Feb 05

Pastorale di guarigione

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Il prossimo sabato, memoria della B.V. di Lourdes, si celebra la Giornata mondiale del malato. È un segno della dedizione che la chiesa desidera avere nei confronti di tutte le persone sofferenti, nel corpo ma anche nell’anima, in comunione con il Santuario di Lourdes, dove la cura dei malati è uno dei carismi più importanti.

Si è soliti definire questa attenzione come “pastorale degli ammalati”, che è un settore molto importante della vita concreta della chiesa; ma tale definizione ha due limiti: sottolinea l’aspetto negativo e definisce dei confini troppo rigidi, come se fosse un ambito che riguarda solo chi si dedica ai malati in modo diretto. Per esempio: la cosiddetta “pastorale degli ammalati” non dovrebbe riguardare anche il catechismo, o i gruppi dei ragazzi? Non dovrebbe sensibilizzare gli adulti della parrocchia?

Bisognerebbe piuttosto parlare di “pastorale di guarigione”, perché evidenzierebbe che lo scopo è quello di dare conforto e speranza e, attraverso la vicinanza concreta, percorre vie possibili di benessere. Sono molte, infatti, le guarigioni possibili. Nella fede, noi sappiamo che insieme alla medicina è possibile la guarigione del corpo, per la quale si prega devotamente e si celebrano benedizioni e sacramenti, in modo particolare il Sacramento dell’Unzione degli Infermi. Ma c’è anche la guarigione dello spirito, laddove un’esperienza di sofferenza e di conforto porta a una conversione, al desiderio di cambiare vita, al rianimarsi della fede e della speranza. C’è anche la guarigione dell’anima, che permette alle persone di portare la propria malattia con enorme dignità e di farne, anche nel logoramento del corpo, un cammino di vita. Tutto questo è possibile solo se ci sono degli uomini e delle donne che sanno esprimere attenzione, aiuto concreto, vicinanza continuativa, amicizia, intercessione nella preghiera.

Così il termine “pastorale di guarigione” mette in moto tutti. Sabato prossimo alle 16, celebreremo il Sacramento dell’Unzione degli Infermi. E ciascuno di noi, immediatamente, pensa se ne ha bisogno oppure no, e di conseguenza valuta se venire alla celebrazione oppure no. Ma chi non ha un amico malato per cui pregare? Chi non ha un parente per cui è preoccupato, da affidare alla cura particolare del Signore e all’intercessione di Maria? Chi non ha delle cose in cui guarire? Ecco: scopriamo di essere tutti coinvolti.

Sarebbe bello, quindi, che la Giornata del malato, diventasse una “Giornata di tutti”, perché cogliamo che va al cuore dell’azione pastorale della chiesa.

Tanto è vero che, ancora più appropriatamente, si dovrebbe parlare di “pastorale del Regno”, perché Gesù associa all’irruzione del Regno di Dio, prima di tutto la sua presenza, ma subito dopo la cura e la guarigione dei malati. È il primo modo in cui l’amore del Padre, che tutto vince, si manifesta nel mondo e incomincia a guarire. È davvero impressionante, in quest’ottica, rileggere la testimonianza che Gesù dà di se stesso a Giovanni Battista: «Riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti resuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» (Mt 11,6). Non dice: organizziamo una bella festa con il catechismo, o un buon pranzo parrocchiale; ma dice: i malati sono guariti.

La cosiddetta “pastorale degli ammalati” (per intenderci) è un modo, anzi IL modo di essere cooperatori del Regno di Dio, e di testimoniare quella promessa di vita, che il Signore ci ha fatto, quando non ci sarà più affanno e sarà tersa ogni lacrima dai nostri occhi.

 Don Davide

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