Mag 02

Perché abbiano la vita

Di

Papa Francesco all’inizio del suo pontificato ci chiese di uscire, di essere una chiesa missionaria. Contestualmente ha usato l’immagine diventata famosa dell’ospedale da campo.

Quest’anno ci siamo confrontati con un’epidemia. Ci siamo trasformati inevitabilmente in un ospedale da campo, ma purtroppo siamo stati costretti a restare in casa. Volenti o nolenti, abbiamo realizzato in questi mesi la seconda proposta del papa, ma non la prima.

staccionataIn questa domenica cominciamo a leggere il discorso di Gesù sul “buon pastore”, nel quale Gesù si ispira alla grande riflessione di Ezechiele: Dio come si prende cura di noi? Dio, ci dice il profeta Ezechiele, lo fa suscitando “pastori” che insegnino la cura reciproca. Ci mette in relazione, ci affida gli uni agli altri… perché nello stile del pastore impariamo a costruire un mondo di cura e di predilezione. Ma ogni tanto – anzi Ezechiele direbbe: ogni spesso – accade che i pastori non facciano i bravi, allora Dio fa in modo che nessuno rimanga senza cura o senza amore. Entra in gioco lui e fa il Pastore direttamente per ciascuno.

Gesù si richiama a questo aspetto: l’amore di Dio, che considera la sua creatura così preziosa, da mettersi in gioco lui stesso e personalmente. Dio Padre lo fa attraverso il suo Figlio. Gesù vuole fare sentire ai suoi discepoli e amici che lui fa esattamente lo stesso e invita tutti quelli che vogliono in qualche modo essere “pastori” a passare da questo modello.

Torniamo ora alla situazione di “chiusura” in cui siamo stati costretti. Il pastore chiama individualmente le sue pecore, ciascuna per nome, poi le conduce fuori. Non è che le conduca proprio, in realtà le spinge.

C’è dunque bisogno di una chiamata personale per ritornare fuori, all’attività missionaria. Non si deve intendere come se Gesù legittimasse il “liberi tutti” alla fine della fase uno della quarantena. Mi sembra più interessante cogliere che è la parola di Gesù che a ciascuno suggerisce cosa dobbiamo fare e come dobbiamo comportarci, per avere quella “spinta” necessaria per fare la nostra parte per ri-uscire fuori… in maniera saggia.

Dopo che le ha spinte, si rimette davanti a loro. Questo pastore ci viene descritto come uno che sta alternativamente dietro e davanti al suo gregge, tutto intorno a lui, come custode. Dobbiamo sapere che lui ci custodisce, non come scusa per essere spregiudicati, ma per avere quella lucida tranquillità di affrontare la nostra “chiamata” nel migliore dei modi.

Se ascoltiamo la sua parola, lui ci guida ad ogni passo, senza bisogno di sapere tutto.

Si tratta di stare nel cammino di fede, in questo viaggio finché il Maestro non ci abbia condotto ad assaporare il gusto della vita.

Don Davide

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