Subito

Quel giorno sul lago

Cosa successe, quel giorno, sul Lago di Tiberiade?

Accadde che, per la prima volta, un uomo sentendosi chiamato scelse liberamente di seguire Gesù. In realtà non si trattava di un solo uomo, ma erano due fratelli. Li chiamò – ci dice il Vangelo – ed essi subito lo seguirono.

Immediatamente, a quanto pare dal racconto, Gesù notò altri due fratelli, impegnati nello stesso mestiere. Li chiamò subito.

C’è una duplice catena in questo racconto, come quando due bimbe si tengono per le mani con le braccia distese e fanno il girotondo con il corpo all’indietro; o una ballerina che disegna un semicerchio intorno ai danzatori, scambiandosi da uno all’altro in successione.

Sembra che la chiamata di Gesù non possa risuonare per uno solo, ma che valga sempre anche per un “fratello”. E addirittura, oltre a una prima coppia, ne viene coinvolta repentinamente un’altra. Questo passaggio di testimone sembra innescato dalla prontezza alla risposta dei primi: essi SUBITO lo seguirono. E Gesù SUBITO chiamò gli altri due.

La voce di Gesù che raggiunge la vita delle persone è come una scintilla nella stoppia. Nel momento in cui si accende, fa divampare un incendio… ma dipende dalla prontezza con cui chi si sente chiamato risponde.

 

Oggi qui

Ci possiamo chiedere, allora, cosa succede, oggi, nella nostra Bologna o, più specificamente, su Via San Felice, attorno al Palazzo dello Sport, a ridosso dei Viali di Circonvallazione o tra le vie del Centro?

Queste parole valgono per chi, fra di noi, riconosce la propria fede, ne è grato e se ne sente orgoglioso. Chi fra di noi sente la chiamata di Gesù, che risuona personale, con la sua tonalità e l’inflessione della sua voce. Avete mai immaginato come doveva parlare Gesù? Io sì, tante volte.

Chi, fra di noi, desidera ancora essere suo discepolo risponda presto! Non indugi affatto, neanche per un secondo! Avrà appena aperto gli occhi, per capire da che parte Gesù lo stia chiamando, che scoprirà accanto a sé un fratello, una sorella, che hanno ascoltato la stessa chiamata come lui. Entrambi ascoltino e gli rispondano: grazie Gesù! Vogliamo essere pescatori di uomini!

E Gesù, vedendo quest’entusiasmo chiamerà subito degli altri, come se anche lui scoprisse la sete dell’umanità. C’è bisogno di incamminarsi su sentieri luminosi e c’è bisogno di “agguantare” tutti gli esseri umani.

 

Quello che puoi fare tu

Tu rispondi subito. Lui subito chiamerà altri.

Ed essi risponderanno.

Pensavi di udirla solo tu, quella chiamata.

Appena ti volti attorno, scopri altri tre fratelli e sorelle.

Don Davide




La saldezza e le sorgenti

La profezia della prima lettura conclude con il famoso oracolo: “La mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli.” (Is 56,7). Pensiamo subito alla scena in cui Gesù scaccia i mercanti dal Tempio, citando proprio questo versetto di Isaia. La casa a cui fa riferimento la profezia è il Tempio e per capire quanto fosse estrema questa visione, dobbiamo ricordare che il culto nel Tempo era riservato agli ebrei. All’epoca di Gesù, il Tempio aveva un cortile in cui potevano accedere anche gli altri popoli, ma non era concesso loro di procedere oltre.

Tuttavia, questo raduno degli stranieri “che hanno aderito al Signore per servirlo e per amarlo” e degli ebrei “che si guardano dal profanare il Sabato e restano fermi nell’alleanza” (Is 56,6), secondo il Nuovo Testamento avviene non solo nella casa fisica del Tempio, ma anche nella casa spirituale che è la Chiesa. (Non le chiese di mattoni, che sono venute molto più tardi, ma la Chiesa fatta dei battezzati!)

Da qui vorrei trarre lo spunto di oggi, che possiamo parafrasare così: “La mia casa (cioè la Chiesa) sarà chiamata casa-di-preghiera per tutti i popoli.”.

“Casa – di – preghiera”: mi chiedo se non sia proprio quello che abbiamo perso e che, quindi, dobbiamo recuperare. Spontaneamente, infatti, pensiamo alla chiesa edificio di mattoni, come il luogo dove si va a pregare e di conseguenza alla Chiesa di persone come quelli che pregano, che fanno cose spirituali… è tipico dei ragazzi più giovani, ad esempio, pensare la chiesa (con l’iniziale minuscola o maiuscola è indifferente) come il luogo dove si prega, perciò noioso. Quante volte ho sentito studenti intorno alle scuole chiedere ai propri amici che avevano fatto i campi estivi: “Ma cosa fate durante i campi, pregate sempre?!”.

Già il fatto che questo tema della preghiera sia interpretato quasi sempre in senso negativo o riduttivo, come una cosa per pochi nostalgici, la dice lunga sulla situazione.

Ma vorrei provare a dire di più. Pensando alla preghiera come moto dello spirito, come elevazione della persona nel dialogo con il Divino, si potrebbe parafrasare la profezia di Isaia anche così: “La mia casa (cioè la Chiesa) sarà chiamata luogo di esperienza spirituale per tutti i popoli.”

Nonostante quello che si pensi, c’è molto bisogno di insegnamenti spirituali, regole o consigli per vivere meglio. Qualcuno sente il bisogno e lo cerca, qualche altro non lo cerca affatto ma non si rende conto che ne ha bisogno lo stesso.

Con rammarico, registro che questa “ricerca” è ormai affidata agli psicologi, alle religioni orientali o alle discipline olistiche, ai mental coach, ai motivatori, ai guru…

Non è una questione di competizione e lo dico con il massimo rispetto e amorevolezza: ma sembra che la Chiesa si sia ritirata da questo campo, sembra che al di là di qualche ripetizione di concetti stantii e moraleggianti, non siamo più capaci di appassionare all’esperienza spirituale come a un’arte, un tesoro prezioso e pieno di benefici che va ricercato, una scienza che va anche imparata.

I giovani meno che mai sembrano chiederla, così nella pastorale ci siamo settati su altre cose.

Mentre pensavo a queste riflessioni mi risuonava in mente lo splendido versetto di un salmo, che a proposito del ritrovarsi di Israele insieme agli stranieri nella luce del Messia a Gerusalemme, nella “Casa – di – preghiera”, dice:

sorgentiSi dirà di Sion: “L’uno e l’altro è nato in essa e l’Altissimo la tiene salda.”.
E danzando canteranno: “Sono in te tutte le mie sorgenti.” (Sal 87,5.7)

Mi piace pensare alla “saldezza” nelle nostre vite complicate, come qualcosa che ci viene dall’Altissimo. Se dovessi dare indicazioni cristiane per la vita concreta direi proprio questo: se cerchi di rimanere saldo nella vita, ascolta le indicazioni dell’Altissimo. Lì troverai tutte le “sorgenti” per la tua esistenza.

Don Davide