Il senso dell’intera storia della parrocchia è la sua capacità di “abitare” un territorio
È una frase bellissima, quella del Prologo del Vangelo di Giovanni, che letteralmente dice: “Ha messo la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,14). In un testo che vuole richiamare l’Esodo di Israele nel deserto, in una cultura che ha radici nomadi, questa affermazione potrebbe essere tradotto ai nostri giorni scrivendo: “Ha messo la sua casa tra le nostre case” o, ancora meglio: “Ha preso il suo appartamento nel nostro condominio.” Ve lo immaginate, Gesù, il Verbo Incarnato, alla nostra riunione di condominio?
Gesù fa proprio così! Partecipa alle nostre cose, discute con noi, non vuole imporre la sua, collabora a ciò che è necessario per migliorare la nostra casa.
Così deve fare anche una comunità cristiana. La parrocchia non è la chiesa, o la canonica, o i cosiddetti “locali parrocchiali”. La parrocchia è la capacità della comunità di abitare il territorio. In un certo senso, potremmo dire che i nostri locali parrocchiali devono essere i nostri bar, i parrucchieri, gli uffici, la farmacia, i ristoranti, i negozi… insieme alle nostre abitazioni.
Paradossalmente, uno dovrebbe poter dire: “Vado in parrocchia” e poi uscire fuori. Questo è il sogno di Papa Francesco, il sogno di una “Chiesa in uscita”, il sogno di discepoli-missionari.
Lascia un commento