Gen 29

Gesù insegna anche oggi

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«Entrato di sabato nella sinagoga, Gesù insegnava» (Mc 1,21).

L’esperienza di Israele di ritrovarsi nel giorno del riposo ad ascoltare la Parola di Dio e l’insegnamento dei maestri, è slittata per i cristiani al primo giorno dopo il sabato, quello della resurrezione, il primo giorno della Nuova Creazione.

In questa domenica, vorrei cogliere proprio un’analogia tra questo entrare di Gesù nella sinagoga e quello che accade dopo, in giorno di sabato, e quello che potrebbe accadere nell’entrare nostro, di domenica, nell’assemblea liturgica per la celebrazione eucaristica.

Gesù, in questa scena iniziale della predicazione del vangelo carica di simboli e di significati, viene descritto come il Messia che porta a compimento il Sabato, cioè la bontà della Creazione. Dio, infatti, nel racconto della Creazione, aveva creato il mondo in sei giorni, sigillando la sua opera con una sentenza che era anche una benedizione: «vide che era cosa molto buona» (Gn 1,31). E il settimo giorno, aveva perfezionato il suo operato concedendo a se stesso e al mondo di riposare in questa bontà.

Ora – in questo episodio – c’è qualcosa che non va: c’è un uomo posseduto da uno spirito «impuro». Attenzione: non è necessariamente un “indemoniato” come lo intendiamo noi. Il vangelo ci parla di «impuro», cioè di qualcosa che nulla può avere a che fare con la sinagoga, un luogo sacro, e soprattutto con il Sabato, che è il “sacro” per eccellenza.

Tuttavia, lo «spirito impuro» che si è impadronito di quel pover’uomo, se ne sta zitto e beato in sinagoga tra gli altri, senza che nessuno si accorga di quella presenza illegittima. È solo quando Gesù entra e comincia ad insegnare che si scatena, comincia a saltare sulla sedia, non può più starsene tranquillo, perché la parola di Dio giunge con un’autorevolezza ripristinata, nella voce del Maestro.

La parola di Dio, che risuona finalmente senza limitazioni attraverso Gesù, vuole ricostituire la Creazione nella sua bontà, e dunque non c’è più spazio per gli spiriti «impuri», per le cose che non corrispondono alla santità di Dio. Tutto questo è celato nella semplice affermazione che «Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava […] e uno spirito impuro cominciò a gridare…» (Mc 1,21.23).

Il paragone che vorrei proporre, forse un po’ azzardato, è semplicemente questo. Noi veniamo da un lungo periodo, quasi un anno, in cui un virus impuro – qualcosa che non corrisponde per nulla alla bontà della Creazione di Dio – ha trattenuto molti di noi dalla partecipazione alla messa. Questo virus si è annidato tra di noi, ha instillato la paura, ci ha appesantito, ci ha spinto alla rassegnazione. In più, abbiamo sentito tante parole logore, tanto “berciare” poco autorevole, che invece di dare coraggio, speranza e direzione, hanno creato confusione e ci lasciano disorientati.

La parola di Dio e la celebrazione liturgica, invece, hanno il potere di scavare nel nostro spirito e di andare a stanare tutti gli spiriti impuri che vorrebbero nascondersi ed opprimerci, cercando di non farsi scoprire.

Non vorrei essere frainteso. La mia non è solo un’esortazione interessata a serrare le fila e ritornare a messa; certamente è anche un incoraggiamento in quel senso, ma è molto di più. È la considerazione che proprio questo tempo potrebbe essere l’occasione inaspettata per riscoprire la forza di quello che accade nella messa festiva, il motivo principale per cui noi celebriamo la domenica. Non è certamente per timbrare il cartellino di un precetto e meno che mai per metterci la coscienza a posto. Il punto cruciale è avere un appuntamento con una parola che ha il potere di ricostituirci nel bene, di mettere a posto quello che non va, anche quello che facciamo fatica a percepire.

Certo, direte voi, l’autorevolezza di noi poveri preti che facciamo l’omelia non è la stessa di Gesù che insegna, e avete ragione. Ma l’insegnamento di Gesù, nella messa, avviene in modo molto più ampio. La sua parola viene proclamata al di là di chi la commenta. La sua voce risuona nelle preghiere liturgiche. È lui stesso che ci raduna, ci costituisce in unità e si offre a Dio Padre mostrandoci l’esempio.

Insomma, quando accediamo all’assemblea liturgica, di domenica, è Gesù stesso che insegna e non permette più a nessuno dei nostri spiriti impuri di stare tranquilli, e così ricrea in noi il bene, ci fa ottenere quella pace del cuore che tanto desideriamo e ci fa riposare.

Don Davide

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Comments (1)

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    Donna Miller

    30 Gennaio 2021

    Il paragone che propone, Don Davide, non mi risulta azzardato, ma invece rilevante, riuscito. E concordo che proprio questo lungo e logorante virus impuro ci ha appesantito.
    Pur essendo assente fisicamente dalla messa di domenica da mesi oramai, non ne ho mai perso una, o in TV o in rete. E devo dire che l’esperienza è andata proprio nella direzione che Lei indica, ossia diventando “…l’occasione inaspettata per riscoprire la forza di quello che accade nella messa festiva, il motivo principale per cui noi celebriamo la domenica.”
    Sperando in un miglioramento della situazione che presto mi permetterà di tornare all’assemblea liturgica di domenica in presenza, La ringrazio per le riflessioni importanti.
    pax et bonum

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