Il mio nome è Machedà, sono una dei Magi e questa è la mia testimonianza.
Non stupitevi che sia una donna.
Il profeta Isaia lo aveva indicato: “Tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.” (Is 60,6). Dal mio paese, Saba, venne la grande regina che visitò il re Salomone e io porto il suo stesso nome. Tutti conoscete Cleopatra, la regina egiziana. Tra i discepoli del Maestro ci furono molte donne, Maria di Magdala è la più conosciuta… ma c’era anche Giovanna, la moglie dell’amministratore di Erode (Antipa): in quella corte ottenebrata dal male, pare che solo una donna riuscì a trovare la via della luce.
Saba corrisponde alla zona del Corno d’Africa: le regioni dell’Etiopia, dell’Eritrea, della Somalia, ma anche dello Yemen e dell’Arabia Saudita. È un grande regno, dove neppure i Romani sono arrivati e che ancora oggi è governato da una donna: Candace.
Conosco bene il racconto che ha fatto Matteo del nostro viaggio, e non c’è nulla che contrasti con il fatto che qualcuno dei Magi fosse una donna. Non eravamo nemmeno in tre, ma “alcuni”. Non ricordo nemmeno io quanti. Si dice che i Magi vennero da Oriente, e le mie regioni, infatti, sebbene molto più a sud, rispetto a Israele risultano a est.
Incontrai gli altri quasi alla fine del viaggio. Erano stupiti anche loro che una donna si unisse alla carovana, ma non fecero obiezioni. Erano uomini immensamente saggi, illuminati nel senso più vero della parola. Che ci sia qualsiasi forma di discriminazione fra l’uomo e la donna, o mancanza di rispetto, o diseguaglianza nei ruoli, è una cosa di cui – dopo averli conosciuti e sapendo che dovrebbero ispirare generazioni e culture – non mi riesco assolutamente a spiegare.
Sembrava tutto magico nei passi che muovevamo.
Arrivati a Gerusalemme, chiedemmo dell’erede al trono. Tutti ci ammonivano, con un’ombra di paura negli occhi, di non parlare di eredi al trono, che il re non lo avrebbe tollerato e ci sconsigliavano vivamente di andare da lui. Poi fummo convocati e ricevuti.
Ricordo nitidamente il primo incontro. Era un uomo di cui tutti avevano timore, che si circondava solo di persone servili. Aveva l’animo oscuro e le mani brutte. I suoi occhi erano di serpente e la sua lingua velenosa: parlava con riverenza solo dei Romani, e solo a proposito del potere. Cercò di ingannarci e noi facemmo finta di credergli, perché avevamo avuto l’informazione che cercavamo.
Usciti da quella fortezza ci sentimmo rinascere. Il cielo grondava di stelle, ciascuno di noi era ispirato da una diversa, ma tutte si addensavano in direzione di Betlemme. Era meraviglioso. Non ho mai più visto uno spettacolo così incantevole. Provai una grandissima gioia, perché il cielo diceva che anche se c’erano persone meschine e orribili come il re Erode, il mondo rimaneva carico di promesse di bene. Io, Gaspare, Baldassarre e Melchiorre e tutti gli altri, nel frattempo, eravamo diventati amici. Venivamo da mondi diversi, guardavamo il cielo e ci sentivamo fratelli e sorelle. Questo bastava.
La luce, nel frattempo, si faceva accecante. Ci condusse a una casa e dentro trovammo un bambino. Gli altri rimasero momentaneamente interdetti: eravamo abituati alle regge e lì pareva che non ci fosse alcunché di regale. Poi io notai la sua mamma e capii subito che tutto lo splendore che cercavamo era nei gesti con cui quella giovane donna si prendeva cura di lui. Oh, non era perfetta, tutt’altro! Era impacciata, inesperta e trepidante, ma era… rapita dall’amore per lui. Se penso a quando ho imparato ad amare, penso a quando li ho visti per la prima volta.
Le rivolsi un saluto e lei ricambiò, come se ci stesse aspettando. Non aveva alcuna paura. Sembrava che il suo cuore esaminasse ogni cosa e avesse percepito che eravamo lì pieni di buone intenzioni. Il padre del bimbo ci fece accomodare, in realtà ci inginocchiammo. Sembrava una scena eclatante, ma non fu così. Ci venne totalmente spontaneo. Avevamo portato dei doni: capimmo che l’oro era adatto a quel bimbo, perché non lo avrebbe mai tenuto per sé, lo avrebbe usato bene o non lo avrebbe usato affatto. Non come Erode, o come quelli che discriminano le donne! L’incenso che offrivamo agli dei ci sembrò particolarmente adatto, perché tutto attorno aleggiava qualcosa di molto più che regale, qualcosa di divino, che non ci aspettavamo. Io, timidamente, offrii anche la mirra, la più pregiata tra i profumi d’oriente.
Ricordo ciò che accadde, come se fosse ieri. Gesù stava dormendo; quando sua madre aprì la mirra, l’odore intenso del profumo lo svegliò. Aprì gli occhi, ispirò profondamente e… sorrise. In quel risveglio, abbiamo intuito una profezia della resurrezione: fu la scintilla della nostra fede. Come ha scritto Giovanni: la vita si era fatta visibile e noi la vedemmo (1Gv 1,2).
Tornando a casa decidemmo di stare alla larga da Erode e, quasi subito, ci separammo.
Avrei voluto avere i miei amici vicini quando i messaggeri portarono la notizia che Erode aveva fatto uccidere tutti i bimbi di Betlemme. Mi sembrò di soffocare e mi chiesi perché l’esistenza dovesse avere così tanti contrasti: un re orribile e un bambino adorabile; la luce e le tenebre; la vita e la morte.
Poi un giorno, uno dei miei servi egiziani, mi parlò di una famiglia di ebrei, che vivevano nascosti in Egitto. Mossi la carovana per andare a visitarli e quando verificai che erano loro mi sentii di nuovo inondare di gioia, come quando ci guidavano gli astri. Per quattro anni feci loro visita regolarmente, diventai amica di Maria, sua madre. Lei si scherniva: una regina alla mia umile corte!? Ma la regina era lei, e io la serva.
Quando ripartirono per Israele, cominciai a desiderare sempre di più di depositare il potere e imparare a servire. Candace è mia figlia. Dopo che fu abbastanza cresciuta, lasciai a lei il trono. Anche lei è diventata cristiana, più che per la mia testimonianza, grazie a un suo servo, che fu evangelizzato da Filippo, l’apostolo (At 8,26-40). A parte noi, Magi, fu il primo a portare la fede al di fuori di Israele.
Ora sono vecchia, vecchissima. So che Tommaso è andato nelle terre dei miei vecchi amici, e che Maria è a Efeso, con Giovanni. Giovanni mi ha mandato alcune pergamene con il suo scritto. Ho letto che Tommaso volle vedere Gesù risorto. Io non l’ho mai più visto, né da adulto, né da risorto. Ma so che è vivo e io morirò da sua discepola. E, finalmente, lo rivedrò.
Don Davide
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