Feb 21

La vita come dovrebbe essere

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Quando guardiamo il cielo di notte e l’aria è tersa, rimaniamo stupefatti dallo splendore del firmamento. Una meraviglia che supera di gran lunga le nostre domande, ma che allo stesso tempo ci incuriosisce e ci interroga. Spesso, quando siamo ispirati da sentimenti buoni, un tale spettacolo può essere persino capace di donarci un po’ di serenità e di pace tra le preoccupazioni e le fatiche della vita.

Allora, sotto a tanta bellezza, è come se percepissimo che sì, c’è un patto, all’interno del quale siamo e che ci custodisce. Deve essere stata questa, inizialmente, l’esperienza di Abramo (I lettura). Poi, questa percezione di fondo della vita, ha assunto la fisionomia di un volto e di un nome: Abramo vi ha riconosciuto un tu, la voce di Dio, che lo coinvolgeva personalmente e lo interpellava.

Di solito, invece, noi diamo più credito ai momenti “no”. È quando le cose ci vanno male che siamo spinti a una maggiore consapevolezza e ci sembra che sia più realistico essere disincantati e disillusi, pensare che il mondo – la vita – l’esistenza “sono così” e che non conviene farsi tante illusioni.

Ben lungi da questa prospettiva, invece, coinvolgendo i discepoli a cui riserva le rivelazioni più profonde (Pietro, Giacomo e Giovanni) nella Trasfigurazione, Gesù ha voluto confermare l’intuizione di Abramo: ha voluto, cioè, che noi sapessimo con assoluta e irrevocabile certezza, che la verità è nello sguardo capace di cogliere la realtà trasfigurata, che il destino dell’uomo e del mondo è la realtà di Gesù risorto. Il mondo “vero”, l’esistenza “vera” è quella bella. Quella che ci fa dire, con un desiderio quasi struggente: “E’ bello per noi stare qui”, “E’ bello vivere così”. Non dobbiamo distogliere lo slancio da questo desiderio, non dobbiamo rassegnarci al negativo e dargli più consistenza di quanto si meriti. Anche se Gesù invita i suoi discepoli a tornare a valle, e quindi ad allontanarsi dall’esperienza della Trasfigurazione, lo fa per incoraggiarli a portare nel mondo quella verità di cui ora sono divenuti partecipi, senza ombra di dubbio.

Il destino è quello splendore che hanno visto. Non si sono sbagliati, e non hanno visto un fantasma. Se lo ricordino – i suoi discepoli – quando arriveranno i giorni della croce – quelli di Gesù e quelli di tutte le croci – che la verità è la gloria. Se lo ricordino, nei giorni brutti, che la verità è la bellezza.

Non si lascino strappare questa certezza.

Sappiano di essere dentro un patto, in cui Dio – il contraente – è fedele, fedelissimo. E in mezzo alle fatiche continuino ad ascoltare la voce dell’amore, che li richiama alla verità di quella esperienza.

Così, la liturgia di Quaresima, ci fa sostare sulla scena incantevole della Trasfigurazione per ricordarci che tutto l’itinerario di questi giorni non è un itinerario di mortificazione, ma di “vivificazione”, e che tutto ciò che mettiamo in atto, come strategia ascetica per vivere al meglio questo tempo, lo facciamo per allenarci a tenere fisso lo sguardo, anche dal fondo della valle, sulla luce che emana dal monte.

 Don Davide

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