, probabilmente meglio che tutti gli altri tempi forti dell’anno, ci aiuta ad avvicinarci al Natale disponendo il cuore e aprendo i pensieri, ci prende per mano e ci fa compiere un itinerario verso la luce.

Don Davide