Avete presente quando due persone molto innamorate si scambiano un gesto di affetto, o quando uno non ha paura di dire all’altra (o viceversa) che è stato conquistato? Avete mai sentito due fidanzati che raccontano la loro storia e uno dei due dice: “E pensare che io all’inizio non ne volevo sapere! Mi ha dovuto conquistare!”.
Di questa esperienza parla il profeta Geremia: “mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre…”
Così è l’esperienza spirituale. Qualcuno sente il richiamo del divino e lo segue e non ha paura di riconoscere che è diventato così prezioso che non vorrebbe mai perderlo nella vita. Altri riscoprono come un tesoro preziosissimo qualcosa che non avevano mai considerato prima, o che addirittura rifiutavano.
Succede anche quando la vita di una persona cresce fino a rivelarne il senso pienamente, o una persona si appassiona a un lavoro che pensava di detestare, o quando un servizio che si assume si rivela una benedizione (come chi fa volontariato o accetta qualche incarico per gli altri).
Ma chi di noi può dire a Dio, o più personalmente a Gesù: “Mi hai sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedurre?”.
Vorrei suggerire qualche piccolo esercizio spirituale.
Il primo. Per un momento, senza considerare le contrarietà o le fatiche, oppure pensando: “Proprio in mezzo a queste contrarietà e fatiche…” per quali motivi sento di potere benedire il Signore? Nonostante tutto, qual è un motivo di beatitudine, come un innamorato che stia in compagnia di una persona amata, in questo preciso momento della mia vita?
Il secondo. Quando mi ha sedotto Gesù? Quand’è stato il preciso momento, in cui Gesù mi ha coinvolto? Magari allora non me ne rendevo conto, ma ora lo riconosco con precisione.
A partire da questi piccoli esercizi di meditazione, sono sicuro che potremo anche noi riconoscere, come Geremia, che dentro di noi c’è un fuoco che non può essere sopito, che quella scintilla della fede non possiamo perderla e che abbiamo sperimentato l’amore di Gesù come qualcosa di imprescindibile.
Don Davide
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