Ott 13

L’abito nuziale

Di

Se tutti desideriamo il bene, perché non l’accogliamo?

La domanda mi sorge così, ma poi mi accorgo che non è posta bene. In tanti l’accolgono, e sono grati di ogni segnale di bene sulla strada. Ma molti, invece, no.

C’è un’inclinazione ingannevole nell’uomo a desiderare il bene che si vorrebbe e a fare ciò che ce ne allontana.

Perché?

Rimane uno dei misteri più difficili dell’esistenza.

Io credo che sia la questione dell’abito nuziale.

Nella parabola di Gesù, la reazione del padrone è del tutto spropositata. Prima chiama la gente dai crocicchi, poi va in escandescenze per un uomo che non ha il vestito adatto.

È evidente che qui Gesù vuole attirare la nostra attenzione.

Che cos’è questo abito nuziale? È qualcosa che si prepara.

Quando dobbiamo andare a un matrimonio controlliamo se abbiamo qualcosa da metterci. Anche chi sceglie un registro informale, è sicuro di avere qualcosa da indossare di conveniente. Altrimenti lo prepariamo, o lo andiamo a comprare.

L’essenza del bene sfugge a tutti, perciò è una conquista che va preparata. Più precisamente, è un dono che bisogna essere disposti da lungo tempo ad accogliere, come la partita o la gara della vita, che finalmente affronti nella tua condizione atletica migliore.

Nessuno giunge a un appuntamento importante come il matrimonio, improvvisato.

Ogni atleta che stupisce il mondo con un gesto atletico memorabile lo ha lungamente preparato nel nascondimento.

Ogni studioso che raggiunge un traguardo ha speso ore per avvicinarsi a quella conquista.

Questo, purtroppo, vale anche al contrario: quando, ad esempio, si accende una polveriera nel mondo e poi si rimane sgomenti di fronte alla violenza che deflagra.

È per questo motivo che in parrocchia crediamo ancora nel catechismo anche se sembra obsoleto. E per la stessa ragione prepariamo per i bimbi che lo chiedono il doposcuola. Ugualmente curiamo i gruppi degli adolescenti e dedichiamo attenzione ai giovani, e poi a tante famiglie e a tanti amici e amiche della Caritas S. Vincenzo.

Qualcuno potrebbe dire: e gli anziani?

Mi pare che in questo caso gli anziani abbiano più il compito di fungere da saggi, da mentori, da coloro che possono raccontare che un albero buono produce buoni frutti.

Crescere un albero buono non è un gesto unico o un’impresa solitaria. Bisogna avere cura del terreno, ci vuole lo spazio giusto, una collocazione favorevole, il rapporto biologico con le altre piante e il resto della natura circostante, la competenza di potarlo quando necessario, infine, più di ogni altra cosa, ci vuole tempo.

L’abito nuziale è una metafora del tempo.

Può capitare di essere chiamati all’improvviso alla festa del bene: può darsi che sia un invito subitaneo, inedito, del tutto aspettato o immeritato come quello di Matteo, di Zaccheo, la donna samaritana, ma quello che conta è avere preparato il cuore, in recessi magari profondissimi, che solo il Signore conosce.

Penso al ladro sulla croce: una vita di malefatte sfociate in una violenza terribile, probabilmente un omicidio che gli valse la pena di morte, ma forse con quel desiderio di bene e di riscatto che per tutta la sua esistenza non aveva più trovato la strada, fino a quell’ultimo incantevole: “Ricordati di me”. Il ladro – divenuto buono – era sulla croce con l’abito nuziale.

Don Davide

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