Apr 09

La via della pace

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Oggi, il cammino di Gesù nel Vangelo di Luca taglia il suo traguardo, struggente e doloroso. Gesù alla vista di Gerusalemme, aveva avuto come un presagio – un momento in cui gli era apparso chiaro che cosa il rifiuto della pace nel cuore, nelle relazioni e fra i popoli avrebbe generato – e aveva esclamato: “Se avessi compreso anche tu quello che porta alla pace!” (Lc 19,42).

Gli interpreti sostengono che l’esclamazione sia riferita a Gerusalemme, ma non è detto. Il racconto dice solo che al vedere la città, Gesù pianse su di essa – sono pochissime nel vangelo, le volte in cui Gesù piange – e pronunciò questa frase. E se, al vedere la città, avesse pensato invece a ciascuno di noi?

Se avessi compreso anche tu la via della pace…

La via della pace: nella sua passione Gesù la percorre così radicalmente da rifiutare, per se stesso, ogni forma di violenza, fino ad accettare la morte.

La via della pace la gusta con gli amici, nel clima affettuoso del cenacolo; la cerca nel Getsemani, anche nel turbamento più estremo, finché non si sente di nuovo consolato da un angelo; la ottiene per tutti coloro che incontra con la croce sulle spalle, fino all’ultimo amico imprevisto. La chiede per tutti, anche per quelli che lo crocifiggono.

Seguendo il racconto della Passione, riconosco tre passi per percorrere la via della pace. Sicuramente ce ne sono molti altri e potremo arricchirci a vicenda, condividendo le celebrazioni di questi giorni.

1)L’amicizia. Il racconto della Passione secondo Luca inizia così: “Ho desiderato ardentemente mangiare questa pasqua con voi, prima della mia passione” (Lc 22,14). In queste parole, Gesù esprime il senso dell’esistenza: l’affetto per gli amici, il bisogno di significato e di momenti veri, la voglia di celebrare la vita e la festa, la consapevolezza di dovere morire. Tra l’amicizia e il pensiero della morte, sento uno struggimento che non si riesce a colmare e non trovo altre parole. Mi affido a Gesù. Lo seguo nella sua passione. Spero di potere arrivare a dire con lui: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). Sì, nel momento della morte, con cui sentiamo di non riuscire mai a fare i conti, speriamo di potere sentire il Padre, e che stiamo consegnando a lui il nostro spirito.

2)Il disarmo. “Dobbiamo colpire con la spada?” chiedono i discepoli. Ma Gesù risponde: “Lasciate, basta così!” (Lc 22,49-51) e guarisce chi era stato ferito. Il disarmo nucleare. Radicale. Totale. Completo. Bisogna impedire in tutti i modi possibili che un governo e uno stato progettino di costruire un’arma capace di distruggere l’umanità. E chi le ha già deve smontarle, pezzo per pezzo. Ci vuole una commissione mondiale di uomini e donne dedicati a questo scopo. E bisogna introdurre nelle scuole, fin dal primo ciclo di studi una nuova materia: Storia della Pace. Il disarmo deve diventare cultura, come l’ovvia consapevolezza che non si fuma in posti chiusi. Di armi nucleari ne sono stimate 13.400 nel mondo. Se con quegli sforzi avessimo costruito ospedali, scuole e università, e progettato una rete di redistribuzione idrica e alimentare oggi non ci sarebbe nemmeno più bisogno di armi.

3)Il perdono. La vita di Gesù è la storia del Dio che scende dal trono del giudizio e sale su quello della misericordia. Delle ultime tre parole di Gesù, le prime due sono di perdono e la terza è di affidamento. Credo che Gesù sia morto sulla croce, perché era salito talmente “in alto” che non poteva semplicemente stare coi piedi sulla terra. Anche nel massimo della sua umanità, era un po’ più vicino al cielo, un po’ più in alto di tutti noi. Ma è bene che ci ricordiamo a vicenda che possiamo dire parole di misericordia e riconciliarci realmente. E che questo, per noi come per Gesù, è il traguardo più importante dell’esistenza: morire con il cuore occupato solo dal bene.

Don Davide

 

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