La settimana che andiamo a incominciare è quella della festa dell’Epifania, nella quale la liturgia è dominata dal viaggio misterioso e suggestivo dei Magi.
Secondo la tradizione, i Magi erano sapienti, esperti della religione di Zoroastro e quindi scienziati e astronomi capaci di leggere delle corrispondenze tra i segni del cielo e la storia del mondo. Il Vangelo non ci dà molte informazioni su di loro: essi venivano “dall’Oriente”, probabilmente dalle regioni dell’Impero Persiano oppure addirittura dall’Estremo Oriente e non erano necessariamente tre; il Vangelo dice: “alcuni”, che sono stati poi fissati nel numero di tre grazie alle fonti medievali e alla corrispondenza con i tre doni: oro, incenso e mirra.
Essi compiono un lungo viaggio per adorare un re, tanto che vanno da Erode a chiedere informazioni. Quando arrivano alla meta indicata loro dagli scribi e dottori della legge di Israele, dice il testo, vedono: «il bambino con Maria sua madre», lo riconoscono grazie a questo segno e si prostrano in adorazione. Infine, tornano per un’altra strada, per non lusingare Erode e non agevolarlo nel suo progetto malefico.
Raccogliamo una piccola riflessione, per ciascuno di questi tre elementi.
- Un lungo viaggio. I Magi attraversano per la sua latitudine una buona parte del mondo allora conosciuto. È un viaggio geografico, certamente, ma anche simbolico: nel loro viaggio collegano tanti popoli che oggi sono in conflitto, segnati dalla guerra e dall’odio, quasi con l’intenzione di unificarli e porre le premesse della pace; inoltre accumulano una grande sapienza e saggezza. Essi sono la figura dei saggi, che conoscono la sapienza del mondo e lo attraversano come messaggeri di unità e di pace.
- L’adorazione del bambino. Tutta la sapienza e ricchezza, non impedisce loro di riconoscere il re nei panni di un bambino che non ha nulla di regale e di prostrarsi, umilmente, in adorazione. Essi riconoscono il bambino grazie alla relazione con la mamma: «videro il bambino con Maria sua madre», non attraverso chissà quali prodigi, ma grazie allo splendere della loro umanità di una luce che potremmo definire divina. In quanto sapienti, essi sono la figura di chi non è geloso della propria condizione, ma la piega umilmente e la condivide al servizio delle vite più giovani, di un’umanità che deve crescere e risplendere di una luce divina.
- Un’altra strada. Pur essendo sapienti, ricchi, probabilmente sovrani di popoli, essi non lusingano il potere e non si lasciano irretire dalle sue trame. Con una libertà di cuore più unica che rara, per quel tempo, rifiutano l’omaggio al re del luogo e se ne vanno per un’altra strada. Essi, così, sono il segno di questa libertà dal potere, che può caratterizzare non solo i poveri o i deboli, ma anche chi ricopre ruoli importanti e può decidere di non lasciarsi sedurre dalle lusinghe del potere stesso.
Vorrei che i Magi potessero diventare il simbolo di una comunità di adulti, che vivono nel mondo come costruttori di unità e testimoni di pace, e che capitalizzano la loro esperienza al servizio dei più giovani, di quella parte di umanità che deve crescere e poter risplendere di una luce quasi divina. Vorrei che questa comunità di adulti – o comunque, come diceva don Lorenzo Milani, di tutti i “più grandi” nei confronti di tutti i “più piccoli” – sia capace di piegarsi verso i più giovani senza ombra di risentimento alcuno, ma gioiosamente come i Magi, e libera da ogni desiderio di potere e di autoaffermazione.
Se così fosse, il viaggio dei Magi si ripeterà, e non solo a Natale.
Don Davide
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