Ott 02

Padre Marella e una lettera per i ragazzi

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«Perché andare a cercare altri santi, quando ne abbiamo uno qui a Bologna?» diceva sempre mio nonno, quando gli proponevano dei pellegrinaggi da qualche parte.

Parlava di padre Marella, e questa frase in casa nostra è passata da una generazione all’altra: prima l’ha imparata mia mamma, fin da quando era piccolina, di conseguenza anche i miei fratelli e io.

Per mio nonno padre Marella era un tale santo che quasi esauriva tutta la ricerca di modelli da imitare: come se non ci fosse bisogno di altro. E non c’era volta che mia nonna passasse all’angolo di via degli Orefici, senza mettere un’offerta nel famoso cappello. Anche dopo, quando padre Marella non c’era più e c’erano i suoi successori; al punto che persino a me – che sono nato 18 anni dopo la sua morte – sembra di averlo conosciuto, perché ripetevo quel gesto con la mia nonna.

Ma padre Marella non era solo il prete stravagante, fermo per ore a chiedere l’elemosina col suo cappello in quel cantuccio del Quadrilatero bolognese, come lo ritrae la sua foto più celebre. Quell’uomo era anche un esperto di diritto, un pedagogista e un filosofo.

Quando scoprii che padre Marella era stato un filosofo e professore del Liceo Minghetti rimasi esterrefatto. Quel vecchietto barbuto che sembrava un mendicante era, in realtà, una mente sopraffina e un visionario della pedagogia. «Ma allora, perché faceva il mendicante?!». Fu così che imparai che non chiedeva l’elemosina per sé, ma scuoteva la coscienza dei bolognesi, ed era amico dei poveri e un padre per i ragazzi e i giovani di Bologna. Lo ha sempre fatto nel nome di Gesù.

Questa scoperta che ha attraversato le generazioni di famiglia, mi ha spinto a scrivere un pensiero proprio a voi, ragazzi e giovani.

Padre Marella, infatti, ha per così dire iniziato la sua carriera da santo proprio attraverso l’educazione dei ragazzi e dei giovani. Era un antesignano e un profeta. Credeva fermamente nella formazione della coscienza, nel suo primato e – di conseguenza – nella libertà personale, quando ancora prevaleva l’idea che i giovani dovessero solo obbedire. Pensate cosa avrebbe potuto rappresentare questo – se fosse stato preso ancora più sul serio – di fronte ai drammi della Prima e della Seconda Guerra Mondiale! Per rimanere fedele a questi principi che insegnava e testimoniava ha accettato di pagare di persona, ingiustamente, per sedici anni.

Cosa voglio dirvi, allora, in questo giorno in cui lui viene proclamato esempio di vita cristiana nella piazza della nostra città? Che la beatificazione di padre Marella non è solo una roba per gli anziani che l’hanno conosciuto. Non è una cosa come le tante che non vi riguardano.

La giornata di oggi è come una stele issata in mezzo a Piazza Maggiore che vi ricorda questi tre passaggi fondamentali per la vostra esistenza.

1)La vostra coscienza è la cosa più preziosa che avete. Questa misteriosa sensibilità di sintesi tra le esperienze, quello che capiamo e quello che sentiamo che si chiama appunto “coscienza” va formata: va nutrita ogni giorno come il vostro organismo, va allenata con metodo come i vostri muscoli, bisogna cercare la perfezione come nelle vostre storie Instagram o nei video di Tik Tok che vogliono più follower.

2)La coscienza ben formata – non quella che si fa imbambolare da qualunque imbecille – ha un primato che nessuno le può togliere. È la via per essere padroni della vostra vita. Non è vero che siamo per forza condizionati; è vero, piuttosto, che pochi si curano di avere una coscienza forte e ben formata, capace di decidere e di orientare consapevolmente la propria esistenza.

3)Non c’è cosa più preziosa, per Dio e per ogni persona seria, che uomini e donne liberi. Ma la libertà, quella vera, quella di amare, di servire, di rendere gli altri migliori mentre allo stesso tempo si edifica il proprio cammino, è ancora una volta frutto di un grande lavoro su se stessi, sulla propria coscienza e sui propri comportamenti.

Ricapitolando, il giorno di padre Marella vi riconsegna queste tre cose: la coscienza, la formazione, la libertà. Abbiatene cura. Coltivare la fede cristiana vi aiuterà a farlo.

E se non credete che quel vecchio mendicante col cappello in mano fosse davvero così e avesse la grande cura per i ragazzi di cui vi ho parlato… beh, chiedetelo a uno di loro.

Uno di quelli che padre Marella ha cresciuto, che ha accompagnato nei passi importanti della vita e che è diventato anche suo vero amico lo conoscete: è don Valeriano.

Con amicizia,

d. Davide

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Comments (1)

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    Cristina Zocca

    4 Ottobre 2020

    Caro Don Davide,
    non sono, purtroppo, una ragazza e neanche una giovane, ma desidero scriverle ugualmente per esprimerle la mia gratitudine e contentezza.
    Oggi infatti, dopo la messa delle 11.00, alla quale ho partecipato con mio marito e mia figlia, sono tornata a casa ed ho seguito il consiglio che ci aveva dato alla fine dell’omelia.
    Ho chiamato mia figlia Irene in cucina e le ho chiesto di cercare “la riflessione di Don Davide” sul sito della Parrocchia e, siccome io non potevo perché dovevo preparare il pranzo, le ho anche detto di leggermela ad alta voce.
    Come avevo previsto, ha manifestato qualche perplessità, ma lo ha fatto. E così, insieme, abbiamo potuto approfondire la conoscenza di questo nostro santo bolognese ed abbiamo appreso che Don Valeriano è stato uno dei suoi ragazzi.
    Per questo, ed anche per le sue profonde e belle omelie, volevamo ringraziarla, anche assieme a mia figlia!

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